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È morto Giussy Farina
Oggi 22-04-25, 14:18
Giussy Farina è stato l’ultimo presidente del Milan prima del ciclone Berlusconi. L’uomo che, guidato dagli intermediari giusti, era arrivato a cedere, quasi costretto per evitare il peggio, la società rossonera a colui che poi l’avrebbe trasformata nel club più vincente d’Europa. Ma Giussy Farina che avrebbe compiuto 92 anni il 25 luglio, è stato anche il proprietario del Vicenza di Paolo Rossi che nel 1978 arrivò secondo in campionato con 24 gol di quel ragazzino che un giorno sarebbe diventato Pablito. Uno degli ultimi romantici del calcio che con il calcio (e non solo quello, era uno che sapeva vivere acquistando tenute in tutto il mondo dalla Spagna al Sud Africa) si è quasi rovinato. Milan, Padova, Vicenza, Audace, Valdagno, Legnago, Schio, Rovigo, Belluno, Rovereto, Modena, Palù: la vita di Giussy Farina è stata piena di pallone. Una passione che gli ha fatto gettare un sacco di soldi e pure finire qualche giorno al fresco accusato di falso in bilancio. Al Milan arrivò per caso, una sera a era a cena con un gruppo di amici al Principe di Savoia. Entrò Emilio Colombo, proprietario ma non più presidente (era Morazzoni) dopo lo scandalo e disse: sono stufo vendo il Milan a chi mi dà tre miliardi… Farina che era seduto accanto al suo contabile gli fece scrivere una lettera di intenti che il mattino dopo si trasformò in raccomandata. Era il 1982, l’anno in cui Paolo Rossi stava per diventare Pablito. Quello per cui qualche anno prima litigò con Agnelli: “Mi convocò a Torino: “Voglio Paolo Rossi”. Glielo ridò fra un anno, replicai. “No, adesso”. Andammo alle buste. Io lo valutai 2,4 miliardi di lire, l’Avvocato 900 milioni. Quello stesso anno il Vicenza fu retrocesso in serie B. Capito come funziona il calcio?”, raccontò qualche anno fa a Stefano Lorenzetto sul Corriere. Rossi poi alla Juve ci andò comunque: “Agnelli mi diede anche 1 miliardo in nero. Non rammento come lo spesi, giuro”, ha aggiunto Farina nella stessa intervista. Farina si era innamorato di Rossi prima che lo fecero tutti gli italiani, ma ha sempre raccontato di aver commesso nel suo nome gli errori più grandi della sua vita: prima tenendolo al Vicenza, poi prendendolo a fine carriera al Milan… In quel 1982 però il Milan non riuscì ad evitare la retrocessione in Serie B, la prima sul campo dopo quella a tavolino per lo scandalo scommesse. Si ripartì da Castagner e arrivò subito la promozione, ma poi venne ingaggiato uno dei peggiori stranieri della storia rossonera: Luther Blisset (“Forse Elton John ci ha mandato il suo cameriere e non il suo centravanti”, la famosa battuta di Diego Abatantuono). Andò meglio con Hately e Wilkins e con Liedholm in panchina, tornando addirittura in Europa. Ma a quel punto arrivò Berlusconi. “Mi offriva 15 miliardi. Mi chiamò Giampiero Armani, azionista della squadra rossonera: “La compro io per 20”. L’indomani il petroliere piacentino ricevette una telefonata da Bettino Craxi: “Quell’affare non è per te”. E così non si presentò dal notaio. Invece arrivò la Finanza. Tutti i beni che avevo dato in garanzia, inclusa la casa di Verona della mia prima moglie, mi vennero portati via”, il suo racconto. Farina amava andare oltre le sue possibilità, ha sempre giocato sul filo del rasoio. Capiva di calcio era uno degli ultimi romantici in un pallone che si stava trasformando e ormai era al di fuori delle sue possibilità. Al Vicenza lo ricorderanno per il sogno Pablito, al Milan per aver traghettato la squadra dalla Serie B a Berlusconi.
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