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Estero
Trump-Xi, resa dei conti su dazi e terre rare
Oggi 29-10-25, 16:16
AGI - L'appuntamento è a Gyeongju, in Corea del Sud. È lì che domani il presidente americano, Donald Trump, e il suo omologo cinese, Xi Jinping, torneranno a vedersi per la prima volta dal 2019. Ed è lì che potrebbero essere ridisegnati i rapporti economici tra le due superpotenze e di fatto gli equilibri geopolitici mondiali. Dopo qualche tira e molla, con la minaccia di Trump di non vedere più Xi, il colloquio è stato confermato dallo stesso presidente americano. In agenda ci sono dazi, tecnologia e materie prime critiche, ma soprattutto una svolta strategica: la possibilità di chiudere un ciclo di tensioni che dura ormai da sette anni. Possibilità e tutt'altro che certezza, viste le oscillazioni che i rapporti tra Washington e Pechino hanno avuto anche di recente. Ultimo atto, il 10 ottobre, quando Trump ha minacciato su Truth ulteriori dazi del 100% sulla Cina a partire dal primo di novembre. A scatenare la reazione degli Usa, la stretta di Pechino sulle esportazioni di minerali rari. Un atto definito "molto ostile" dal presidente americano. Trump e la guerra commerciale: nuove tariffe strategiche Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno inasprito le tariffe doganali contro la Cina e riaperto così un fronte che la Fase 1 dell'accordo commerciale del 2020 tra Washington e Pechino aveva solo temporaneamente congelato. Le nuove misure, hanno colpito in particolare i settori più strategici per l'economia cinese e per la transizione energetica: aliquote del 100% per veicoli elettrici i dazi per scoraggiare l'importazione di modelli cinesi a basso costo; 50% su batterie e componenti al litio, e su pannelli solari; 25% su acciaio e alluminio speciali, tungsteno e polisilicio. I rincari si sommano ai dazi introdotti a partire dal 2018, quando la prima amministrazione Trump aveva imposto dazi del 25% su centinaia di miliardi di dollari di prodotti cinesi, e aperto la più ampia guerra commerciale degli ultimi decenni. A oggi, esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti per oltre 370 miliardi di dollari restano soggette a dazi punitivi, nonostante alcune esenzioni prorogate fino a maggio 2025. L'agenda di Washington: verso un accordo "tregua" Cosa potrebbe uscire dunque domani nell'incontro tra Trump e Xi? Secondo fonti diplomatiche, Washington punta a un accordo "tregua" che preveda: una riduzione selettiva dei dazi su beni di consumo e componenti industriali, impegni cinesi su acquisti agricoli (soia, mais, carne bovina), e un dialogo più aperto su proprietà intellettuale e tecnologia. Le richieste di Pechino: semiconduttori e tariffe La Cina, invece, dovrebbe chiedere la rimozione delle tariffe doganali più alte e un alleggerimento dei controlli statunitensi sull'export di semiconduttori, batterie e macchinari avanzati. I temi chiave del vertice Terre rare È un settore strategico dominato dalla Cina, che controlla il 70% della raffinazione mondiale, essenziale per la produzione nel settore della difesa, delle automobili e dell'elettronica di consumo. Pechino ha imposto restrizioni radicali sulle esportazioni di materiali e tecnologie correlate. Dazi Trump ha rapidamente annunciato dazi del 100% su tutti i beni cinesi, che dovrebbero entrare in vigore sabato. Ma il presidente americano ha ammorbidito la sua retorica e si è mostrato ottimista su un accordo. Gli investitori sperano in un segnale di distensione, anche se nessuno si aspetta un accordo ampio. Una semplice dichiarazione congiunta che impegni i due Paesi a congelare nuovi aumenti sarebbe già considerata un passo avanti. Un'intesa più ampia che riduca parte dei dazi e garantisca canali di dialogo permanenti potrebbe invece rilanciare la fiducia dei mercati globali e ridare ossigeno alle catene di approvvigionamento, oggi sotto stress per l'aumento dei costi e le tensioni geopolitiche. Fentanyl Gli Usa accusano Pechino di non fare abbastanza per fermare il traffico di fentanyl e altri oppioidi destinati al mercato americano, e per punizione a marzo hanno imposto dazi del 20% sulle merci cinesi. Pechino ha respinto le accuse, assicurato massima collaborazione ma anche avvertito che non saranno dazi a risolvere il problema del narcotraffico. Soia Pechino si è vendicata dei dazi sul fentanyl con prelievi sui prodotti agricoli americani, compresa la soia. Oltre la metà della soia prodotta negli Stati Uniti è stata esportata in Cina l'anno scorso, ma Pechino ha interrotto tutti gli ordini quando la disputa commerciale ha preso piede. Lo scorso fine settimana ci sono stati colloqui preliminari in Malesia e Pechino, ha riferito il segretario al Tesoro americano Scott Bessent, accettato di tornare a comprare soia Usa. Ucraina Trump stesso ha preannunciato che intende parlarne a Xi, con la Cina che insiste a presentarsi come attore neutrale. Gli Stati Uniti hanno fatto pressione su Pechino, così come sull'India, affinché frenino gli acquisti di petrolio russo, che secondo Washington e Kiev finanziano la macchina da guerra di Mosca. Taiwan, Chip e AI: punti caldi geopolitici e tecnologici La sovranità totale sull'isola rivendicata da Pechino è stata a lungo una nota dolente nelle relazioni bilaterali. La Cina considera l'isola democratica autogovernata parte del suo territorio e non ha escluso l'uso della forza per portarla sotto il suo controllo. Washington non riconosce un'autonomia a Taipei, ma le fornisce armi per l'autodifesa. E il segretario di Stato Marco Rubio ha assicurato che non svenderà Taiwan in cambio di un accordo commerciale con la Cina. Ma Pechino pretenderebbe una dichiarazione esplicita che gli Stati Uniti si oppongono all'indipendenza di Taiwan. Chip e intelligenza artificiale. Pechino ha potenziato la sua industria dei chip per aggirare le restrizioni all'esportazione di Washington. Ieri l'amministratore delegato del gigante statunitense dei chip Nvidia, Jensen Huang, ha esortato Washington a consentire le vendite di chip alla Cina, così che la Silicon Valley possa restare una potenza globale dell'intelligenza artificiale. TikTok: sicurezza nazionale e futuro della piattaforma TikTok. In bilico c'è anche il destino della piattaforma di social media TikTok, le cui operazioni negli Stati Uniti Washington ha cercato di strappare dalle mani della società madre cinese ByteDance, citando preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Le aspettative per un accordo sono alte. Trump ha firmato un ordine esecutivo il mese scorso che ha messo TikTok americano sotto il controllo di un gruppo di investitori statunitensi, molti dei quali suoi alleati. A quanto annunciato da Bessent, l'intesa sarà ratificata domani.
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