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Cronaca
Matteo Maria Zuppi, il cardinale di strada e di pace
Oggi 06-05-25, 17:40
Il cardinale Matteo Maria Zuppi è una delle personalità più carismatiche e originali del panorama ecclesiale contemporaneo. Amato da molti per il suo stile semplice e diretto, è considerato un "prete di strada" anche oggi che, da presidente della Conferenza Episcopale Italiana, è uno dei più influenti cardinali della Chiesa. La sua storia, tuttavia, affonda le radici nella periferia, tra i poveri, gli ultimi insomma, nelle periferie esistenziali dove ha sempre scelto di stare, pur venendo da una famiglia della borghesia romana molto vicina alla Santa Sede. Il papà Enrico, giornalista e fotografo, ha diretto L'Osservatore della Domenica, l'edizione settimanale dell'Osservatore Romano, e la mamma, Carla Fumagalli, originaria di Seveso, era nipote del cardinale Carlo Confalonieri, storico decano del Collegio Cardinalizio e primo prefetto della Congregazione (oggi Dicastero) per i Vescovi, dopo essere stato prima segretario di Pio XI e poi arcivescovo dell'Aquila. Formazione e Ministero Nato a Roma l'11 ottobre 1955, Matteo Maria Zuppi ha respirato fin da giovane l'aria del rinnovamento conciliare e l'impegno sociale promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, di cui è diventato presto uno dei volti più rappresentativi. Ordinato sacerdote nel 1981 da monsignor Renato Spallanzani per la diocesi di Palestrina, dopo gli studi al Liceo Classico Virgilio di via Giulia (dove divenne amico di Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità, e di David Sassoli, il giornalista Rai che fu eletto presidente del Parlamento Europeo ed è poi prematuramente scomparso) e alla Facoltà di Lettere della Sapienza, ha esercitato per anni il suo ministero in contesti difficili della Capitale, mostrando una particolare attenzione ai giovani, ai migranti, ai tossicodipendenti, ai malati e ai senza fissa dimora. Scelte Pastorali Nel 2000, in pieno Giubileo, accadde un episodio che racconta molto del suo spirito pastorale: rinunciò alla guida della centralissima parrocchia di Santa Maria in Trastevere, che è la basilica più antica di Roma, un capolavoro di arte sacra con i suoi mosaici, oltre a essere vicina alla storica sede della Comunità di Sant'Egidio, per accettare una complicata parrocchia di Torre Angela, nella estrema periferia est della città. Una scelta che non passò inosservata: pochi avrebbero lasciato il cuore di Roma per un quartiere con alti tassi di criminalità e disagio sociale. Lui lo fece con naturalezza, fede e convinzione. Mediazione di Pace Ma prima di diventare vescovo e cardinale, Zuppi non è stato solo un parroco di frontiera, ma anche un fine mediatore di pace. Negli anni '90 fu uno degli artefici della storica pace in Mozambico, dove ha trascorso lunghi mesi per cercare di mettere d'accordo le parti, poi firmata a Roma nel 1992 dopo sedici anni di guerra civile. Fu insomma, con il vice ministro degli esteri italiano Mario Raffaelli, tra coloro che, dietro le quinte, si spesero con pazienza e molto coraggio per riannodare i fili della riconciliazione tra il governo della FRELIMO e la guerriglia della RENAMO. Un'esperienza che ha segnato per sempre il suo approccio, fatto di ascolto e prossimità. Non a caso, quando Papa Francesco ha cercato una figura credibile per tentare una via diplomatica verso la pace in Ucraina, ha pensato proprio a lui. Nel 2023, infatti, Zuppi è stato incaricato dal Pontefice di una difficile missione di pace tra Kiev, Mosca, Washington e Pechino. Ha incontrato il presidente Zelensky, poi è volato a Mosca per avviare trattative per la tutela degli