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Estero
Crisi internazionali e scenari di sicurezza: gli ambasciatori parlano all'AGI
Oggi 15-12-25, 15:25
AGI - Con i saluti istituzionali del ministro degli Esteri, Antonio Tajani e poi del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sono entrati nel vivo alla Farnesina i lavori della XVIII Conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori d'Italia nel mondo, sei sessioni (distribuite tra oggi e domani) dedicate alle principali priorità della politica estera italiana nel contesto dell'evoluzione del contesto geopolitico internazionale: sfida migratoria, strategia e rotte energetiche, diplomazia nel cyber e nell'era digitale, cooperazione Italia-Germania, crisi internazionali e scenari di sicurezza, proiezione internazionale e attrattività dell'Italia. La Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d'Italia nel mondo è il principale appuntamento di confronto e riflessione sull'azione internazionale del nostro Paese a cui partecipano tutti i titolari delle sedi diplomatiche italiane e i vertici dell'Amministrazione del Ministero degli Esteri. A Roma i lavori si svolgono presso il palazzo della Farnesina, per poi spostarsi a Milano il 17-18 dicembre: il segmento milanese inizierà con la terza edizione della Conferenza Nazionale dell'export e dell'internazionalizzazione delle imprese presso la Fiera di Milano per proseguire, il 18 dicembre, con una Conferenza sull'Internazionalizzazione del Sistema Universitario Italiano all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Seguirà un incontro a Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana, dedicato al rapporto tra finanza, diplomazia e crescita del Sistema Italia per rafforzare la competitività internazionale delle imprese italiane. Nell'occasione, l'AGI ha intervistato alcuni rappresentanti della diplomazia, impegnati in aree delicate e/o strategicamente importanti per l'Italia. Ugolini, "in Afghanistan dialogo e solidarietà" Nell'Afghanistan governato dai talebani da agosto 2021, l'Italia sta portando avanti "un impegno molto chiaro: continuare a sostenere la popolazione afghana attraverso un importante livello di aiuto umanitario con le agenzie Onu e le organizzazioni della società civile con un personale locale, forti di una determinazione che supportiamo". Una missione complessa, da 'equilibrista', ma necessaria per non lasciare gli afghani soli, quella affidata all'ambasciatrice Sabrina Ugolini, in carica da ottobre 2024 nella sede diplomatica italiana a Kabul, che opera temporaneamente da Doha. Una scelta strategica quella varata dalla Farnesina che ha ricollocato la sua rappresentanza diplomatica nella capitale del Qatar, come spiega all'AGI l'ambasciatrice, a Roma per la XVIII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori dell'Italia nel mondo. "La decisione italiana di avere una rappresentanza Doha è stata ispirata a suo tempo a un orientamento condiviso con i Paesi affini, tra cui Stati Uniti, Germania, Francia e altri partner europei. E' proprio nella capitale qatarina che furono firmati gli accordi di Doha nel febbraio 2020: un luogo dove era ed è ancora possibile condurre una dialettica informale ma necessaria con i rappresentanti del governo de facto talebano, il cui Ufficio politico si era insediato nel Paese già dal 2013", ricorda la diplomatica romana, con alle spalle incarichi di rilievo in Tunisia, a Bruxelles e alla Farnesina. "Il Qatar è quindi uno dei principali luoghi di confronto e di dialogo sull'Afghanistan, una piattaforma diplomatica che ha dato il nome al cosiddetto Processo di Doha, a guida Nazioni Unite, del quale l'Italia è un attore attivo e apprezzato", evidenzia l'intervistata. Un confronto e un dialogo che l'ambasciatrice italiana sta portando avanti con la partecipazione a due gruppi di lavoro multilaterali, settoriali, avviati nei mesi scorsi e in fase di consolidamento, che periodicamente mettono allo stesso tavolo i Paesi membri del Processo e i Talebani, denominati autorità de facto, (ADF), dedicati al settore privato e alla lotta al narcotraffico. "Si tratta di materie potenzialmente portatrici di un percorso virtuoso: l'imprenditorialità è infatti uno dei pochi ambiti in cui alle donne risultano concessi modesti margini di iniziativa e di lavoro, poichè alimenta la crescita economica; nella lotta al narcotraffico invece possiamo prendere atto degli sforzi oggettivamente messi in campo dalle ADF per abbattere la coltivazione del papavero da oppio e indebolire il mercato delle droghe", evidenzia Ugolini. Una politica dei 'piccoli passi' impegnativa che finora ha portato "risultati ancora minimi' - afferma l'ambasciatrice - soprattutto se si guarda alla situazione complessiva dell'Afghanistan attraverso la lente dei diritti umani, in