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Politica
Fini si confessa ad Atreju: "Sbagliai a sciogliere An"
Oggi 09-12-25, 08:08
Sbagliai a sciogliere An», ammette, in una sorta di catarsi che chiude i conti con il passato, Gianfranco Fini. Non si chiede a Francesco Rutelli la stessa cosa, ossia se sbagliò a sciogliere la Margherita. Il sospetto è che risponderebbe lo stesso. Alla fine i due leader che, 32 anni fa, si diedero battaglia Roma, dando vita quasi senza saperlo al bipolarismo, hanno molti punti in comune. Miracoli del tempo o del rispetto tra persone di una certa stoffa. A rompere il clima da Amarcord, in ogni caso, è Rutelli che, da signore, sposta i riflettori sull’altro ospite: «Diciamo la verità, il tributo è il suo (indicando Fini, ndr). Ripercorrere le elezioni di quell’anno è un pretesto per farlo tornare qui. Io sono una specie di esca... ». Fini: «Rutelli, escano... ».Inizia così uno dei dibattiti fin qui più affollati della Festa di Atreju: quello tra quelli che, nel 1993, 32 anni fa, come ricorda la scritta dietro al palco, si sfidarono per le elezioni a sindaco di Roma, segnando l’inizio di fatto del bipolarismo: Francesco Rutelli e Gianfranco Fini. Vinse il primo, ma il secondo entrò nella storia della seconda Repubblica. Rutelli, smantellando, con ironia, ogni retorica: «Com’è quella serie? Ritorno al futuro... ». Per Fini, effettivamente, è il ritorno ufficiale nel mondo della destra. L’ultima volta ad Atreju era stata 17 anni. L’ex leader di Alleanza Nazionale, emozionato, lo riconosce: «È un momento bello, emozionante, è un ritorno a casa, se me lo consentite». Gli applausi confermano che sì, è di nuovo dei loro. La chiacchierata oscilla tra passato e presente.Fini ricorda quando gli fu chiesto di candidarsi a Roma. Certo, non si aspettava di arrivare al ballottaggio, ma «si percepiva un’aria nuova in città, era la prima volta che si eleggeva direttamente il sindaco». PUNTI IN COMUNE Nella diversità, lui e Rutelli avevano punti in comune: erano giovani, venivano da due partiti «fuori dal sistema partitocratico». Si ricorda la celebre dichiarazione di Silvio Berlusconi («Se fossi romano, voterei Fini»). Rutelli osserva che quell’elezione fu una ribellione alla «asfissia della politica» che fino ad allora aveva governato Roma e l’Italia. Poco dopo i partiti della Prima Repubblica furono spazzati via da Tangentopoli. Poi la novità dei faccia a faccia in tv, al posto delle tribune con decine di candidati. «Divenne un fenomeno popolare», ricorda Fini.Si passa al presente. Rutelli sottolinea che il tema drammatico, oggi, è l’astensione.Soprattutto dei giovani. Dice, poi, di provare «rispetto per Meloni perché si trova ad affrontare un periodo di cambiamento strategico». Si parla di Russia, di Ucraina, di Cina. Suggerisce a entrambi gli schieramenti un dialogo sia pure tra diversi: «Saggio sarebbe trovare alcune aree nelle quali trovare una convergenza nazionale». Ricorda quando, da militante radicale, andava a stampare i giornali del partito di Pannella nella tipografia dell’Msi che allora era invia del Boschetto perché costava mano. «C’era Daniela (ex moglie di Fini, ndr). Dove sei? Eccoti!», dice Rutelli cercando con lo sguardo un volto in platea. Avevano idee diverse, però, dice, c’era «un rispetto tra avversari. Mi auguro che sia ancora così». Fini concorda: «Spero che l’attuale sinistra la pensi così». GRANDI TEMI Si parla di Europa. Rutelli attacca: «Ha rinunciato a giocare un ruolo, si è addormentata di fronte alla fabbrica cinese e si è illusa che gli Stati Uniti l’avrebbero sempre appoggiata in materia di sicurezza». Si passa a Trump. Rutelli riconosce gli errori fatti dai democratici americani. «Vi pare possibile che in America si sono abbattuti quasi tutti i monumenti a Cristoforo Colombo?». Tornando all’Italia, invita «Arianna Meloni» e la sorella a non scegliere persone solo in base alla fedeltà. E, di nuovo, lancia un appello a entrambi gli schieramenti perché trovino «momenti comuni per affrontare i nuovi cambiamenti». Si riconosce nel centrosinistra di oggi?, domanda a bruciapelo la moderatrice. «Mi faccia la domanda successiva», risponde. Ed è , forse, la differenza più forte con Fini.L’ex leader di An, infatti, a cui si rivolge domanda simmetrica, risponde che sì, certo, si riconosce in questo centrodestra. E chiude i conti con il passato, sbagli compresi: «L’errore», dice, «fu chiedere e ottenere lo scioglimento di Alleanza nazionale. An era un movimento politico basato sull’appartenenza. Il Pdl doveva essere una grande formazione plurale, ma a un certo momento non c’era pluralità di opinioni. Ma l’errore fu sciogliere An. Il merito che ha avuto Fdi è stato dì ricostruire una comunità. Il merito di Georgia è che ha ricostruito una casa in cui quelli che ci stanno sanno che c’è qualcosa che lo unisce». Applausi. E Rutelli? A domanda sulla sua parte, è decisamente più freddo: «Io sono uomo del centrosinistra. Ma devono convincermi a votare, di volta in volta». Applausi anche qui. Accoglienza da star per entrambi. La nostalgia, alla fine, è per due avversari che possano trattarsi così.
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