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I tre giorni del Falcone, fake e false interviste la sinistra schiera i big per affossare la riforma
Oggi 14-11-25, 07:33
È senz'altro legittimo guardare a modelli passati per rivendicare istanze di oggi. Però la società delle immagini, dove il simbolo racchiude tutto, spesso nasconde insidie a rischio inciampi. È il caso del dibattito sulla separazione delle carriere e di qualche incidente mediatico avvenuto negli ultimi giorni. I eri, in un colloquio con il Foglio, il procuratore di Napoli Nicola Gratteri ha ammesso l'inesistenza dell' intervista da lui testualmente citata Di Martedì risalente al 25 gennaio 1992, in cui Giovanni Falcone si sarebbe dichiarato contrario alla separazione delle carriere. «Ho letto la finta intervista a Falcone da Floris perché me l'hanno mandata persone serie», ha spiegato. Gli viene chiesto come ciò sia stato possibile. «Non lo so -ha risposto- erano persone autorevoli dell'informazione, me l'hanno riportata come autentica e io l'ho letta». A beneficio di telecamere e di clip social ha tentato il colpo mediatico, incappando però in un "epic fail", un abbaglio clamoroso come si direbbe nel linguaggio social. Già, è opportuno utilizzare questo termine perchè lo scivolone è figlio della smania odierna, dove vortica di tutto con l'ambizione di diventare virale, sperando di stupire e di portare fieno in cascina alla propria "bolla" di ascoltatori e seguaci. Accade anche nelle migliori famiglie. Tanto che pure il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, nell'editoriale di ieri comincia così: «Quando sbagliamo, diversamente dai bufalari che raccontano volutamente una ventina di balle al giorno, ci scusiamo con i lettori. E lo facciamo oggi per aver preso per buone due citazioni sbagliate di Falcone e Borsellino, riprese da pubblicazioni scritte e online». Già, perché un altro must degli ultimi giorni è stato un intervento di Borsellino a "Samarcanda", anch'esso mai esistito. Travaglio, poi, pubblica lo stralcio di un'uscita pubblica a Marsala in cui, lì sì, Borsellino si pronuncia contro la separazione delle carriere. La posizione di Falcone, invece, emerge da altre esternazioni. Ad esempio a Repubblica, il 3 febbraio 1991, egli disse: «Chi come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell'indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell'azione penale, desideroso di porre il pm sotto il controllo dell'Esecutivo. È veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del pm con questioni istituzionali totalmente distinte”. Durante un intervento al convegno della rivista Mondoperaio del 1988, Falcone sostenne come fosse «impensabile mantenere unite le carriere di pm e giudici». Dunque, gli eroi i simboli sono materiale da maneggiare con cura. E a questo proposito giunge esemplare un altro passaggio del colloquio di Gratteri al Foglio. «Se Falcone, oggi, è il simbolo dell'antimafia a destra, perché non è mai stato votato ogni volta che si candidava? Lui era il migliore magistrato d'Italia -prosegue il Procuratore di Napoli- capiva le mafie vent'anni prima, eppure loro non lo consideravano... perché?». Anche qui, c'è da fare una riconduzione storica. Andando alla famosa votazione nel Gennaio 1988 in seno al Csm in cui si deve scegliere tra Giovanni Falcone e Antonino Meli come consigliere istruttore a Palermo, al posto di Antonino Caponnetto che era andato in pensione. Falcone, che aveva giganteggiato nel pool antimafia, promuovendo innovative ed efficaci metodologie d'indagine, perde per 14 a 10. Gli viene preferito Meli perché aveva maggiore anzianità. L'esito fu piuttosto trasversale. Anche in Magistratura democratica molti votarono per Meli (tra questi non Giancarlo Caselli, che sostenne Falcone). Nomi come Elena Paciotti, che molto più avanti ebbe un'esperienza politica come europarlamentare nei DS. E quando Falcone, nel 1991, da direttore degli Affari penali del ministero della giustizia (guidato da Claudio Martelli) cominciò a ideare la Procura Nazionale Antimafia, ci fu un allineamento tra il PDS e Magistratura Democratica nel contrastare il progetto. Ne nacque anche uno sciopero dell'Anm, non esplicitamente contro Falcone, ma contro l'istituzione della Super Procura. E ancora da sinistra arrivarono strali sull'ipotesi che fosse lui a guidarla. Questo è quel che rimane consegnato alla storia, più nobile -e tragica- delle partite odierne di tiro alla fune.
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