particolare per le restrizioni sempre più dure imposte alle donne, vittime di un vero e proprio apartheid di genere, denunciato dall'Onu e dagli attivisti per i diritti. "E' tuttavia importante proseguire in questo tentativo di "engagement", poichè è oggi l'unico all'interno del quale possiamo parlare con i Talebani in un contesto multilaterale internazionale, 'guardandoci negli occhi', puntando a far passare messaggi di moderazione e di apertura", riferisce con convinzione Ugolini. Un approccio pragmatico e molto concreto quello attuato dal governo italiano, uno dei pochi Paesi che ha mantenuto un impegno finanziario complessivo significativo in Afghanistan, che nel 2025 si attesta a circa 16 milioni di euro, contro corrente a maggior ragione in una tendenza globale di tagli agli aiuti umanitari allo sviluppo. Un impegno che si traduce anche in aiuto emergenziale, ad esempio dopo il devastante terremoto dello scorso agosto, attraverso contributi veicolati tramite la Federazione Internazionale della Croce Rossa e altri interventi mirati. "Abbiamo evidenziato questa dimensione dell'approccio italiano nei confronti dell'Afghanistan anche nell'ultima Conferenza dei Donatori, a Tashkent, non senza ribadire le nostre aspettative circa la rimozione delle principali restrizioni in materia di diritti delle donne, in primis del divieto di accesso all'istruzione secondaria e universitaria per le ragazze", argomenta l'ambasciatrice, forte anche della sua expertise in materia di pari opportunità, contrasto alle discriminazioni e 'Women Peace and Security'. In Afghanistan, l'Italia sta dando il suo contributo a sostegno delle donne, dimostrando che si può intervenire fattivamente nonostante limitazioni e divieti. In alcune aree del Paese, come nella valle di Bamiyan, ha finanziato un progetto innovativo condotto dal Laboratorio di Geografia Sociale dell'Università di Firenze, insieme all'Unesco, che ha permesso la formazione di operatrici turistiche locali. Risultati promettenti arrivano anche dal supporto dato a NOVE Caring Humans, una Ong italiana operativa ininterrottamente in Afghanistan dal 2012, che ha promosso con successo un premio all'imprenditoria femminile, in condizioni di consenso e di apprezzamento delle autorità locali. La cupa situazione interna viene resa più complessa da altri fattori esterni, in particolare dai rapporti tesi con i vicini Pakistan e Iran, per motivi e dinamiche differenti che parzialmente si alimentano. "Il forzato ritorno massiccio degli afgani (oltre 2,3 milioni di persone nel corso del 2025) dai Paesi confinanti, e in particolare da Iran a Pakistan, ha rappresentato nell'anno che sta per chiudersi una nuova sfida per un Paese già afflitto da arretratezza e povertà", analizza la diplomatica italiana. Gli ultimi dati di OCHA riferiscono di 21.9 milioni di persone che in Afghanistan dipendono dall'aiuto umanitario internazionale per sopravvivere. A questo fenomeno dei ritorni sforzati si aggiunge la ripresa di aperte ostilità di frontiera tra Pakistan e Afghanistan, con un ulteriore rischio di fattori aggravanti. "Analisi recenti della Banca Mondiale evidenziano il potenziale di crescita economica che nel medio termine il rientro di lavoratori portatori di conoscenze e di competenze dall'estero potrebbe imprimere alle dinamiche sociali e allo sviluppo economico interno. E' un aspetto da non sottovalutare, ma nella fase attuale il peso del reinserimento nel Paese degli sfollati è la dimensione dominante, nella sua drammaticità", valuta ancora Ugolini. Se la strada verso il reinserimento dell'Afghanistan nella comunità internazionale è ancora tutta in salita, l'ambasciatrice italiana riafferma con convinzione che la sola via perseguibile è quella tracciata dal Processo di Doha, "che postula il rispetto degli obblighi internazionali, l'inclusività delle minoranze etniche e delle plurime voci della società civile, l'allentamento delle restrizioni che impediscono alle donne di partecipare alla vita pubblica del Paese". Un'equazione davvero complessa, a maggior ragione a fronte della rigidità della dirigenza talebana e di una postura difensiva che caratterizza le sue interazioni con le istanze provenienti dal mondo esterno. Le Nazioni Unite, in prima linea, mantengono il filo del confronto, e nel formato dei Paesi G7+, conclude Ugolini, "lavoriamo all'elaborazione di una dinamica negoziale 'step for step', nella quale possano essere registrate concessioni da entrambe le parti al tavolo. Non è un percorso di breve termine, ma è l'unico che attualmente possiamo perseguire, nell'espressione di una diplomazia che fa della solidarietà e del dialogo la sua cifra". Massari, "l'Italia è protagonista all'Onu" Un'Italia protagonista al Palazzo di Vetro. E Nazioni Unite che, nonostante la crisi di liquidità, possono ancora