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Estero
Quando i re "scartavano" i papi: nel 1903 ultimo veto
Oggi 06-05-25, 12:52
AGI - Da sempre, praticamente dalla nascita del cattolicesimo come religione di Stato con Costantino, i sovrani vogliono ingerire sulle cose ecclesiastiche, a partire dalla questione più importante, la scelta del Papa. Sovrano temporale fino al 1870 ma soprattutto capo spirituale di un immenso gregge di fedeli, unico principe a non esserlo per eredità dinastica ma per elezione, seppur mediata dallo Spirito Santo, a ogni Conclave della storia i potenti del tempo hanno voluto interferire, spesso riuscendoci. Si è parlato molto anche in questi giorni delle presunte ingerenze del presidente francese Macron, sollevando un nugolo di polemiche. Ma non tutti sanno che per secoli è effettivamente esistito lo 'Ius exclusivae', ossia il diritto di veto con cui un sovrano cattolico (spesso, guardacaso, proprio i re di Francia) poteva segnalare ai cardinali che quel determinato papabile non era opportuno salisse al Soglio. Una storia millenaria: è nel 964 che Ottone I, sacro romano imperatore di origine tedesca, potentissimo restauratore di un'impero carolingio a forte trazione mitteleuropea, si fa attribuire da papa Leone VIII il diritto di approvare o meno la scelta del pontefice, che avrebbe dovuto poi giurare fedeltà all'imperatore. Proprio come i primi papi dell'età costantiniana. Da allora il veto è stato esercitato più volte nel corso della storia dai re di Francia, di Spagna, dai sacri romani imperatori e dagli imperatori d'Austria contro papabili a loro sgraditi, spesso attraverso i cardinali della corona. Che erano i porporati che tradizionalmente, dal XIII secolo, venivano nominati si' dal Papa, ma su "suggerimento" del sovrano. Erano loro che, in Conclave, dovevano eventualmente riferire il "niet" del signore a un cardinale sgradito. Alzandosi, il cardinale della corona esordiva con la frase in latino "Honori mihi duco...", ossia "mi faccio onore di", e poi riferiva del veto del sovrano. Non c'era un obbligo canonico, ma praticamente sempre i cardinali elettori ne tenevano conto. In questo modo, ad esempio, la Spagna oppose il veto contro un cardinale per la prima volta nel 1605. E ancora nel 1644, nel Conclave che elesse papa Innocenzo X Pamphilj, la Spagna pose il veto contro il cardinale Giulio Cesare Sacchetti. In quel caso addirittura fu una corsa contro il tempo proprio con la Francia: il potente cardinale Giulio Mazzarino quella volta arrivò troppo tardi per annunciare il veto di Parigi contro Pamphilj, poiché era già stato eletto papa. E ancora, nel Conclave del 1700 Luigi XIV di Francia pose il veto contro il cardinale Galeazzo Marescotti. Nel 1721 Filippo V di Spagna "bocciò" il cardinale Francesco Pignatelli, e nel 1740 il cardinale Pier Marcellino Corradini. Nel Conclave traumatico e post-invasione francese del 1799-1800 addirittura doppio veto, di Francesco II d'Asburgo-Lorena contro tutti i cardinali di Francia, Spagna, Napoli, Genova e Regno di Sardegna; e di Carlo IV di Spagna contro il cardinale Alessandro Mattei. L'ultimo, celebre episodio risale al secolo scorso, nel 1903, quando al Conclave chiamato a scegliere il successore di Leone XIII fece rumore il veto di Francesco Giuseppe d'Austria contro il cardinale Mariano Rampolla, favoritissimo, ma ritenuto troppo filo-francese. Come nel medioevo, mentre le prime automobili correvano per Roma e si giravano già i primi film, si alzò in piedi il cardinale della corona austriaco Jan Puzyna, con la formula desueta: "Mi faccio onore" di riferire e dichiarare ufficialmente, "in nome e per l'autorità di Francesco Giuseppe, Imperatore d'Austria e Re d'Ungheria che, Sua Maestà Apostolica, intendendo di usare di un diritto e di un antico privilegio, pronuncia il veto d'esclusione contro l'Eminentissimo Signor Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro". I porporati rimasero di stucco ("un episodio disgustoso", commentò il cardinal Ferrari), ma alla fine in qualche modo l'ultimo veto funzionò, nessuno se la senti' di contrariare il vegliardo imperatore e il nuovo papa fu il cardinal Sarto, Pio X. Fu l'episodio finale: tra i primi atti del nuovo Papa fu l'istituzione di una commissione che, pochi mesi dopo, elaborò la costituzione apostolica Commissum Nobis che proibiva espressamente il diritto di veto in tutte le sue forme. Da allora, i potenti del mondo non hanno mai rinunciato a forme di 'moral suasion' tramite i cardinali del loro Paese, ma non si ricorda nell'ultimo secolo un'ingerenza cosi' forte dei poteri temporali: la scelta del Papa è tornata a essere, come nei primi cenacoli cristiani, una faccenda tra la comunità dei credenti e lo Spirito Santo.
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