orfani, a Washington e a Pechino. In ogni tappa ha ribadito che non portava soluzioni politiche, ma la volontà della Chiesa di sostenere ogni spiraglio di pace, e di consolare e risanare ogni umanità ferita. Arcivescovo e Cardinale Nel 2015, Francesco lo nomina arcivescovo di Bologna. E nel 2019 lo crea cardinale. A Bologna, però, Zuppi non cambia stile. Rinuncia a vivere nel palazzo episcopale per abitare in una casa con 25 preti anziani. Pranza con loro, condivide la vita quotidiana, ascolta le loro storie. Si muove in bicicletta (qualche volta anche contromano, ignorando che l'indulto su questa infrazione previsto dal vecchio codice della strada è ormai cassato e inapplicabile), celebra nelle parrocchie, incontra i giovani, i senza tetto, le famiglie in difficoltà. Quando può, torna a Roma, non per ricevere onorificenze, ma per incontrare "i suoi" nei quartieri dove ha vissuto e che non ha mai abbandonato nel cuore. Presidente della Cei Nel 2022 è stato eletto presidente della Cei, la Conferenza episcopale italiana: un riconoscimento della fiducia dei vescovi italiani e, al tempo stesso, una scelta che proietta la Chiesa italiana su un sentiero di maggiore ascolto, prossimità e impegno sociale. Zuppi non ama i riflettori, ma parla con efficacia. Le sue omelie sono semplici, evangeliche, mai banali. Parla dei poveri, della pace, della giustizia, della Chiesa come "ospedale da campo". È un cardinale atipico, che vive con l'intensità del parroco di borgata. E forse proprio per questo è uno degli interpreti più autentici della visione di Chiesa di Papa Francesco. Anche per Zuppi, la Chiesa deve abitare le periferie non per strategia, ma per fedeltà al Vangelo. E costruire la pace, anche nei contesti più complessi, è parte integrante della sua missione. Con un sorriso pacato e una determinazione incrollabile, continua a camminare dove molti non osano, convinto che la fede si misura nei gesti concreti, non nelle cariche. Come ha detto una volta: "Dove c'è l'uomo, c'è la Chiesa. E dove c'è sofferenza, lì deve essere il Vangelo". Impegno Sociale Tanto che con la Cei ha voluto finanziare alcune missioni della ONG mediterranea per salvare migranti naufragati nel Mediterraneo. Per il cardinale Zuppi, del resto, l'accoglienza dei migranti non è una posizione politica, ma una conseguenza inevitabile del Vangelo. In un'epoca segnata da chiusure, paure e retoriche securitarie, la voce del presidente della Conferenza episcopale italiana risuona chiara e spesso controcorrente: "Non si può essere cristiani e restare indifferenti davanti a chi bussa alle nostre porte". La sua storia personale parla da sola. Accoglienza e Integrazione Zuppi non è un pastore da scrivania, ma un uomo che ha condiviso la strada con gli ultimi. Da giovane prete a Roma ha conosciuto da vicino le sofferenze di chi vive ai margini, e ha fatto del dialogo e dell'incontro con l'altro il cuore della sua missione. La sua lunga militanza nella Comunità di Sant'Egidio, una realtà profondamente impegnata nell'accoglienza e nell'integrazione dei migranti, lo ha reso un testimone credibile di un altro modo di pensare l'Europa e l'Italia: non come fortezze da difendere, ma come case da aprire. In merito Zuppi ha pronunciato parole chiare: "I migranti non sono numeri, ma volti, nomi, storie. La loro sofferenza ci interroga e ci riguarda". E coerentemente ha favorito la nascita di corridoi umanitari, sostenuto l'apertura di strutture di accoglienza e partecipato personalmente a incontri con rifugiati, famiglie in difficoltà e volontari. "L'accoglienza non è un lusso - ha detto più volte - ma una necessità umana e cristiana". Nel 2022, da presidente della Cei, ha rilanciato