svolgere un ruolo di primo piano nello scenario internazionale e nel multilateralismo. L'ambasciatore italiano all'Onu Maurizio Massari chiuderà a metà gennaio una carriera diplomatica lunga più di quarant'anni, passata da Mosca a Londra, da Washington a Belgrado, il Cairo e Bruxelles, e arrivata a New York dove metterà fine a un mandato alle Nazioni Unite durato quattro anni e mezzo, in cui sono successe molte cose, dall'invasione in Ucraina alla strage del 7 ottobre e il conseguente conflitto a Gaza. Ma anche il cambio dell'amministrazione americana, che ha segnato una svolta per l'Onu e per lo scenario internazionale, e in cui l'Europa, secondo quanto ha dichiarato Massari nel suo saluto ai giornalisti, la settimana scorsa, deve imparare una lezione, se vuole essere più competitiva: trovare una maggiore unità. Al suo posto arriverà l'ambasciatore italiano in Turchia Giorgio Marrapodi. Il bilancio di Massari è positivo e ricco di spunti. Arrivato con l'amministrazione Biden, se ne va con quella di Trump, che ha cambiato linea. "L'Amministrazione americana - spiega l'ambasciatore all'AGI - rivendica la necessità che l'Onu, a fronte dei tanti conflitti e delle molteplici situazioni di tensione internazionale, si occupi principalmente di "pace e sicurezza". La tendenza di Washington è pertanto quella di ridimensionare gli altri ambiti di azione dell'Organizzazione non strettamente riconducibili al perseguimento della pace e della sicurezza internazionale. Bisogna riconoscere che l'iniziativa americana ha portato già alcuni risultati rilevanti, come l'approvazione in Consiglio di Sicurezza della risoluzione 2803 basata sul piano di pace del presidente Trump per Gaza. Come Italia continuiamo a lavorare con i colleghi americani a New York per sviluppare le massime sinergie possibili". Il ruolo dell'Onu nel conflitto tra Russia e Ucraina resterà un tema chiave nei prossimi mesi. "Sin dai primi giorni dell'aggressione russa all'Ucraina - commenta Massari - l'Assemblea generale ha svolto un lavoro molto importante, che è continuato anche nelle ultime settimane con l'approvazione di risoluzioni sulla situazione dei diritti umani nei territori ucraini occupati, sul ritorno dei bambini ucraini deportati da parte russa e sulla collaborazione internazionale sul disastro di Chernobyl. Resterà da vedere se a un eventuale auspicabile accordo di pace seguirà un passaggio formale in Consiglio di sicurezza. Seguiamo da vicino gli sviluppi insieme ai Paesi che siedono nel Consiglio e in coordinamento con i partner Ue a New York". E su Gaza? "Come ricordavo prima - chiarisce l'ambasciatore - un risultato importante è stato già raggiunto a New York con l'approvazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza sul piano Trump per Gaza. L'Onu continua inoltre a lavorare sul piano dell'assistenza umanitaria e sarà certamente utile coinvolgere l'Organizzazione nel processo di ricostruzione di Gaza. L'Assemblea generale si è occupata molto del conflitto israelo-palestinese e più di recente ha approvato risoluzioni di condanna dell'attività dei coloni nei territori occupati e sul richiamo all'importanza del diritto internazionale nella gestione degli aspetti umanitari del conflitto". Massari è certo di lasciare al suo successore un'eredità positiva al Palazzo di Vetro. "L'Italia - spiega - è vista e ammirata come attore chiave del multilateralismo e del sistema onusiano nei suoi tre pilastri, pace e sicurezza, sviluppo sostenibile e diritti umani. Al nostro Paese sono riconosciuti grande rispetto e credibilità, una capacità di mediare con tutti i membri delle Nazioni Unite, Global South, Global North, G77, Africa, piccoli Stati insulari". "Questo - continua - si traduce in risultati concreti, ad esempio l'approvazione della risoluzione sulla tregua olimpica per consenso e con il numero record di 165 co-sponsorizzazioni, l'elezione con 179 voti, il numero più alto tra i paesi occidentali, al Consiglio Diritti Umani 2026-2028, l'elezione presidenza della Commissione disarmo e all'Ecosoc, il successo dei due vertici sui sistemi alimentari sostenibili a Roma e Addis Abeba. Questo capitale di credibilità e consenso ci rafforza inoltre nel nostro ruolo di guida del gruppo Uniting for Consensus, attraverso cui proponiamo una riforma dell'Onu in senso democratico, rappresentativo e inclusivo e ci opponiamo all'introduzione di altre gerarchie paralizzanti l'attività decisionale del Consiglio di Sicurezza che deriverebbe dall'istituzione di ulteriori membri permanenti". A gennaio si conclude un'esperienza diplomatica ma anche personale. Se dovesse indicare un luogo amato in questi anni, Massari non ha dubbi: "Oltre al Palazzo di Vetro, sono molto legato all'Harvard Club di New York, che mi riporta alla esperienza formativa ad Harvard e alla mia conoscenza