Giustizia, la riforma soft: separazione delle carriere, azione penale obbligatoria e paletti per l’Alta corte

Il 29 maggio via libera del Cdm alla separazione delle carriere

Giustizia, la riforma soft: azione penale obbligatoria e paletti per l’Alta corte
Giustizia, la riforma soft: azione penale obbligatoria e paletti per l’Alta corte
di Francesco Bechis
Domenica 19 Maggio 2024, 00:03 - Ultimo agg. 11:45
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Dieci giorni e la riforma della Giustizia avrà il primo via libera in Consiglio dei ministri. Sul tavolo di Palazzo Chigi il 29 maggio atterrerà il Ddl costituzionale sulla separazione delle carriere, da un lato i pm, dall’altro i giudici. L’ha promesso Giorgia Meloni e così sarà: prima delle Europee la riforma un tempo cara a Silvio Berlusconi otterrà un semaforo verde iniziale.

Intanto però si lavora alle limature di un testo che ha già messo sul piede di guerra buona parte della magistratura associata e delle opposizioni ed è seguito con grande attenzione dal Quirinale. Anche per questo, d’intesa con la premier, il Guardasigilli Carlo Nordio ha lavorato per smussare gli angoli più spinosi.

Ad esempio l’obbligatorietà dell’azione penale, che non sarà toccata dal testo. Rimarrà obbligatoria per i pm, come prevede oggi l’articolo 112 della Costituzione, e non «discrezionale» come una parte del centrodestra avrebbe voluto. E ancora, l’istituzione di un’Alta corte, il nuovo organo di tutela giurisdizionale contro i provvedimenti assunti dai due Consigli superiori della magistratura che sorgeranno una volta entrata in vigore la riforma, uno per gli inquirenti, l’altro per i magistrati giudicanti.

LA CAUTELA

Uscita a sorpresa dal vertice sulla Giustizia di Meloni con Nordio e i responsabili del governo due settimane fa, l’Alta corte è diventata subito oggetto di accesissime polemiche tra i togati, a partire dall’Associazione nazionale magistrati. E chissà che basti a sgonfiarle la strada imboccata dalla maggioranza negli ultimi giorni: il tribunale “terzo” avrà competenza solo sui ricorsi dei provvedimenti disciplinari dei due Csm. Cioè le decisioni che incidono sulla carriera di pm e giudici assunte dall’organo di autogoverno. Mentre non si potranno impugnare tutte le altre delibere.

Resteranno fuori, ad esempio, le delibere amministrative del Csm, che invece rientravano nei progetti per un’Alta Corte presentati a più riprese negli ultimi vent’anni da volti noti della politica, da D’Alema a Violante. In altre parole, il nuovo tribunale non si sostituirà alla Cassazione che resta, per queste altre delibere, il giudice adito contro i ricorsi del Csm. Per il resto l’Alta Corte - su cui molto ha insistito Forza Italia - sarà un pilastro della riforma in cantiere. Composta da due sezioni, con la possibilità di impugnare le decisioni della prima di fronte a un plenum.

Ma non è questo l’unico capitolo caldo della separazione delle carriere. Occhi puntati sulla selezione dei membri togati del Csm. Come è già trapelato, sarà previsto un sorteggio delle toghe che dovranno sedersi a Palazzo dei Marescialli. L’idea è assestare un colpo duro al correntismo che da sempre scandisce riti e decisioni delle toghe nel Csm. Probabile che si opti, nella prima bozza pronta al via, per un sorteggio secco. Rinviando più in là, durante l’iter in Parlamento, eventuali ritocchi, con la previsione di un sorteggio temperato: una prima selezione di magistrati estratti a sorte tra cui poi saranno scelti i togati del Csm.

Nel complesso, a giudicare dalle indiscrezioni che trapelano tra Palazzo Chigi e via Arenula, viene fuori una riforma “soft”. Altro che interventi a gamba tesa: entra in punta di piedi nel terreno dei magistrati. Il diavolo è di nuovo nei dettagli. Ad esempio la decisione di affidare a una legge ordinaria la regolamentazione dell’accesso alla magistratura. È un punto spinosissimo della riforma. Se le carriere di pm e giudici devono essere separate, come si fa a lasciare un concorso unico per entrare in magistratura? L’Anm anche su questo ha montato le barricate: nessuno tocchi il concorso. Sicché alla fine il governo ha optato per un rinvio.

Perfino un pilastro della riforma - l’istituzione di due diversi Csm - atterrerà in Cdm scritto a matita. Il Ddl in arrivo a Palazzo Chigi prevederà sì un doppio Consiglio. Ma chi conosce il lavorio tecnico dietro al testo non ci mette la mano sul fuoco e ritiene probabile che in Parlamento si possa arrivare a un altro assetto: un solo Csm, con due sezioni separate al suo interno. Sarebbe una rivoluzione a metà, questo è certo. Un’altra novità di peso nella riforma riguarda i membri laici del Csm.

STOP ALLA POLITICA

Nei giorni scorsi l’Associazione dei magistrati europei aveva tuonato contro la presunta intenzione del governo Meloni di prevedere un sorteggio anche per i membri laici. Indiscrezione seccamente smentita da Palazzo Chigi anche se, a dire il vero, l’ipotesi era circolata nelle prime riunioni tecniche a Roma. La novità è questa: sarà messo nero su bianco il divieto di nominare fra i laici parlamentari e consiglieri regionali in carica. E non è escluso che questo divieto si estenda agli ex parlamentari, che fino ad oggi hanno spesso preso posto al tavolo di Palazzo dei Marescialli. Una soluzione per restringere il cerchio ad avvocati e professori e scavare un solco tra politica e Csm. Insomma, non sarà una rivoluzione e neanche un pranzo di gala la riforma dei giudici italiani che questa volta davvero è a un passo dal prendere vita.

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