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Economia e Finanza
Paradossalmente per le banche sarebbe meglio la tassa sugli “extraprofitti”
Ieri 21-10-25, 18:38
C’è un paradosso interessante e inquietante nella discussione sui conti pubblici: nel tentativo di sottrarsi alla parola “extraprofitti”, il sistema bancario finisce per incassare aggravi più duraturi e meno circoscritti. L’ultima bozza della manovra lo mostra in chiaro: per banche e assicurazioni l’aliquota Irap sale di 2 punti per tre periodi d’imposta. Non è un prelievo “una tantum”: è una sovra-aliquota, che si aggiunge alle aliquote maggiorate di banche e assicurazioni, con effetti moltiplicativi sul costo del capitale. Nel frattempo, sul fronte Ires, non arriva un’aliquota headline più alta – che farebbe notizia – ma una stretta di base imponibile che vale altrettanto: limite alla deducibilità degli interessi passivi (al 96 per cento per i soggetti finanziari) e regole più severe su svalutazioni e minusvalenze di obbligazioni iscritte tra le immobilizzazioni. A questo si aggiungono il differimento di deduzioni legate alle Dta e la nuova disciplina delle riserve connesse al contributo straordinario 2023, compreso l’affrancamento con imposta sostitutiva delle riserve. Paradossalmente, una tassa straordinaria sugli extraprofitti – legata a un indicatore oggettivo e con orizzonte chiuso – per quanto scellerata offre certezza, neutralità intertemporale e minori distorsioni. Gli aumenti di Irap o gli irrigidimenti delle basi Ires, invece, incidono sul margine ordinario, alterano gli incentivi al credito nei cicli futuri e, soprattutto, restano: si prorogano e si stratificano. A questo punto alle banche conviene quasi tornare indietro, allo scenario che volevano evitare: chiedere una tassa sui cosiddetti “extraprofitti” e staccare un assegno per farsi perdonare gli utili degli anni passati. È un paradosso solo apparente: per la stabilità del sistema meglio un prelievo eccezionale ben calibrato che un cantiere sempre aperto. Anche perché, come dimostra la bozza della legge di Bilancio, l’alternativa alla tassa “una tantum” sugli extra profitti pensata dal governo è un aumento strutturale delle imposte.
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