ultratrentennale degli Stati Uniti'. "L'Harvard Club - aggiunge - è il luogo ove ho avuto l'onore di ospitare, nel maggio del 2024, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso della sua storica visita all'Onu in cui il presidente ha indirizzato un apprezzato messaggio sull'importanza del multilateralismo per la pace e la cooperazione internazionale, un messaggio che sostiene e alimenta quotidianamente la nostra azione all'Onu". Marcelli, "la stabilità del Libano è interesse strategico" Legata al Libano da una profonda relazione di solidarietà, cooperazione e fruttuosi rapporti commerciali, l'Italia intende continuare a sostenere le autorità di Beirut, rafforzando ulteriormente il contributo alla stabilita' e alla resilienza del Paese. A testimoniarlo è l'ambasciatore italiano nel Paese dei Cedri, Fabrizio Marcelli, in un'intervista all'AGI in occasione della XVIII Conferenza degli Ambasciatori a Roma, ribadendo "la vicinanza dell'Italia e l'auspicio che le iniziative nel settore della sicurezza e le riforme economiche necessarie al rilancio del Paese possano avanzare quanto prima". "Per l'Italia, la stabilità del Libano è un interesse strategico che poggia su due pilastri essenziali: la cooperazione militare e la cooperazione allo sviluppo. Per entrambi", aggiunge Marcelli, "disponiamo in Libano di attori altamente qualificati: i contingenti militari e la nostra rete di organizzazioni non governative". Come sottolinea l'ambasciatore, il "Libano si trova ad affrontare una delle fasi più delicate e cruciali degli ultimi anni. Da un lato è stato finalmente colmato il vuoto istituzionale con l'elezione del Presidente Aoun, la nomina di un Governo dal profilo marcato di competenza e impegno e l'avvio di riforme necessarie per il rilancio del Paese, ma rimaste troppo a lungo in stallo. Dall'altro, resta pressante l'esigenza di dare attuazione al proposito di disarmare gli attori non statuali, un obiettivo che incontra l'opposizione di Hezbollah per quanto riguarda le aree a nord del fiume Litani e che, in ogni caso, viene da esso subordinato alla cessazione delle incursioni israeliane e al ritiro completo dal territorio libanese". "In questo quadro complesso, l'Italia continua a sostenere con determinazione il rispetto della Risoluzione 1701, il consolidamento della sovranità dello Stato libanese e il rafforzamento delle sue istituzioni, convinti che solo un Libano pienamente padrone della propria sicurezza potrà garantire stabilita' duratura alla sua popolazione e all'intera regione", afferma Marcelli. Uno dei pilastri nel rapporto con Beirut è la cooperazione militare, con una folta partecipazione italiana alla missione Unifil, di cui detiene da giugno scorso nuovamente il comando della truppe con il generale Abagnara, e con l'impegno anche nella missione bilaterale Mibil e nel comitato tecnico militare a sostegno delle forze armate libanesi. Si tratta di un "assetto unico rispetto agli altri Paesi impegnati nel sostegno alle Forze Armate Libanesi", sottolinea l'ambasciatore: "I nostri militari sono infatti ospitati in basi distribuite lungo tutto il territorio, un elemento che conferisce profondità operativa e presenza capillare. A ciò si aggiunge una consuetudine di collaborazione tra i nostri soldati e le forze armate che ci consente di presentarci come un partner particolarmente apprezzato, affidabile e vicino alle esigenze reali delle istituzioni di sicurezza del Paese". Per Marcelli, "è su questa credibilità accumulata nel tempo che possiamo oggi costruire un sostegno ancora più efficace, calibrato sulle priorità espresse dal governo e dalle forze armate libanesi, e pienamente in linea con l'obiettivo di rafforzare la capacità dello Stato di esercitare la propria sovranità su tutto il territorio". Quanto alle relazioni economiche, conclude l'ambasciatore, "siamo uno dei principali partner commerciali di Beirut" e "il Libano rappresenta la destinazione più rilevante per il nostro export nel Levante arabo". In questo contesto, è "importante posizionarsi in vista di una ricostruzione delle zone danneggiate dal conflitto e l'Ambasciata sta operando in questo senso", assicura. "Fondamentale sostenere anche la ripresa delle nostre esportazioni dopo la crisi, soprattutto nei settori da sempre graditi dai consumatori libanesi, le '3F' (fashion, furniture, food). Lo stesso vale per i macchinari industriali, le autovetture, la gioielleria e i prodotti farmaceutici, particolarmente apprezzati quando sono 'made in Italy'". Per l'ambasciatore, "la vera sfida sarà promuovere i settori ad alto contenuto tecnologico, nei quali dobbiamo ancora conquistarci quote di mercato". "Un percorso nuovo - suggerisce Marcelli - potrebbe essere quello di valorizzare la rete degli importatori libanesi di prodotti italiani, coinvolgendoli come