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Cultura e Spettacolo
Emanuele Trevi: “La magia? Ci credo perché sono scettico”
Oggi 29-04-25, 12:49
AGI - Si svolgerà ad Ancona dall'8 all'11 maggio la seconda edizione nazionale del Festival Popsophia. Quest'anno intitolata ‘Abracadabra', la multiforme creatura della filosofa, scrittrice, opinionista tv e docente di Storia dello Spettacolo Lucrezia Ercoli esplorerà il legame tra filosofia e magia nella contemporaneità, attraverso un denso calendario di incontri, spettacoli ed approfondimenti. Il Teatro delle Muse – simbolo della città e, nell'esserle sede, conferma dell'importanza che questa manifestazione a partecipazione gratuita vi ha ormai assunto - ospiterà artisti, filosofi, scrittori e tre nuovi show serali con musica dal vivo dedicati all'esoterismo di Battiato, al mondo del Fantasy e al Realismo Magico nel cinema. Tra tanti ospiti e conduttori, tra cui Melissa Panarello, Matteo Trevisani, Ivan Talarico, Valentina Tanni, Licia Troisi, Simone Regazzoni e Carlo Massarini, quest'anno ci sarà Emanuele Trevi, che abbiamo incontrato. Come è nata la sua partecipazione a Popsophia e cosa farà al Teatro delle Muse? La manifestazione mi ha incuriosito fin dal titolo, come ogni termine a cui s'accompagni il suffisso pop. Non sono infatti un amante del gergo tecnico; anche da lettore, il mio gusto è sollecitato da lettere, romanzi, poesie, diari o articoli: testi, insomma, che rientrino nella sfera del comprensibile. Anche in veste di critico mi sforzo da sempre di tendere al semplice, che non vuol dire mirare al facile, ma impegnarsi a ridurre le complessità degli argomenti. L'obbiettivo della massima comprensibilità mi induce inoltre a privilegiare il tono della conversazione, come avverrà a Popsophia, dove parlerò del mio ultimo libro ‘La casa del mago'. L'obiettivo sarà quello di intrattenere. D'altronde oggi, ormai, lo scrittore finisce sempre più spesso per recitare il proprio personaggio: siamo sempre in giro, la letteratura è diventata un po' una branca del teatro. Suo padre Mario, grande psicanalista junghiano a cui ha dedicato, appunto, ‘La casa del mago', era di Ancona: qual è il suo rapporto con questa città? Più che ne ‘La casa del mago' la mia vicinanza al capoluogo delle Marche, cui ovviamente lego non poche memorie, è venuto alla luce in un libro precedente, dal titolo ‘Invasioni controllate', che scrissi a quattro mani proprio con mio padre. A suo stesso dire, Ancona incarnava uno dei due principali poli formativi del suo essere. Nell'intellettuale Bologna aveva compiuto gli studi, ma la città Dorica rappresentava nel suo immaginario il luogo degli artisti anarchici, quelli che sanno vivere l'esistenza fino in fondo. Che posto occupa l'idea del magico nella sua vita e nel suo approccio alla scrittura? Quello che si autodefinisce tale non mi stimola; è in rapporto alla normalità, o addirittura al metodo scientifico, che il magico suscita invece il mio interesse. Se non vivessimo immersi nella razionalità, lo percepiremmo molto poco. Invece mi sembra prendere vita quando tra due possibilità, ugualmente logiche, si insinua il sospetto di qualcosa. Per credere alla magia, insomma, non bisogna crederci. Sta scrivendo? Ho appena terminato e ne sono davvero lieto, perché farlo mi risulta sempre più faticoso. Ormai preferisco leggere. Scrivere è un investimento su se stessi lungo e difficile, tanto che come autore, pur avendo fatto diverse cose anche prima, mi sembra di aver trovato la mia vera voce solo verso i 35 anni. Che tipo di libro dobbiamo aspettarci? Il contenuto farà ridere, o almeno così mi auguro, mentre la forma sarà quella d'un romanzo brevissimo: più che racconto lungo si potrebbe definirla una novella, nell'accezione americana del genere. Adoro la misura corta in letteratura - come quella, ad esempio, de ‘L'uomo in bilico' di Saul Bellow – ed ovviamente mi auspico che in questo caso i lettori condividano il mio gusto. Dal punto di vista della scelta della struttura narrativa mi sento un seguace di Edith Wharton – autrice de ‘L'età dell'innocenza' e prima donna nella storia a vincere il Premio Pulitzer -, che disse: molto del talento di un autore sta nella sua capacità d'individuare quanto deve durare un testo. Io che non amo troppo quelli che superano le 200 pagine, stavolta posso dire che mi è felicemente capitato di dar vita, da scrittore, al tipo di libro che maggiormente apprezzo da lettore.
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