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Buzzi e le accuse alla Regione: "Così andò l'era Zingaretti". E poi regala il libro al giudice
Oggi 20-07-25, 13:35
«Signori, ma qui manca il corpo del reato!». Panico e imbarazzo all'interno dell'aula A «Giancarlo Orzella» del tribunale penale di Perugia dopo le parole decise e piene di stupore del giudice Giuseppe Narducci. Pubblico ministero e parte civile si guardano imbarazzati, nessuno di loro ha pensato di portare ciò che il giudice richiede. Eppure sono qui per l'udienza che vede sul banco degli imputati Salvatore Buzzi che accusano di aver diffamato il procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Roma Giuseppe Cascini, nel libro - intervista «Mafia Capitale. La gara Cup del Pd di Zingaretti», scritto con Umberto Baccolo per «La Bussola» edizioni. Nel libro Buzzi ripercorre l'intera vicenda di quella gara indetta dalla Regione Lazio per la quale, caso più unico che raro, «eravamo imputati in dieci per la turbativa. - si legge - In sette l'abbiamo ammessa e nonostante questo siamo stati tutti assolti». Narducci è ancora incredulo e riprende: «Qui stiamo parlando di una diffamazione aggravata avvenuta a mezzo stampa, in questo caso un libro, possibile che nessuno abbia prodotto quello che è a tutti gli effetti il "corpo del reato" ossia il libro?». Più che in un tribunale, per un attimo sembra di essere in un'aula di una scuola con il professore intento a riprendere la mancanza di allievi «distratti». Una voce spezza l'imbarazzo dei presenti: «Lo produco io, signor giudice». A parlare è Buzzi, l'accusato, mentre alza con la mano destra una copia della sua opera. Accanto a lui l'avvocato Giuseppe Azzaro, che lo difende, prende il volume e lo consegna a chi deve giudicare. Nel libro si racconta la vicenda della gara Cup e di una presunta turbativa che ha portato il Pm Ielo a indagare, tra gli altri, su Venafro, condannato in primo grado e assolto in quelli successivi, e la presidente della commissione gara Elisabetta Longo, poi archiviata. Dopo il curioso «siparietto», il giudice Narducci ha riassunto la frase incriminata che ha portato il procuratore aggiunto Cascini, per anni figura di spicco di Magistratura Democratica, a querelare Salvatore Buzzi: «Cascini era intervenuto nel procedimento penale (inchiesta Mondo di mezzo ndr) dopo che era emerso il nome di Venafro (capo di gabinetto di Zingaretti presidente della Regione Lazio ndr), per bloccare l'azione del pm Ielo che voleva arrestare Venafro». Narducci ha poi analizzato la lista dei teste presentata dalle parti, soffermandosi su quella proposta dall'avvocato Azzaro al quale ha chiesto chiarimenti in particolare sul nome di Palamara, inserito fra i teste dalla difesa. Azzaro ha spiegato che la testimonianza dell'ex magistrato risulta fondamentale per chiarire le circostanze di un presunto incontro avvenuto al Consiglio Superiore della Magistratura tra lui e Zingaretti, recatosi lì perché preoccupato dalla piega che stava prendendo l'indagine condotta da Ielo. L'avvocato Piccioni, in rappresentanza di Cascini, si è limitato ad esprimere dubbi sul numero, a suo dire elevato, di testimoni voluti dalla difesa. A questo punto il giudice Narducci ha invitato le parti a produrre, tramite app ed entro il 15 settembre, ogni documento utile al dibattito, fissando poi per il 15 ottobre la data della prossima udienza. A chiudere l'incontro è stata la dichiarazione spontanea di Salvatore Buzzi. L'accusato si è alzato, mostrando un fisico provato da una vicenda giudiziaria che sembra non avere fine per lui, iniziata nel dicembre 2014 con l'accusa di essere un mafioso (infamia cancellata da una sentenza della Cassazione), fino all'ultimo procedimento per diffamazione aggravata. Era arrivato nell'aula del tribunale di Perugia quando mancavano pochi minuti alle nove del 16 luglio scorso, camminando nel mezzo di tre agenti della polizia penitenziaria che lo hanno tradotto nel capoluogo umbro dopo averlo prelevato dal carcere di Orvieto, dove il fondatore della cooperativa «29 Giugno» sta scontando il suo residuo di pena nell'ambito dell'inchiesta passata alla storia con il nome di «Mafia Capitale». «Nel libro - ha dichiarato con voce emozionata Buzzi - racconto di vicende della gara Cup che ho appreso una volta uscito dal carcere, quando sono stato scarcerato una prima volta. Le notizie riportate nel libro, non le dico io, ma sono ciò che racconta la moglie di Venafro a un'amica giornalista al telefono, non sapendo che l'apparecchio che stava usando per parlare, cioè il telefono della figlia, era stato anch'esso messo sotto controllo dal pm Ielo».
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