agenti in aree dove l'imprenditoria libanese è particolarmente radicata, soprattutto nei Paesi del Golfo e in Africa Occidentale". Orlando, "con il Niger cooperazione paritaria" La presenza dell'Italia in Niger è emblematica del 'nuovo' approccio diplomatico racchiuso nel Piano Mattei per l'Africa, teso alla costruzione di un partenariato non predatorio, paritario e aperto al dialogo. A illustrarlo all'AGI è l'ambasciatore Roberto Orlando, in carica a Niamey, capitale del Paese del Sahel, da agosto 2023. In una regione dalla forte instabilità in termini politici e di sicurezza oltre che zona di transito dei migranti e crocevia di numerosi traffici, il diplomatico evidenzia subito che "l'Italia presenta punti di assoluta eccezionalità". Dal 26 luglio 2023, le autorità nigerine al potere (una giunta militare golpista, ndr) perseguono una politica multivettoriale motivata sulla base della rivendicazione dell'interesse e della sovranità nazionale. Quello che emerge è un quadro sfaccettato in cui alcuni attori hanno dovuto, o hanno scelto di, riconfigurare la propria presenza, e altri attori hanno iniziato ad affacciarsi sulla scena delle relazioni internazionali del Paese. "Numerose missioni di sicurezza hanno lasciato il Paese: Francia, USA, Germania, la missione europea EUCAP, quella in fase di istituzione EUMPM. Ma, con la sola eccezione della Francia, tutti questi attori continuano a essere presenti sul terreno e impegnati in attività di cooperazione allo sviluppo, formazione e sostegno alla stabilizzazione", spiega l'ambasciatore Orlando. Una posizione che fa eccezione alla regola quella conquistata dall'Italia nel Paese del Sahel, conquistata "grazie alla continuità dell'operato della missione militare bilaterale di supporto in Niger (MISIN), la sola presenza militare strutturata straniera rimasta in Niger", sottolinea il diplomatico. Istituita nel 2018, con un organico intorno alle 350 unità, la MISIN è impegnata in attività di formazione delle Forze di sicurezza nigerine, attività di cooperazione civile-militare (CIMIC) e infrastrutturali con la costruzione del centro di Medicina Aerospaziale CEMEDAN per la certificazione degli operatori di volo civili e militari, che si candida a diventare un hub di riferimento nella regione anche a vantaggio degli operatori di altri Paesi. "La nostra presenza, come ci viene riconosciuto dalle autorità nigerine, non si è mai interrotta, e la MISIN ha di fatto continuato le proprie attività, a favore dell'obiettivo strategico della stabilizzazione del Niger", riferisce Orlando, a Roma per la XVIII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori dell'Italia nel mondo. Un Paese africano davvero complesso in cui operare, di "seconda frontiera" nei confronti dell'Italia, stabilmente nella cinquina dei più poveri al mondo, oltre che territorio principale di transito di migranti e traffici, ma anche crocevia di movimenti terroristici che lo hanno fatto balzare in vetta alle classifiche dell'esposizione a tale fenomeno, secondo il Global Terrorism Index. Pertanto, l'Italia, "solo Paese a detenere una presenza militare strutturata, può rivendicare nei confronti del Niger e degli altri partner una credibilità dell'impegno a tutto tondo, dalla cooperazione militare a quella allo sviluppo", afferma l'ambasciatore italiano. La continuità dell'operato italiano rappresenta un punto di forza notevole, conquistato anche grazie a progetti virtuosi come Keita contro la desertificazione, che nel 2024 ha celebrato il 40esimo anniversario e che alla COP 16 di Riad è stato presentato come progetto-pilota anche per altre realtà. "Una presenza che è percepita, in linea con i valori del Piano Mattei, come autenticamente non invasiva, ma rispettosa e aperta al dialogo e al partenariato. Molto resta da fare, ove si tenga conto anche del tasso vertiginoso di incremento demografico - una popolazione di 28 milioni circa stimata al raddoppio nel 2050 - e per converso di uno dei più bassi redditi pro capite al mondo", evidenzia il diplomatico. In questo contesto molto complesso, la recente visita congiunta del ministro degli Esteri Antonio Tajani e dell'Interno, Matteo Piantedosi, ha segnato un punto importante come prima visita di due rappresentanti di Governo di un Paese europeo, la prima dal colpo di stato del luglio 2023. "Si è trattato di un gesto importante per confermare la solidità del nostro impegno in questa regione, i cui problemi non restano confinati a tale area ma arrivano fino all'Europa. La visita è stata senz'altro un'opportunità straordinaria per rilanciare ulteriormente l'impegno comune anche in chiave di contrasto all'emigrazione irregolare e incoraggiare su questa scia altri Paesi UE", analizza l'ambasciatore Orlando. Per l'Italia, la questione migratoria è effettivamente un driver centrale