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Netanyahu parla all'Onu: "Israele deve finire il lavoro a Gaza". Poi l'appello ad Hamas: L...
Ieri 26-09-25, 17:54
AGI - È la giornata di Benjamin Netanyahu al Palazzo di Vetro: il suo show risuona nella sala dell'Assemblea generale dell'Onu e nei televisori di mezzo mondo, compresa la Striscia di Gaza dove il suo "finiremo il lavoro" arriva via sms ai palestinesi e attraverso gli altoparlanti posizionati stamane nell'enclave, tra le accuse di megalomania e i rischi corsi dai soldati. Dal podio, davanti a decine di sedie lasciate vuote dai delegati che si sono alzati tra fischi e applausi prima che prendesse la parola, il premier israeliano ha sciorinato il suo repertorio, in una 'lista della spesa' di avversari eliminati, minacce sventate, promesse mantenute e sogni realizzabili. In cima all'elenco dei nemici, c'è "l'Iran e il suo asse del terrore" che "minacciava la stabilità della nostra regione, l'esistenza stessa del mio Paese" e "la pace del mondo intero". Contro la Repubblica islamica Israele, insieme agli Stati Uniti, ha agito e vinto, ha continuato Netanyahu, ringraziando il presidente Usa Donald Trump per la sua "azione coraggiosa e decisa" al fianco dello Stato ebraico contro la minaccia nucleare e missilistica di Teheran. "Trump e io abbiamo promesso che impediremo all'Iran di sviluppare l'arma nucleare e lo manterremo". Ma "dobbiamo rimanere vigili" e "non permettere all'Iran di ricostruire la sua capacita' nucleare militare", ha aggiunto, esortando il Consiglio di Sicurezza a ripristinare le sanzioni. In un discorso punteggiato da qualche grido di protesta di familiari degli ostaggi e molti applausi, il premier con una certa rudezza e tracotanza ha presentato i propri successi dell'ultimo anno: "Abbiamo devastato il programma iraniano di armi atomiche e missili balistici. Metà della leadership degli Houthi in Yemen è andata. (La dirigenza di Hamas) a Gaza, andata. Hassan Nasrallah in Libano, andato. Il regime di Assad in Siria, andato. Le milizie in Iraq, sono state scoraggiate. E i massimi comandanti militari dell'Iran e gli scienziati nucleari, andati anche loro". Ma c'è anche spazio per guardare al futuro: in primis gli Accordi Abramo, che porterebbero enormi benefici se venissero allargati anche ad altri attori regionali, ma anche Siria e Libano, con i quali si potrebbe arrivare alla pace ora che la situazione è cambiata. "Abbiamo avviato negoziati seri con il nuovo governo" di Damasco e "credo che si possa raggiungere un accordo che rispetti la sovranità della Siria e protegga sia la sicurezza israeliana sia le minoranze nella regione, inclusa quella drusa", ha ricordato Netanyahu. Quanto a Beirut, se prosegue negli sforzi di "disarmare Hezbollah, possiamo raggiungere una pace sostenibile". Un messaggio chiaro per i suoi avversari ma anche per i suoi alleati e, non ultimo, per i suoi concittadini, una parte dei quali da mesi protesta contro il governo e la sua azione di sabotaggio dei negoziati per un accordo che metta fine alla guerra di Gaza e riporti a casa gli ostaggi. E proprio ai rapiti ancora nelle mani di Hamas nella Striscia Netanyahu si è rivolto, prima in ebraico e poi in inglese. "Voglio parlare agli ostaggi, ho fatto piazzare altoparlanti intorno a Gaza cosi' sentiranno il mio messaggio: non vi abbiamo dimenticato, non riposeremo finché non vi avremo riportato a casa". E per ricordare a tutti le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre, il premier si è presentato sul palco con un qr code sul bavero della giacca, che rimanda a un sito web con la documentazione del massacro e che, ha detto, spiega "perche' combattiamo e dobbiamo vincere". Guardando proprio alla Striscia, Netanyahu ha sottolineato che Israele "non ha ancora finito il lavoro" ma "deve finirlo il più velocemente possibile". "Ci sono