con forza l'impegno della Chiesa italiana per i migranti, sostenendo iniziative concrete come il progetto "Protetto. Rifugiato a casa mia", in collaborazione con Caritas, e difendendo i corridoi umanitari come alternativa alle morti nel Mediterraneo. In un tempo in cui anche parte dell'opinione pubblica cattolica sembra oscillare tra generosità e paura, Zuppi ha scelto di non cedere a compromessi: "Non possiamo chiudere il cuore. Non possiamo scegliere chi amare. Non possiamo dimenticare che anche Gesù è stato un profugo". La sua attenzione si estende anche alle cause profonde delle migrazioni. Come mediatore di pace in Africa e poi inviato speciale del Papa per l'Ucraina, Zuppi sa che guerre, povertà e cambiamenti climatici sono all'origine di molte fughe. Per questo, ogni sua riflessione sull'accoglienza è anche un invito alla giustizia globale, alla solidarietà tra i popoli, alla costruzione di un mondo dove nessuno sia costretto a partire per sopravvivere. Non sono mancate, in questi anni, critiche e polemiche. Ma Zuppi ha sempre risposto con la calma di chi non parla per ideologia, ma per rendere testimonianza. Ai timori ha contrapposto la speranza. Alla paura, la fede. Alla chiusura, il Vangelo. "I migranti - ha detto una volta - ci chiedono di uscire da noi stessi, di cambiare sguardo, di tornare umani. E la Chiesa deve essere la prima a dare l'esempio". Nel cuore di Zuppi, la Chiesa non è un rifugio per pochi, ma una casa aperta per tutti. E accogliere il migrante, ieri come oggi, è accogliere Cristo stesso. In merito Zuppi ha pronunciato parole chiare: "I migranti non sono numeri, ma volti, nomi, storie. La loro sofferenza ci interroga e ci riguarda". E coerentemente ha favorito la nascita di corridoi umanitari, sostenuto l'apertura di strutture di accoglienza e partecipato personalmente a incontri con rifugiati, famiglie in difficoltà e volontari. "L'accoglienza non è un lusso - ha detto più volte - ma una necessità umana e cristiana". Impegno della Chiesa Nel 2022, da presidente della Cei, ha rilanciato con forza l'impegno della Chiesa italiana per i migranti, sostenendo iniziative concrete come il progetto "Protetto. Rifugiato a casa mia", in collaborazione con Caritas, e difendendo i corridoi umanitari come alternativa alle morti nel Mediterraneo. In un tempo in cui anche parte dell'opinione pubblica cattolica sembra oscillare tra generosità e paura, Zuppi ha scelto di non cedere a compromessi: "Non possiamo chiudere il cuore. Non possiamo scegliere chi amare. Non possiamo dimenticare che anche Gesù è stato un profugo". Cause delle Migrazioni La sua attenzione si estende anche alle cause profonde delle migrazioni. Come mediatore di pace in Africa e poi inviato speciale del Papa per l'Ucraina, Zuppi sa che guerre, povertà e cambiamenti climatici sono all'origine di molte fughe. Per questo, ogni sua riflessione sull'accoglienza è anche un invito alla giustizia globale, alla solidarietà tra i popoli, alla costruzione di un mondo dove nessuno sia costretto a partire per sopravvivere. Risposta alle Critiche Non sono mancate, in questi anni, critiche e polemiche. Ma Zuppi ha sempre risposto con la calma di chi non parla per ideologia, ma per rendere testimonianza. Ai timori ha contrapposto la speranza. Alla paura, la fede. Alla chiusura, il Vangelo. "I migranti - ha detto una volta - ci chiedono di uscire da noi stessi, di cambiare sguardo, di tornare umani. E la Chiesa deve essere la prima a dare l'esempio". Nel cuore di Zuppi, la Chiesa non è un rifugio per pochi, ma una casa aperta per tutti. E accogliere il migrante, ieri come oggi, è accogliere Cristo stesso.
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