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Sport
Dalle leggende ottocentesche all’irruzione del computer nel mondo degli scacchi
Oggi 23-06-25, 10:36
Gli scacchi stanno diventando un fenomeno di massa (e non hanno età): così titola Avvenire, che, dando voce a due tra i più importanti rappresentanti del movimento scacchistico italiano, Luca Moroni e Michele Godena, la nuova e la vecchia generazione, indaga le ragioni dell’enorme crescita di popolarità che il gioco sta vivendo negli ultimi anni. Molti i temi toccati: il gioco online, lo streaming, l’etica sportiva e il cheating, l’irruzione dei computer, con stile e analisi che ormai rasentano la perfezione. Temi, insomma, legati soprattutto ai progressi delle macchine, manifestatisi con una dirompente accelerazione in seguito alla pandemia e ai prodotti cult multimediali (su tutti, la serie “La Regina degli Scacchi”). Manca solo di mettere le cose in una prospettiva storica, sicché lo facciamo qui, in pillole: nel 1858 il prodigio americano Paul Murphy dà prova di sé nella leggendaria “Partita dell’Opera”: è l’inizio romantico della nuova era moderna, fatta di pensiero strategico e sacrifici spettacolari. Nel 1886 si incorona il primo (ufficiale) campione del mondo: è Wilhelm Steinitz, che apprende da Murphy i principi dello sviluppo dei pezzi e li amplia a suo modo, aprendo la strada alla prima, vera dottrina scacchistica. Nel 1948 il titolo è conquistato da Mikhail Botvinnik: è l’inizio, in piena Guerra fredda, del dominio scacchistico sovietico, e della consacrazione del metodo scacchistico russo, che riprende e amplia i dogmi classici. Nel 1997 per la prima volta un computer, Deep Blue, sconfigge un campione del mondo in carica (la sorte ha voluto che toccasse al più forte di tutti, Garry Kasparov): è l’ingresso trionfale delle macchine nel mondo degli scacchi. Ultima tappa nel 2020, quando, grazie al Covid e alla lenta mutazione degli scacchi “da sport a e-sport”, inizia la più completa erosione del vecchio stile: aperture eterodosse, preparazione domestica elefantiaca, concetti un tempo rilevanti scarificati di volta in volta in base alle contingenze sulla scacchiera. Tra un’epoca e l’altra, genio e follia, organizzazione e avventura, storie di vita e storie di sport, aneddoti e leggende, calcolo e poesia, frastuono e silenzio. Ogni epoca ha lasciato traccia di sé anche nel modo in cui trasmetteva il proprio profilo valoriale sulle sessantaquattro caselle, dall’etica spettacolistica ottocentesca alla spietata e tipicamente novecentesca competizione fra blocchi, fino al trionfo professionistico dell’agonismo individuale. Oggi, giocare dietro a uno schermo piuttosto che a una scacchiera cambia un’altra volta la natura del gioco, ma il senso di questo cambiamento è ancora da scrivere. Del presente, è noto, si sa meno del passato, e sul futuro siam ciechi: su Carlsen e il suo amato freestyle chess diranno i posteri. La partita: Paul Morphy vs Duke Karl - Count Isouard, Parigi 1858, 1-0 Riportiamo la celeberrima conclusione della partita dell’Opera. Il bianco, dopo l’ultimo errore del nero, matta in due mosse. Riesci a vedere come?
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