della sua politica estera verso l'Africa e in quest'ottica il Niger riveste un'attenzione particolare, con ben 3,8 milioni di migranti osservati nei punti di monitoraggio dei flussi dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), in aumento del 90% rispetto al 2023 per la migrazione transfrontaliera verso i Paesi confinanti."Da anni promuoviamo iniziative volte a coniugare controllo dei flussi, sostegno ai diritti dei migranti e creazione di opportunità socioeconomiche nei Paesi di origine e transito. Questo approccio "integrato", ovvero sicurezza-sviluppo-lavoro giovanile, può essere un vantaggio in un contesto come il Niger, dove instabilità politica, crisi economica e migrazioni sono strettamente interconnesse", valuta l'ambasciatore italiano a Niamey. L'Italia ha investito molto in strumenti "civili", quali formazione professionale, sostegno ai sistemi sanitari, programmi su genere e giovani, supporto alle ONG e alle organizzazioni della società civile. All'ampiezza e alla profondità dell'investimento italiano, il tipico soft power che in Niger gode di crescente attenzione, si aggiunge anche l'attivismo di qualificati rappresentanti della collettività italiana. Per citarne uno: il principale festival culturale nigerino, il "Festival dell'Air", che ha annoverato fra i propri ospiti illustri Jovanotti nel 2022, è stato fondato da un cittadino italiano da mezzo secolo residente nell'area, Vittorio Gioni. Infine, "l'attenzione che rivolgiamo anche a Bruxelles nei confronti del Niger, nel nome di condivise valutazioni sul piano della sicurezza, danno al nostro Paese un ruolo di ponte fra il Niger e l'Unione Europea", conclude Orlando. Archi (Onu), "l'Italia in prima fila nella lotta alla fame" "L'Italia è da sempre in prima fila nella lotta alla fame e nella promozione di diete sane, basate sui principi della tradizione alimentare. La nostra azione nasce da un profondo sentimento di solidarietà verso chi ha meno, unito a una conoscenza di altissimo livello di mezzi e produzioni". A parlare con l'AGI è Bruno Archi, ambasciatore italiano presso le agenzie ONU a Roma (FAO, WFP e IFAD), nel giorno di apertura alla Farnesina della XVIII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori dell'Italia nel mondo. Un'affermazione carica di significato dopo che l'UNESCO ha riconosciuto la cucina italiana patrimonio culturale immateriale dell'umanità e il successo della X edizione della settimana della cucina italiana nel mondo. "L'Italia è alfiere della necessità di trasformare i sistemi alimentari in modo che siano sostenibili, facendo sì che la produzione di cibo diventi parte della soluzione nella lotta al cambiamento climatico", sottolinea l'ambasciatore Archi. Oggi la sicurezza alimentare è a pieno titolo una delle dimensioni della sicurezza globale. Non si può infatti parlare di diritti umani se l'accesso al cibo non è garantito per tutti sul pianeta. Il cibo è una precondizione, motivo per cui da anni le Nazioni Unite hanno incluso nell'Agenda 2030 l'obiettivo di sviluppo n.2, "fame zero". Le Agenzie ONU a Roma, spiega l'ambasciatore italiano, hanno come obiettivo rendere sostenibile la produzione alimentare per tutti, valorizzando buone pratiche e soluzioni tagliate su misura per ogni realtà socioeconomica. Abbiamo infatti finalmente compreso che non esiste una unica ricetta valida per tutti, ma ciascun Paese è chiamato a trovare la propria strada grazie all'assistenza tecnica, alle conoscenze scientifiche e ai dati in possesso delle cosiddette Rome-Based Agencies (RBAs)."Nel 2026, la loro azione si concentrerà dunque sul supporto mirato alle esigenze dei singoli Paesi e delle loro comunità rurali; la protezione delle risorse naturali e la protezione dei piccoli produttori, anche attraverso adeguati sistemi di protezione sociale", annuncia l'ambasciatore Archi. E a riprova del protagonismo italiano in questo settore cruciale, ricorda che il Paese ha ospitato ben due Vertici alimentari delle Nazioni Unite (Food System Summit - FSS) a Roma, presso il Palazzo della FAO, nel 2021 e nel 2023. Quest'anno poi ha co-organizzato il Terzo Vertice (FSS+4) insieme all'Etiopia, ad Addis Abeba dal 28 al 29 luglio scorso. "C'è un riconoscimento unanime della comunità internazionale del ruolo dell'Italia in questo settore, grazie anche al contributo di idee e la capacità di innovare. A ciò si aggiungono i finanziamenti sul canale multilaterale, grazie ai quali l'Italia è il settimo contributore della FAO, il quarto di IFAD e tra i primi venti del WFP", argomenta il diplomatico. Questione spinosa per il sistema multilaterale quella dei finanziamenti degli Stati membri, in costante declino, mentre cresce la pressione di emergenze causate da più fattori, tra cui i cambiamenti climatici e il caro cibo. "La scelta di Papa Leone XIV di