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Estero
Il dramma di chiamarsi Mark Zuckerberg, l'odissea di un omonimo
Oggi 06-09-25, 11:24
L’identità rubata da sé stesso: Mark Zuckerberg fa causa a Mark Zuckerberg perché Facebook pensa che Mark Zuckerberg stia fingendo di essere Mark Zuckerberg. No, non siamo impazziti e non è nemmeno un incubo alimentato da troppa caffeina. È tutto vero. È una vita dura quella di Mark Zuckerberg. No, non quel Mark Zuckerberg, genio della Silicon Valley e inventore di quella cosa che tutti noi, ammettiamolo, all’inizio abbiamo usato per vedere che fine avessero fatto i nostri primi amori. No. Parliamo di Mark Zuckerberg, Esq., avvocato specializzato in fallimenti che vive nell’Indiana e che con il Meta-boss condivide solo il nome. La difficile vita di un omonimo Zuckerberg – quello dell’Indiana, non quello con i bunker anti-apocalisse alle Hawaii – ha denunciato Meta. Motivo? Perché Meta continua a sospendergli l’account Facebook. La colpa? Essere “troppo” Mark Zuckerberg. Da otto anni, l’algoritmo di Facebook lo banna regolarmente perché sospetta che stia “impersonando il CEO di Meta”. L'odissea digitale dell'avvocato Zuckerberg Come scrive sul suo blog iammarkzuckerberg.com, dal 2017 la sua pagina pubblicitaria è stata rimossa ben cinque volte con un messaggio che recita più o meno così: “Abbiamo rimosso la tua pagina perché stai cercando di impersonare il nostro fondatore. Nice try, fake Zuck”. E pensare che lui quel nome ce l’ha scritto pure sulla carta d’identità, mica su una tazza Etsy. “Non posso nemmeno fare una prenotazione a nome mio senza che mi sbattano giù il telefono”, ha scritto nel suo blog. La sua esistenza è diventata una versione legale del celebre spot ESPN in cui Michael Jordan (quello non famoso) cerca di vivere una vita normale. In questo caso, però, la sua “normalità” costa 11.000 dollari in pubblicità Facebook che nessuno vede, perché Meta cancella le sue pagine. Confusione e frustrazione quotidiana Pensate sia finita qui? No. Ogni giorno il nostro Mark dell’Indiana riceve oltre 100 mail da gente che pensa di scrivere al boss di Meta. Ora immaginatevi la frustrazione di dover spiegare per l’ennesima volta che no, non avete appena lanciato un nuovo algoritmo e non potete aiutarli a recuperare le password, ma al massimo potete aiutare con la dichiarazione di fallimento del cugino disoccupato. La causa e la risposta di Meta Dopo l’ennesima sospensione, è partita la causa. Anche perché il povero avvocato ci rimetteva soldi. Meta ha inizialmente fatto spallucce, come si suol dire, salvo poi comunicare: “Sappiamo che esiste più di un Mark Zuckerberg al mondo. Stiamo lavorando per cercare di evitare che ciò si ripeta”. Avranno usato l’intelligenza artificiale per capirlo o Sherlock?
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