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Bettini: "Carriere separate? Un principio a sinistra riconosciuto da molti"
Ieri 02-11-25, 08:46
La riforma voluta dal ministro Nordio, anche nel campo largo, è stata voluta, invocata e ritenuta utile. Ad ammetterlo è un pezzo da novanta del Partito Democratico come Goffredo Bettini. In tanti a sinistra erano per la separazione delle carriere, ma a dirlo apertamente c'è solo Bettini e qualcun altro. Perché? «Il principio a sinistra è riconosciuto da molti. Tuttavia, il modo unilaterale di procedere in parlamento, l'attacco generalizzato alla magistratura, il pericolo di un assoggettamento del pm all'esecutivo, la mancanza di un qualsivoglia intervento sulle carceri e l'introduzione di nuovi e repressivi profili di reato, sono elementi che scoraggeranno molti progressisti a optare per il sì. Personalmente da sempre sono per rafforzare ogni forma di garanzia per gli imputati; che se non hanno dietro organizzazioni potenti criminali, sono soli di fronte alla forza dello stato». Il Pd, secondo la sua esperienza, fa bene a contarsi su un referendum. Non potrebbe rivelarsi un autogol? «Il Pd si difende da una invasività del governo che svaluta il parlamento, intende concentrare tutto il potere sulla figura della premier, agisce come un carro armato sull'informazione, attacca il sindacato e disprezza le piazze democratiche. Se il referendum diventerà l'occasione della Meloni per sfondare su tutta la linea, all'ultimo valuterò anch'io con molta attenzione il mio voto. Si doveva rimanere sul merito, con una discussione responsabile». Come evitare una debacle come quella delle ultime regionali? In cosa si è sbagliato? «Consiglierei di dare un giudizio definitivo sulle regionali alla fine del ciclo di votazioni. Vinceremo in Campania e Puglia. Il risultato complessivo si riequilibrerà. Rimane comunque molto serio il problema dell'astensionismo, malattia senile delle democrazie occidentali e il nostro voto nei comuni più piccoli e dispersi del territorio». Una quindicina di giorni fa era in prima fila a sostenere il cosiddetto partito dei sindaci. Il dopo Schlein è un primo cittadino? «La rete civica promossa da Alessandro Onorato, è una grande speranza per costruire un soggetto nazionale, liberale, repubblicano, innovativo e giovane in grado di raccogliere quel 10% di elettorato progressista, che non vota i partiti tradizionali. Non è per nulla in alternativa alla Schlein, semmai è un alleato prezioso di tutte le forze del centrosinistra». Tra Manfredi, Gualtieri e Salis c'è qualcuno che più di tutti riesce ad aggregare nel campo largo? «Sono tutti e tre dei sindaci molto bravi e tutti aggregheranno energie per rafforzare il campo dell'alternativa. Oggi, il loro compito è quello di continuare a governare bene nelle loro città». Una neonata mozione, intanto, è quella dei riformisti che non si riconoscono in Bonaccini. C'era davvero bisogno di una nuova corrente? «No. Tuttavia nel Pd va garantito il pluralismo. Se il dissenso è unito a proposte sulle grandi questioni che incombono, toccherà, poi, al gruppo dirigente largo tirare le somme». Qualcuno ha chiamato questo movimento come quello dell'antisemitismo. Non ritiene che a sinistra si doveva prendere subito le distanze da mondi Pro Pal che sostengono apertamente Hamas? «La sinistra ha subito direttamente la violenza politica e terroristica. Ora ci troviamo in tutt'altra situazione. Frange marginali di giovani esaltati hanno agito ai margini di immensi cortei democratici, non scalfendo la loro ispirazione pacifica e di libertà. Il Pd ha condannato fermamente ogni provocazione verbale o concreta. L'antisemitismo cova da secoli nelle nazioni europee. Da noi, tuttavia, è stato stroncato dalla Repubblica. Il popolo ebraico è il vero scrigno dell'anima europea. Quella nobile e alta. Grandi filosofi, fisici, matematici, scrittori, poeti… potrei continuare all'infinito. Il vero danno a questo immenso patrimonio lo ha fatto Netanyahu con la sua politica criminale contro il popolo palestinese». È stato tra i primi a sponsorizzare il patto giallo-rosso. Nel M5S, intanto, c'è più di qualcuno che continua a preferire la forza anti sistema voluta da Grillo al partito di Conte. Se quest'ultimo sprofonda non rischia di perdere tutta la coalizione? «Non mi pare. Conte è stato riconfermato leader con un consenso superiore all'80%. E il suo movimento nei sondaggi nazionali è costantemente sopra il 12-13%». L'asse Franceschi-Orlando-Speranza si riunisce. Prodi sconfessa apertamente la segretaria. Cosa sta succedendo al vertice del Pd? È l'ora delle grandi manovre? Il dopo Schlein è già cominciato? «No. Il presunto asse di cui parla, non mi pare politico, quanto rivolto a sollecitare una discussione nel Pd. Stimo grandemente Orlando e Franceschini; semmai spiace a me che pubblicamente la loro iniziativa sia stata interpretata come la costituzione di una sorta di nuovo correntone. Per questo ne sono rimasto in disparte e continuerò a rimanerci, se non si trasformerà in queste settimane in qualcosa diverso».
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