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Estero
Bongino, il vicedirettore dell'Fbi che doveva vendicare Trump e ora vacilla
Oggi 17-12-25, 09:54
Una volta tornato a Washington da presidente, Donald Trump aveva piani ben precisi per l’Fbi. Doveva diventare una sorta di “braccio vendicatore” del presidente con il quale perseguitare tutti coloro i quali, in un modo o nell’altro, hanno partecipato alla cosiddetta “caccia alle streghe” rappresentata dalle ben note vicende giudiziarie del triennio 2022-24. Per dirigere questa imponente operazione, nessun membro del cosiddetto Deep State come avrebbe potuto essere l’ex deputato repubblicano del Michigan Mike Rogers, uno dei papabili per succedere a James Comey nel 2017. No, ci voleva un “guerriero ideologico-culturale” come Kash Patel, proveniente dal mondo degli influencer trumpiani. Senza affiancamenti politici, per carità, che non si osi limitare la ritorsione trumpiana. E allora ecco Dan Bongino, un ex poliziotto della città di New York che diventa vicedirettore dell’Fbi, dopo una rapida carriera nel mondo dei podcast dove ne aveva uno incentrato sui complotti governativi e gli “insabbiamenti di Biden”, aveva nel mirino soprattutto l’Fbi, promettendo rivelazioni scottanti una volta arrivato ai vertici dell’organizzazione. E invece nulla. Un lungo articolo nelle scorse settimane pubblicato sul New York Post, quotidiano di area repubblicana, rivelava l’incompetenza di Patel e le sue abitudini spendaccione soprattutto per quanto riguarda l’uso di jet privati. Per quel che riguarda Bongino, invece, c’è un mix di incompetenza, scarso amore per il lavoro e passi falsi a ripetizione. Uno scoop del New York Sun, piccolo giornale online di stampo conservatore, ci rivela che la sua esperienza può essere alla fine. Ci sono alcuni indizi: il suo ufficio all’interno del bureau risulta vuoto e il suo capo di gabinetto, l’agente speciale Jimmy Paul, ha da poco assunto il ruolo di direttore della sede di Baltimora, in Maryland. E non è stato sostituito. Un altro report di Fox News ha rivelato che Bongino starebbe per prendere una decisione “importante”. Un primo segno che le cose non andassero bene era già emerso lo scorso maggio, quando in un’intervista televisiva aveva detto che il lavoro era assai sfibrante e non sopportava “le lunghe ore di ufficio” lontano dalla moglie. Il luglio successivo, era toccato proprio a lui fare una marcia indietro radicale sulla questione dei file legati al processo Epstein e alla sua presunta “lista di clienti”. Non era stato ucciso per “proteggere potenti élite”, come diceva nel suo podcast, ma si era suicidato, come avevano detto le indagini allora nel 2019, durante la prima presidenza di Donald Trump. Infine, a inizio mese l’arresto del presunto attentatore che il 6 gennaio 2021 avrebbe piazzato due bombe artigianali di fronte alle sedi nazionali del partito democratico e repubblicano, l’ha portato a rivelare al conduttore di Fox News Sean Hannity che le sue precedenti posizioni sulla cospirazione dell’Fbi che avrebbe piazzato i due ordigni in questione erano perché “interpretava un personaggio” ed era “pagato per avere tali posizioni” mentre adesso deve basare le indagini “sui fatti reali”. Il coronamento di dieci mesi in carica è stato poi punteggiato da due eventi che testimoniano la fiducia scarsa di cui godeva: dopo l’uscita mediatica di maggio, è circolato un report riservato redatto da alcuni ex agenti dell’Fbi dove si evidenziava la sua totale mancanza di nozioni sul funzionamento dell’agenzia e sulle voci che lo descrivevano come “una sorta di clown”. Ad agosto era stato nominato come co-vicedirettore Andrew Bailey, ex procuratore generale del Missouri, anche lui con un background da polemista trumpiano ma con qualche idea in più su come si gestisce una grande organizzazione. Bailey, infatti, è il nome che più ricorre a Washington come sostituto di Bongino qualora decida, com’è probabile, di gettare la spugna il prossimo gennaio. Una fine ingloriosa per chi annunciava a gennaio che avrebbe scoperto tutti i complotti del Deep State e si ritrova a dover fare le valigie prendendosi la colpa di scivoloni pesanti come quelli recenti riguardanti l’arresto del responsabile della recente sparatoria alla Brown University, prima annunciato trionfalmente per poi poche ore dopo annunciare che ci si era sbagliati. Una sintesi perfetta di un equivoco di questo trumpismo terminale: che la competenza non serva, se si serve adeguatamente il presidente in modo adulatorio.
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