s

Cultura e Spettacolo
Rapsodia della vibrazione che unisce musica colta e popolare
Ieri 26-09-25, 18:43
AGI - Raccontare storia e significati di un suono. Lo scrittore e giornalista Francesco Palmieri è appena tornato in libreria per cimentarsi in questa impresa con ‘Elogio del mandolino’ (Langella), breve, ma corposo (e ‘stiloso’) tributo agli echi che questo strumento così simbolico ha fatto e continua a far risuonare sia nella cultura musicale folkloristica di nicchia che in quella classica e mainstream, oltre che nel costume. L’AGI l’ha incontrato per sapere di più di questo suo nuovo e originale lavoro. Quando nasce il mandolino e perché rappresenta il suono di Napoli? Questo strumento vanta una lunga storia e una letteratura originale, oggetto di riscoperte anche recenti. Limitandomi ad alcuni tra gli autori più famosi che hanno scritto per mandolino, cito Vivaldi, Paganini, Hummel, Beethoven, Chailly, ma vorrei ricordare anche la serenata del ‘Don Giovanni’ di Mozart e la Sinfonia n. 7 di Mahler. Oltretutto il mandolino è il re delle orchestre a plettro, che fiorirono numerose tra Ottocento e Novecento e rifioriscono adesso con l’apporto di nuovi compositori e la possibilità di arricchire il repertorio con tanta musica trascritta, perché lo strumento è accordato per quinte come il violino e suona nella stessa chiave. Al contempo, il mandolino ha mantenuto e sviluppato una natura popolare così forte da connotarlo più di quella colta. Quando il maestro Vessicchio dice che il suo suono rappresenta Napoli rievoca il contributo del mandolino all’ambiente emozionale urbano con ‘postegge e serenate, oltre che il suo ruolo fondamentale nella canzone classica partenopea: un patrimonio alimentato da musicisti eruditissimi quali Tosti, Costa e Denza, ma anche da talentuosi compositori a orecchio. Si può dire che Napoli abbia adottato amorosamente il mandolino offrendogli il miglior ‘ecosistema’, sebbene moltissime città, in Italia e all’estero, abbiano prodotto circoli e concertisti. Inoltre a Napoli operarono importanti liutai capaci di contribuire all’evoluzione tecnica dello strumento, come la famiglia Vinaccia e Raffaele Calace, anche straordinario compositore. Come è nata l’idea di dedicare un libro a questo strumento? Ho deciso di farlo per due ragioni. La prima legata allo stupore di accorgermi che malgrado esistessero ottimi manuali didattici, antichi e recenti, mancavano testi in lingua italiana in cui si raccontasse il mandolino al pubblico generalista. Mi è parso curioso che uno strumento così spesso citato, anche in termini denigratori, come un topos oleografico, in binomio con la pizza, non avesse ispirato una specifica narrazione - a differenza del prodotto più famoso della nostra cucina. La seconda ragione deriva dalla prima: ho voluto provvedere i lettori di argomenti per controbattere quella retorica negativa, che ha ingenerato quasi un complesso di colpa. Molti italiani si offendono se associati al mandolino, ma è il Giappone il paese con più cultori al mondo dello strumento, mentre in Europa primeggia la Germania. Il discorso vale, ovviamente, per molti napoletani, eppure nell’istituzione di una cattedra di mandolino in Conservatorio Napoli fu storicamente preceduta prima da Padova e poi da L’Aquila. Nel frattempo, col passare degli anni si potrebbe pensare che il luogo comune sul mandolino oleografico sia stato accantonato, poi arriva puntualmente qualcuno a riesumarlo. Le sciocchezze si perpetuano per automatismo. Che tipo di analisi storico sociologica ha voluto realizzare con questo testo? Ho raccolto tracce dello strumento in letteratura, cinema, teatro e pittura, stimolato da una esperienza personale nel più antico circolo mandolinistico romano in attività, il ‘Costantino Bertucci’, dove ho avuto la fortuna di conoscere musicisti appassionati e preparatissimi. Alla fine ho selezionato gli appunti che più mi parevano utili a confezionare un testo che non vuol essere un lavoro musicologico. Piuttosto, un’affettuosa rapsodia. In che senso quella del mandolino può definirsi una cultura e come si interseca con quella ‘ufficiale’? È una cultura che s’intreccia sia alla storia della musica che a quella del costume. I mandolini hanno trovato posto nelle sale da concerto come nelle botteghe dei barbieri, dove un tempo si coltivava la musica attiva dei ceti popolari. A Napoli, a Cagliari, in Sicilia, le barberie furono ambienti fertili per la crescita di artisti che sarebbero diventati famosi come Pippo Anedda, il più grande mandolinista del secolo scorso. O E. A. Mario, che aveva imparato a suonare il mandolino da autodidatta nella barberia del padre, per poi comporre innumerevoli canzoni di successo, compresa la celeberrima ‘Leggenda del Piave’, con questo strumento. Ma la fortuna culturale del mandolino è universale, come testimoniano le stesse citazioni che ho apposto in esergo al libro, relative a tre autori diversissimi: Giuseppe Ungaretti, T. S. Eliot e Matilde Serao. Se però dovessi assegnare un posto d’onore spetterebbe a Giuseppe Marotta, che evocava il mandolino con la sensibilità di chi sapeva anche suonarlo. Come si collega questo testo con il suo ‘Il libro napoletano dei morti’ (Mondadori 2021, Colonnese 2024)? Ho raccontato ne ‘Il libro napoletano dei morti’ la passione per il mandolino del più famoso guappo di Napoli, Teofilo Sperino. Immaginare che le sue mani impugnassero con la stessa disinvoltura plettro e coltello disorienta, ma forse quest’idea di incompatibilità nasce da un pregiudizio perbenista. I due libri condividono comunque alcune considerazioni sulle vicende seguite all’unità d’Italia: non bisogna essere borbonici per convenire sull’evidenza del fatto che il processo di formazione nazionale doveva essere realizzato meglio. Fu, forse, anche per porvi rimedio che alcuni anni dopo il personaggio sabaudo più popolare, la regina Margherita, da assidua cultrice di mandolino divenne una sorta di madrina delle orchestre a plettro in tutta la penisola. E a Napoli le dedicarono anche la pizza che porta il suo nome. Pizza & mandolino, riemerge l’immancabile binomio…
CONTINUA A LEGGERE
2
0
0
Guarda anche
Il Fatto Quotidiano

Secondo me stasera il Napoli non vince (ma non mi mandate gli accidenti)!
Sky Sport 24

Scoprite cos'è il '#1 pick pack'
Agi
Ieri, 23:24
Corte Suprema: "Trump non è obbligato a spendere fondi Aid"
Agi
Ieri, 20:52