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Estero
Rientrano in Italia cinque italiani travolti dalla valanga in Nepal, sospese le ricerche d...
Oggi 09-11-25, 14:43
AGI - Tre alpinisti morti, Alessandro Caputo, Stefano Farronato e Paolo Cocco, due ufficialmente dispersi dopo essere stati inghiottiti dalla valanga, Marco Di Marcello e Markus Kirchler, e cinque escursionisti del Comasco già ripartiti per l'Italia, dopo che erano stati dati erroneamente per dispersi mentre si trovavano in un'area senza copertura telefonica. È questa la situazione in Nepal per quanto riguarda gli italiani, dopo l'allarme per le due valanghe che tra il 31 ottobre e il 3 novembre si sono staccate in aree diverse dell'Himalaya. Le salme di Caputo e Farronato, morti su Panbari Himal, e di Cocco, deceduto sullo Yalung Ri, si trovano a Kathmandu in attesa del rimpatrio in Italia. Restano dispersi - fino a quando non si trovano i corpi non possono essere dichiarati ufficialmente 'morti' - il 37enne abruzzese Marco Di Marcello e il 29enne altoatesino Markus Kirchler, sepolti sotto la spessa coltre nevosa sullo Yalung Ri. Come hanno ribadito anche oggi i soccorritori all'AGI, "non c'è più nessuna persona impegnata nelle ricerche". Dispersi dopo essere stati travolti dalla stessa valanga con fronte 210-220 metri anche il tedesco Jakob Schreiber e i nepalesi Mere Karki e Padam Tamang. Interruzione delle ricerche e difficoltà operative Le attività di ricerca sullo Yalung Ri sono state interrotte a causa di un manto nevoso eccessivamente spesso e compatto che ha reso impossibile sondare e spalare nell'area interessata dalla valanga. Il pendio nevoso, inoltre, poggia su un ghiacciaio pieno di crepacci, condizione che, come hanno precisato i soccorritori, "ha ulteriormente limitato la possibilità di proseguire le manovre di ricerca". Le future operazioni di recupero, in una stagione in cui il manto nevoso potrebbe diminuire (estate prossima), dovrà comunque tenere attentamente conto dell'evoluzione delle precipitazioni e dell'analisi del ghiacciaio. Infatti, se dovesse cadere una nuova valanga, il ritrovamento degli alpinisti diventerebbe quasi impossibile perché la neve andrebbe a compattarsi ulteriormente; contrariamente, con lo scioglimento della neve sarebbe più semplice il recupero dei resti. L'operazione di salvataggio è stata condotta da AviA MEA-International Rescue Team - Manuel Munari (pilota), Michele Cucchi e Bruno Jelk (soccorritori e guide alpine d'alta quota) - e ha riguardato un'area a 5.420 metri in complesse condizioni operative e ambientali. Il campo base operativo, da cui partiva il personale e dove sono stati organizzati materiali e logistica, è stato allestito nel villaggio di Na. Il team ha potuto contare su una connessione satellitare Starlink che ha permesso un coordinamento costante con i team di supporto a Kathmandu, in Italia e in Svizzera, garantendo la gestione in tempo reale delle informazioni operative e meteo. Nel villaggio di Na era situato il punto di appoggio e decollo dei due elicotteri utilizzati (Simrik Air ed Heli Everest), compreso il rifornimento di carburante. Alpinisti 'sepolti' sulle vette dell'Himalaya e Karakorum Sono diverse decine gli alpinisti che 'riposano' sulle pendici delle vette di Himalaya e Karakorum, le più belle e spettacolari della Terra, ma anche le più difficili. Il corpo di Guenther Messner, fratello minore di Reinhold, morto il 29 giugno del 1970 sul Nanga Parbat, fu recuperato nel 2005 sulla parete Diamir. Non è mai più stato ritrovato il corpo di Karl Unterkircher, forte alpinista altoatesino deceduto il 15 luglio 2008 dopo essere precipitato in un crepaccio durante la scalata lungo la parete Rakhiot del Nanga Parbat. In quella missione si salvò Walter Nones, morto due anni dopo, il 3 ottobre 2010, sul Cho Oyu (il suo corpo venne recuperato). I corpi senza vita di Daniele Nardi, alpinista di Sezze, e Tom Ballard, si trovano dal 25 febbraio del 2019 sulla parete Diamir del Nanga Parbat: impossibile recuperarli. Più recentemente la tragedia di Luca Sinigaglia: la salma dell'alpinista lombardo, morto il 15 agosto scorso sul Pik Pobeda causa edema cerebrale dopo aver portato i primi aiuti alla collega russa Natalia Nagovitsina, a sua volta morta, non è stata ancora recuperata.
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