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Politica
Caso Almasri: la Camera nega il processo per Nordio, Piantedosi e Mantovano
Oggi 09-10-25, 19:33
AGI - Nessun ministro del governo Meloni a processo per la liberazione e l’espulsione del funzionario libico, Osama Almasri, indagato per crimini di guerra e ricercato dalla Corte penale internazionale. Montecitorio nega l’autorizzazione a procedere, richiesta dal Tribunale dei Ministri, per il Guardasigilli Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Un ‘no’ a procedere di fatto scontato dopo che il centrodestra, compatto, aveva blindato i vertici di governo lo scorso 30 settembre, bocciando la richiesta alla Giunta per le autorizzazioni della Camera. Dopo il passaggio in Giunta, oggi la data del ‘verdetto’, con l’approdo del dossier sul generale libico sui banchi di Montecitorio, con un nuovo relatore, Pietro Pittalis di Forza Italia. E con un nuovo testo che, sulla scia dello ‘stop’ della Giunta, ha ribaltato i contenuti della relazione del predecessore, il dem Gianassi. La Giunta, ha infatti ricordato il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, aprendo la seduta, propone che l'autorizzazione "sia negata reputando che gli inquisiti abbiano agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante e per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo". La vicenda del rimpatrio di Osama Almasri – ha spiegato all’Aula Pittalis – “va letta nel contesto di una situazione di estrema tensione in Libia. I servizi di intelligence avevano segnalato rischi concreti di ritorsioni e minacce per il personale e i cittadini italiani. In questo scenario – ha ribadito il relatore di maggioranza - i membri del Governo hanno agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante e per perseguire un preminente interesse pubblico, come previsto dalla legge costituzionale n. 1 del 1989”. Pittalis ha quindi ricordato che “la decisione di rimpatriare Almasri è stata una scelta di responsabilità e di prudenza istituzionale, dettata dalla necessità di proteggere vite umane e garantire la sicurezza nazionale”. Non – ha puntualizzato – “una resa a pressioni esterne, ma una decisione fondata sulla ragion di Stato costituzionale”. Presente in Aula, per la votazione, anche la premier Giorgia Meloni. Per il Guardasigilli, su 363 presenti, la richiesta a non procedere è stata approvata con 251 voti favorevoli contro 117 contrari. Per il titolare del Viminale 256 favorevoli contro 106 voti contrari, mentre per il sottosegretario Mantovano hanno votato ‘sì’ a non procedere in 252 con 112 contrari, su 366 presenti al voto. Tre votazioni separate che hanno confermato un risultato largamente anticipato ma con un divario tra favorevoli e contrari ancora superiore alle aspettative. In soccorso della maggioranza, in particolare sul voto per Piantedosi – secondo gli addetti ai lavori – una ventina di deputati di Italia Viva partito che, invece, ha votato a favore del processo per Nordio e Mantovano. Anche il partito di Calenda ha votato per non mandare alla sbarra i tre esponenti dell’esecutivo. Il risultato è che il ‘no’ a procedere contro il governo per il caso Almasri raggiunge un numero di voti superiore a quello della maggioranza di governo, che – ancora una volta – "dimostra una straordinaria compattezza" come rileva Luca Ciriani, ministro per i rapporti con il Parlamento. Tra i primissimi a esternare soddisfazione proprio il Guardasigilli perché – afferma Carlo Nordio - il voto "è andato numericamente oltre a quella che era l'aspettativa della maggioranza parlamentare. Anche da parte di alcuni dell'opposizione vi è una riluttanza ad affidare alle procure della Repubblica delle competenze che dovrebbero essere squisitamente politiche". “È andata come doveva andare", taglia corto il ministro ben cosciente che resterà da affrontare il dossier della sua capo di Gabinetto, Giusi Bartolozzi. Un'ultima considerazione sul ruolo svolto dal Tribunale dei ministri che, secondo Nordio, "violando il principio fondamentale di diritto, ha valorizzato le nostre dichiarazioni rese in Parlamento come se fossero state rese davanti a loro e senza le garanzie difensive, visto che eravamo già indagati. Le anomalie del Tribunale dei ministri sono tali e tante che il relatore ha adombrato anche la possibilità che fosse dichiarata irricevibile".
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