ancora resti (delle milizie) di Hamas a Gaza City", dove l'Idf sta portando avanti da dieci giorni una controversa operazione di terra, supportata da intensi bombardamenti, che ha costretto finora oltre 700mila palestinesi a fuggire verso sud. Quanto alle accuse di genocidio e di affamare la popolazione della Striscia, Netanyahu ha negato entrambe, sostenendo che Israele fa di tutto per risparmiare i civili, avvertendoli ed esortandoli a fuggire, e si prodiga per far entrare il cibo che "Hamas ruba". Se il gruppo militante islamista è il male, non è meglio la "moderata Autorità nazionale palestinese", "corrotta fino al midollo", ha continuato Netanyahu, citando il programma di assistenza finanziaria agli attentatori e i libri scolastici come quelli di Hamas che insegnano a odiare gli ebrei. Della sua riforma ne "abbiamo sentito parlare per decenni", ha aggiunto. Ma tra i destinatari dello show, e degli strali del premier israeliano, ci sono anche i diversi Paesi occidentali - a cominciare da Francia, Regno Unito, Canada e Australia - che nei giorni scorsi hanno riconosciuto ufficialmente uno Stato di Palestina. "Pura follia", "hanno premiato i peggiori antisemiti del mondo", una ricompensa dopo "gli orrori commessi da Hamas il 7 ottobre" ed "elogiati quel giorno da quasi il 90% della popolazione palestinese", ha accusato Netanyahu. "Il 90% ha sostenuto quell'attacco", ha scandito dal palco, sostenendo che "i palestinesi non sono interessati alla soluzione dei due Stati". "Avevano uno Stato a Gaza e ci hanno attaccato ripetutamente, trasformandolo in una base terroristica". Nel suo cahiers de doleances, Netanyahu ha accusato i Paesi occidentali di ipocrisia - "molti dei leader che ci condannano pubblicamente, in privato ci ringraziano" - di debolezza e di aver "ceduto alla pressione di media di parte" e di "folle antisemite". Contro l'isolamento internazionale che si fa sempre più sentire - il discorso di Netanyahu della settimana scorsa su Israele come super-Sparta sulla via dell'autarchia ha fatto imbizzarrire i mercati e messo in allarme la comunità finanziaria e tecnologica, oltre quella politica - il leader israeliano ha puntato il dito contro la comunità internazionale e le sue condanne e sanzioni, gli embarghi e la "guerra giudiziaria". "Non vi permetteremo di imporci uno Stato terroristico", ha assicurato, paragonando uno Stato palestinese a una ricompensa ad Hamas dopo il 7 ottobre come sarebbe stato per al-Qaeda dopo l'11 settembre. E non è stato l'unico rimando alla tragedia delle Torri Gemelle. Netanyahu ha fatto anche un altro parallelo del 7 ottobre negli Usa, in termini numerici di vittime e ostaggi, rivendicando la risposta che "qualsiasi Paese avrebbe dato". Rimandi storici che nella sua intenzione devono risuonare alle orecchie che gli interessano maggiormente, quelle di Trump. In vista del loro faccia a faccia di lunedì prossimo, il quarto, ieri il capo della Casa Bianca ha spento i bollori del premier, dichiarando che non permetterà l'annessione della Cisgiordania. Una frase netta che in Israele ha suscitato l'ira della destra, dei coloni e degli ultra-nazionalisti messianici, che hanno esortato il premier a proseguire nell'applicazione della sovranità ai Territori occupati, nonostante la contrarietà di un "caro amico". E proprio per disinnescare le accuse di essere ostaggio dell'estrema destra in patria, nel suo discorso all'Assemblea generale Netanyahu ha sottolineato di parlare "non solo a nome del governo, ma a nome di tutto il popolo di Israele". A riprova, ha citato il voto alla Knesset nel luglio 2024 quando a larga maggioranza i deputati approvarono una risoluzione contro la creazione di uno Stato palestinese. "Non è semplicemente la mia politica o la politica del mio governo. È la politica dello Stato di Israele".
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