visitare la FAO nel giorno del suo 80esimo anniversario, lo scorso 16 ottobre, è il segno del suo profondo interesse per ciò che significa "vita" in ogni sua forma e proprio a partire dal cibo. Il discorso pronunciato in quell'occasione ha commosso e dato speranza, rivelando la consonanza di intenti con l'azione di chi, come noi, lavora ogni giorno per garantire collettivamente i diritti di base a tutti gli esseri umani", afferma l'ambasciatore Archi. La realtà con cui il sistema ONU deve fare i conti viene vissuta "certamente con fatica, ma anche con la voglia di trovare percorsi innovativi. Ogni sfida racchiude un'opportunità e le Agenzie "romane" stanno reagendo in modo pragmatico, rivedendo alcune delle loro scelte organizzative ma anche aprendosi a forme di finanziamento misto, che includono tra l'altro partenariati con le Istituzioni Finanziarie Internazionali, e il ricorso a sottoscrittori privati, grazie anche a campagne di sensibilizzazione dirette al vasto pubblico, sul modello impiegato da anni e con grande successo da UNICEF. Queste risorse ancora non sostituiscono il ruolo dei contributi tradizionali, ma consentono di mantenere un livello di operatività adeguato alle esigenze globali", prospetta il diplomatico italiano. Per quanto riguarda l'Italia, "la vocazione multilaterale del nostro Paese ci spinge a cercare a nostra volta di incoraggiare le Agenzie a lavorare insieme, collaborando tra loro con progetti congiunti che consentono un risparmio sulle spese logistiche e organizzative. Un esempio di successo è la collaborazione delle Rome-based nel Sahel con attività che si rinforzano tra loro e che vedono anche la nostra partecipazione con risorse del Piano Mattei", esemplifica Archi. Senza ombra di dubbio, uno degli scenari più drammatici del momento in termini umanitari che alimentari è la Striscia di Gaza. Da Inviato Speciale per la Ricostruzione di Gaza del governo italiano, Archi conferma che l'Italia è in prima fila nei settori sanitario, del rafforzamento istituzionale, e dell'istruzione, oltre che della sicurezza alimentare. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato di recente uno stanziamento di 60 milioni di euro destinato all'enclave palestinese. L'iniziativa Food for Gaza, fortemente voluta dal ministro Tajani nel marzo del 2024, che ha stanziato 40 milioni di euro, ha già permesso di mobilitare, grazie all'impegno di tutto il Sistema Italia, direttamente o tramite il WFP, circa 2.400 tonnellate di beni alimentari e di prima necessità. Da ultimo, lo scorso 6 dicembre, è stato inviato un nuovo carico di cibo, per un totale di circa 85 tonnellate. Il WFP ha inoltre donato 15 camion Iveco per facilitare la distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione civile all'interno della Striscia. L'assistenza umanitaria prevista dall'iniziativa si estende anche alle evacuazioni sanitarie in Italia di bambini gazawi bisognosi di cure mediche complesse, che hanno raggiunto quota 232 ad inizio dicembre. A oggi tra piccoli pazienti e accompagnatori, sono giunte in Italia oltre 800 persone, cui se ne aggiungono altre 400 accolte da noi per motivi umanitari per un totale di 1400 persone. "Un record positivo di solidarietà che ci vede primi in Europa. Su un piano più generale, mentre sono ancora pressanti le esigenze di assistenza umanitaria nella Striscia, l'avvio del processo di ricostruzione richiederà ancora del tempo. Le modalità con cui avverrà sono tuttora in via di definizione a livello internazionale, per cui ogni possibile intervento dovrà tenerne conto. Per tale ragione, sono in costante contatto con i nostri principali partners, anche regionali, per assicurare che l'Italia sia protagonista anche in questo caso", assicura Archi. Franchetti Pardo, "la Polonia nostro partner nella ripresa di Kiev" Mentre la Polonia si conferma uno dei Paesi europei più esposti alle minacce provenienti da Russia e Bielorussia, ma anche un attore chiave nel garantire la sicurezza del Fianco orientale della Nato, il rapporto di Varsavia con il nostro Paese vive una fase di rafforzamento senza precedenti. A sottolinearlo in un'intervista all'AGI è l'ambasciatore d'Italia a Varsavia, Luca Franchetti Pardo, che descrive una relazione bilaterale sempre più articolata, fondata su cooperazione politica, sicurezza euroatlantica e interscambio economico in forte crescita. Le nostre relazioni "stanno vivendo una fase di grande espansione" e la Polonia "può essere il partner ideale per le nostre imprese interessate a contribuire al processo di ripresa dell'Ucraina", osserva il capo missione, in carica a Varsavia dal 2023, già direttore dell'Unità per la Federazione Russa, l'Europa Orientale, il Caucaso e l'Asia Centrale, presso il ministero degli Affari Esteri e con lunga esperienza tra Washington, Bruxelles. Franchetti