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Estero
Un mese di Trump, ritmo record alla Casa Bianca
21-02-2025, 01:49
AGI - Un mese che sembra un anno, o forse due. Dal 20 gennaio 2025, giorno del suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump ha firmato più di cento atti esecutivi, alterando in modo significativo il panorama politico, economico, sociale interno e il quadro internazionale. Dalle espulsioni degli immigrati al licenziamento di massa dei dipendenti pubblici, dal congelamento di fondi ai dipartimenti alla proposta di trasferire due milioni di palestinesi da Gaza fino all'apertura a Vladimir Putin nel conflitto con l'Ucraina, Trump è riuscito a stravolgere il mondo, nonostante abbia messo in pratica quasi tutto quello che aveva promesso in campagna elettorale. Al momento il presidente ha firmato 73 ordini esecutivi, 23 proclamazioni e 12 memorandum. Trump ha firmato più provvedimenti nei primi dieci giorni, e nel suo primo mese alla Casa Bianca, di quanto abbia fatto qualsiasi suo predecessore nei primi cento giorni. Già nelle prime ore dal suo ritorno nello Studio Ovale il segnale era stato forte: Trump aveva firmato un numero record di ordini esecutivi, superando qualsiasi altro presidente nella storia americana. Molti di questi miravano a revocare le politiche di Joe Biden e a rafforzare il potere esecutivo. Un'analisi condotta dai media americani ha evidenziato come quasi due terzi delle sue iniziative sono state in linea con le proposte contenute in "Project 2025", il piano di transizione verso un governo autoritario sul modello russo. Ma a questo si è aggiunto il ruolo, sottostimato nei mesi precedenti, di Elon Musk, messo alla guida del nuovo dipartimento, il Doge, acronimo che sta per Dipartimento per l'efficienza governativa. Al miliardario sudafricano è stato affidato il compito di sforbiciare in modo netto le spese federali e mettere le mani nei dati privati di milioni di americani: Musk ha avviato licenziamenti di massa nei dipartimenti, congelato fondi, depotenziato agenzie e dipartimenti. In mezzo a questi provvedimenti, si è inserito l'ordine esecutivo con cui Trump ha abolito il diritto di cittadinanza per nascita, sancito dal 14esimo emendamento alla Costituzione. Il 29 gennaio il presidente ha firmato il "Laken Riley Act", dal nome di una giovane vittima di un immigrato illegale, che ha stabilito la linea dura nei confronti dei clandestini e la loro deportazione. Ma già da giorni sulle tv scorrevano le immagini dei raid e delle persone, in catene, messe sugli aerei e portate via. Sul fronte internazionale Trump ha lasciato ancora di più il segno: ha lanciato il protezionismo, annunciando, e poi congelando, l'imposizione di tariffe del 25 per cento su tutte le importazioni da Messico e Canada e del 10 per cento su quelle dalla Cina. Queste misure hanno provocato dure reazioni da parte dei Paesi colpiti. A questi si aggiungono la Groenlandia, che Trump vuole annettersi, nonostante sia un territorio autonomo che appartiene al Regno di Danimarca, le minacce a Panama di riprendersi il controllo del Canale e l'ordine esecutivo con cui il presidente ha cambiato nome al Golfo del Messico, ribattezzandolo Golfo d'America e chiedendo a tutto il mondo di adeguarsi, nonostante più di metà faccia parte del Messico. Ma è su Gaza e Ucraina che il presidente ha affondato il colpo, dando una scossa agli equilibri mondiali. In Medio Oriente Trump ha imposto una accelerazione alla soluzione del cessate il fuoco, ma allo stesso tempo messo in allarme i Paesi arabi, lanciando l'idea di un trasferimento forzato di due milioni di palestinesi dalla Striscia per fare di Gaza una meta turistica di lusso, una specie di nuova Riviera del Medio Oriente. L'obiettivo della proposta shock, secondo alcuni analisti che nelle ultime due settimane hanno scritto sui maggiori quotidiani americani, è anche quello di annettere a Israele la Cisgiordania, il vero obiettivo della destra guidata da Benjamin Netanyahu. Ma il progetto immobiliare resta molto concreto: il tycoon vuole mettere le mani sul piano della ricostruzione, e coinvolgere i suoi amici americani, il genero Jared Kushner, e gli arabi. Sull'Ucraina Trump ha ribaltato i tavoli e in modo veloce, in linea con i tempi trumpiani: ha imposto un'accelerazione ai negoziati e lanciato segnali di pace a Putin, gelando gli alleati europei, messi all'angolo. L'attacco lanciato da Trump al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, accusato di "aver cominciato la guerra", ha provocato la reazione contrariata persino di esponenti Repubblicani, che finora hanno appoggiato qualsiasi proposta e candidato del presidente. Ma il quadro, seppure nel pieno della sua incertezza, appare chiaro: con Trump sono cambiate le gerarchie, gli obiettivi, i nemici e le alleanze. Molto, per qualcuno troppo, in solo un mese di governo. Ma non se in quel governo c'è uno come Trump.
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