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Estero
Incredibile a dirsi: ci voleva Trump per riabilitare Cristoforo Colombo
Oggi 25-10-25, 09:11
Anche gli orologi rotti segnano l’ora esatta due volte al giorno. E così possiamo dire che anche Donald Trump ha fatto cose buone. Una di queste è stato prendere le oltre trenta statue di Cristoforo Colombo che erano state decapitate nel 2020, nel pieno delle proteste di Black Lives Matter, ristrutturarle e proporle a chi sa apprezzare la figura del marinaio ligure che aveva osato andare, per citare Guccini, verso “quel mondo che ha forse per faro una fiaccola di libertà”. Ad esempio, la statua che a Richmond, Virginia, venne buttata nel fiume, ora è stata messa sopra i campi di bocce di una sede dei Sons of Italy, la più antica associazione italoamericana. Per citare Tony Soprano: “In questa casa Colombo è un eroe, punto”. Come hanno detto vari leader delle comunità di paisan negli Usa, Colombo, eletto quasi come santo patrono, è stata una figura importante per creare orgoglio tra gli immigrati, visti come cittadini di serie B dai Wasp durante tutto il Novecento, ma che potevano usare il navigatore come vanto. Per qualche strano motivo, che si può solo ritrovare nell’ignoranza e nell’iper semplificazione, il navigatore continua a essere facile bersaglio dei rabbiosi. A quest’ultimo Columbus Day alcuni attivisti ambientali se la sono presi con Colombo al museo navale di Madrid, lanciando pittura rossa sopra un grosso dipinto sul suo arrivo sulle spiagge americane. Ma prendersela con l’esploratore genovese dimostra la grandissima superficialità delle proteste anti schiaviste e anti coloniali. Sarebbe come odiare Freud se abbiamo pulsioni sessuali verso le figure materne, o detestare J. D. Salinger se John Lennon è stato ucciso, o bestemmiare contro Newton se ci facciamo male quando cadiamo dalle scale. A fare debunking su quest’ingiusta accusa che lo dipinge come padre nobile del colonialismo e dello schiavismo mondiale, è appena uscito il libro dello storico Matthew Restall The Nine lives of Columbus. Restall ha passato anni a studiare, ed è un pochino più preparato dei manifestanti che hanno letto un post di Instagram su Colombo il cattivone o un meme che dice “se Colombo ha la sua festa nazionale, perché Hitler no?”. E Restall ci fa notare il ruolo del marinaio nelle origini dell’esperimento politico americano: “Se Washington è il padre della nazione”, dice, “Colombo è il nonno”. E poi il professore, che dirige il programma di studi sull’America latina alla Penn State, ci spiega che tutte le teorie sulle origini alternative di Colombo che ogni tanto spuntano, sui social e sui quotidiani – roba da clickbaiting facile – sono false. Colombo era genovese, non era, come dice un titolo di Repubblica dell’anno scorso “uno spagnolo sefardita”. E Colombo, sì, ha avuto degli schiavi, come molti del suo rango all’epoca, ma non era un mostro come viene dipinto oggi nei campus. Un articolo di dieci anni fa di Vox, il sito fondato da Ezra Klein, si intitolava: “Nove motivi per cui Cristoforo Colombo era un tiranno, un assassino e un mascalzone” e, nel fomentare le folle iconoclaste, questi titoli hanno forse fatto tanti danni quanto certi prof. Ivy League fissati con il trovare nemici nel passato. Restall ridimensiona la figura del genovese, dicendo che non era un santo – ma chi lo è? – ma nemmeno l’uomo da incolpare per la sottomissione delle popolazioni native o per i 12 milioni di schiavi africani portati lì negli anni a venire. Considerato poi il desiderio espansivo del Quindicesimo secolo e la lotta tra i portoghesi e gli spagnoli per il dominio dell’oceano, dice lo studioso, se non fosse stato Colombo sarebbe stato qualcun altro a un certo punto ad arrivare lì e a tossire su un azteco. E poi del resto c’è qualcuno che in America dall’Europa c’era già arrivato cinque secoli prima, si chiamava Leif Erikson ed era un norreno, secondogenito di Erik il Rosso. Trump quest’anno ha riconosciuto anche lui, dedicandogli il 9 ottobre, tre giorni prima del Columbus Day. E ora ci si aspettano decapitazioni di statue vichinghe.
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