Pardo definisce la Polonia un partner di "primaria importanza" per Roma. A parlare bastano i dati relativi all'interscambio, "che nel 2024 ha sfiorato i 36 miliardi di euro". Un legame che si consolida anche nel medio periodo: "A livello globale, la Polonia è il nostro settimo mercato di destinazione, e stiamo lavorando per cogliere le opportunità di ulteriore espansione dell'export italiano, cresciuto del 5,2% nei primi nove mesi del 2025". Il dinamismo dell'economia polacca continua ad attirare l'interesse delle imprese italiane. "Con ritmi di crescita del Pil superiore al 3% e la diffusione di stili di consumo sempre più sofisticati aprono prospettive di grande interesse in settori quali l'agroalimentare, il biomedicale, ma anche l'energia, grazie agli sforzi di diversificazione in atto nel Paese", spiega l'ambasciatore. Un contesto favorevole, rafforzato anche dalla presenza industriale italiana: "A questo quadro positivo contribuiscono anche i consistenti investimenti italiani nel Paese, che interessano anche settori ad altissimo contenuto tecnologico". Accanto all'economia, un ruolo centrale è svolto dai legami culturali con l'Italia, prima destinazione estera per il turismo polacco. Oltre al turismo a confermare questo interesse c'è la diffusione della conoscenza della lingua italiana, "con più di 50.000 studenti tra scuole e università polacche". Sono elementi che si inseriscono "in un contesto di eccellenti relazioni a livello politico, caratterizzate anche da una marcata sintonia sui principali temi dell'agenda europea, ad esempio in ambito migratorio, di competitività industriale e di transizione energetica", fa notare Franchetti Pardo. La convergenza tra Roma e Varsavia è particolarmente evidente sul dossier della sicurezza e della guerra in Ucraina. "Italia e Polonia hanno una visione comune della sicurezza euroatlantica e collaborano proficuamente in ambito Nato e Ue". Un impegno che la Polonia riconosce apertamente, riferisce l'ambasciatore: "A Varsavia incontro sempre grande apprezzamento e riconoscimento per l'impegno di truppe e assetti italiani a protezione del Fianco orientale della Nato, che si è tradotto negli ultimi anni anche nella partecipazione alle operazioni di pattugliamento aereo e navale in Polonia". La cooperazione è reciproca e tiene conto delle diverse vulnerabilità strategiche. "Per parte sua, Varsavia è consapevole e solidale con noi per le minacce provenienti da Sud e per questo partecipa all'operazione europea EUNAVFOR MED IRINI che opera nel Mediterraneo". Guardando oltre il conflitto, l'ambasciatore sottolinea che "con Varsavia ci sono grandi opportunità di collaborazione anche in vista della futura ricostruzione dell'Ucraina". "Grazie alla sua posizione geografica, al sistema infrastrutturale avanzato, alla conoscenza dell'ambiente economico ucraino, la Polonia può essere il partner ideale per le nostre imprese interessate a contribuire al processo di ripresa dell'Ucraina". Sul piano politico interno, la Polonia attraversa una fase di forte polarizzazione, incarnata nella contrapposizione tra il premier europeista Donald Tusk e il presidente sovranità Karol Nawrocki. Ma secondo Franchetti Pardo questo non incide nè sul dossier ucraino - "Italia e Polonia sono unite nel sostegno multidimensionale all'Ucraina, con l'obiettivo di giungere a una pace giusta e duratura" - nè sulla solidità del rapporto con Roma. "Le relazioni tra Italia e Polonia poggiano su una profonda amicizia tra i due popoli, maturata in secoli di scambi culturali e di reciproche influenze, e su interessi e valori condivisi", spiega il diplomatico. Un legame che "prescinde dalle maggioranze di volta in volta al governo nei due Paesi". "La grande intensità dei contatti istituzionali, a ogni livello, conferma la forte volontà di collaborare e di espandere ulteriormente il nostro legame, nel quadro della comune appartenenza alla Nato e all'Ue", ricorda. Le recenti dinamiche istituzionali polacche non hanno rallentato neppure il dialogo bilaterale. "Ciò è ben riflesso dagli intensi scambi di visite politiche, anche a livello di capi di Stato, da ultimo, con le visite del primo ministro Tusk e del presidente Nawrocki a Roma". Quanto al rapporto con Washington, prevale una linea condivisa, conclude l'ambasciatore: "In Polonia vi è un consenso trasversale sull'importanza di consolidare le relazioni transatlantiche e sul ruolo fondamentale rivestito dagli Usa a garanzia della sicurezza del Paese". Un consenso che si traduce anche in una presenza militare significativa "che si riflette anche in un consistente stanziamento di Forze americane in territorio polacco, una presenza che, da ultimo, l'amministrazione Trump ha lasciato intendere di voler continuare ad assicurare".
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