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Sanità, l' endocrinologo dell'IRCCS San Raffaele «Battere il diabete si può»
Oggi 14-11-25, 12:09
Il diabete non più come di una sola malattia, ma di un insieme di condizioni molto diverse tra loro. Ne abbiamo parlato con il Prof. Massimiliano Caprio, Resp. Lab. Endocrinologia Cardiovascolare IRCCS San Raffaele Roma e ordinario di Endocrinologia all'Università Telematica San Raffaele, in occasione della Giornata Mondiale del Diabete, che cade oggi proprio oggi. Cosa significa, e perché è importante comprenderne l'eterogeneità? «Negli ultimi anni abbiamo capito che il diabete comprende uno spettro di patologie estremamente eterogenee, un insieme di condizioni diverse per cause, fisiopatologia e manifestazioni cliniche. Parliamo di forme che variano per età d'esordio, risposta ai farmaci, rischio cardiovascolare e complicanze. Riconoscere questa eterogeneità è fondamentale per passare da una cura "uguale per tutti" a una medicina personalizzata che consenta di scegliere il trattamento più efficace per ogni persona, prevenendo meglio le complicanze e migliorando la qualità di vita. La terapia farmacologica del diabete è in continua evoluzione». Quali sono oggi le principali opzioni di cura e quali le nuove frontiere terapeutiche? «Negli ultimi anni la terapia del diabete è profondamente cambiata. C'è stata una vera e propria rivoluzione copernicana sulle possibili terapie farmacologiche. Oggi, oltre all'insulina e ai farmaci tradizionali per ridurre la glicemia, abbiamo a disposizione nuove straordinarie classi di farmaci che non solo controllano il diabete ma proteggono cuore, reni e sistema cardiovascolare, e migliorano il controllo del peso e in diversi casi curano l'obesità. Le nuove frontiere puntano a terapie sempre più personalizzate e "intelligenti", che combinano il controllo metabolico con la prevenzione delle complicanze e, in futuro, potranno includere farmaci rigenerativi e approcci basati su intelligenza artificiale, per adattare al meglio i trattamenti alle caratteristiche del paziente». Dai dati del sistema PASSI emerge che il 70% delle persone con diabete è in eccesso ponderale, il 48% è sedentario, il 22% fuma e oltre il 90% non consuma le cinque porzioni giornaliere di frutta e verdura raccomandate. Che ruolo svolge lo stile di vita nella prevenzione e nella gestione del diabete? «Sono dati allarmanti che ci devono far riflettere. Lo stile di vita è davvero la nostra prima medicina contro il diabete. Muoversi di più, mangiare in modo equilibrato e smettere di fumare possono fare la differenza sia nella prevenzione che nel controllo della malattia. Un'alimentazione ispirata al modello mediterraneo, associata ad almeno 150 minuti settimanali di attività fisica moderata, contribuisce a migliorare il controllo glicemico, ridurre il peso corporeo e prevenire complicanze cardiovascolari. Non è una questione di divieti, ma di scelte consapevoli e costanti che aiutano a vivere meglio e più a lungo». In sanità si parla sempre più spesso di medicina predittiva e di precisione. È davvero possibile predire il diabete? «Si è possibile, almeno in parte. Grazie alla medicina di precisione e ai nuovi strumenti di analisi dei dati siamo in grado di identificare precocemente le persone a rischio, valutando fattori genetici, metabolici e comportamentali. Questo permette di intervenire prima che la malattia si manifesti, con strategie personalizzate su alimentazione, attività fisica e, quando necessario, terapia farmacologica. La vera sfida è trasformare questi strumenti predittivi in prevenzione attiva per ridurre il numero di nuovi casi. Nel mondo sono 8,4 milioni le persone con diabete di tipo 1, con mezzo milione di nuovi casi diagnosticati in età infantile. La Legge 130 del 2023 ha istituito in Italia lo screening gratuito e volontario. Ritiene che dovrebbe diventare obbligatorio? «Credo sia un'ipotesi da considerare con attenzione, in particolare nelle famiglie a rischio, ove si sono già verificati dei casi».
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