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Addio a Pippo Baudo, l'ultimo democristiano tra fede e appartenenza
Oggi 18-08-25, 07:44
Caro direttore, uomo di fede e di partito che non si è mai piegato all'opportunismo né all'ostentazione. La sua fede non era una patina di facciata, ma una scelta di vita: amava ripetere che «per pregare non servono parole», e aveva nella Madonna il suo faro interiore, guida silenziosa in un mondo rumoroso. Si batté accanto a Papa Francesco per il diritto dei divorziati a ricevere la comunione, della quale sentiva il bisogno interiore. Sul piano politico si è sempre riconosciuto nella Democrazia Cristiana, senza mai distinguere tra leader e correnti e declinando le molte offerte a candidarsi alle elezioni: «Ad ognuno il suo mestiere». Claudio. Martelli in quegli anni affermò che se Pippo Baudo si fosse candidato, la DC tornava ai tempi d'oro. Per lui il partito era comunità e non appartenenza ad una fazione. Fu il primo volto della TV a partecipare, su invito di Franco Evangelisti, alle Feste dell'Amicizia democristiane, nate come risposta a quelle dell'Unità, che da sempre ospitavano uomini di cultura e spettacolo vicini a Botteghe Oscure. Amico di Andreotti, protetto da De Mita, era parte di quella grande famiglia che seppe tenere insieme preti e industriali, contadini e professori, sindacalisti e banchieri. Non si nascose neppure quando arrivarono gli attacchi. Celebre rimane lo scontro con Enrico Manca, socialista e presidente della Rai, che lo accusò di fare una televisione «nazional-popolare». Baudo, con la sua consueta fierezza, replicò che «nazional-popolare è la Democrazia Cristiana che abbraccia tutte le braccia della società». Non una difesa di circostanza, ma la rivendicazione di una visione politica della società. Amava ricordare un episodio accaduto al Quirinale: dopo una premiazione, Andreotti gli sussurrò: «Baudo, lei è più democristiano di me». I loro incontri si tenevano spesso nella suggestiva cornice della casa Carraro, al Gianicolo. È significativo che proprio in quella casa, durante i festeggiamenti per i 90 anni del «Divo», Baudo arrivò con un'enorme torta su cui campeggiava la scritta «Cassate siciliane», una risposta ironica al processo di Palermo. Fu sempre in quel salone, con i divani rossi e un giardino mozzafiato che Andreotti – raccontando la sua avversione per la tintura dei capelli («da bambino assistetti inorridito allo scolorimento della tinta di un cardinale durante una cerimonia vaticana») – convinse Pippo a non tingersi più. Baudo si rivolse allora al suo parrucchiere di fiducia, Marcello Montalbano in via del Babuino, che gli suggerì il passaggio dal rossiccio al grigio fino al bianco naturale, con Fiorello che si divertiva a dirgli che voleva sembrare come Richard Gere. In quel salone, mia madre, Vincenzina, assistette anche a un episodio emblematico: una telefonata di Giorgio Armani che voleva convincerlo a indossare dieci dei suoi completi per il Festival di Sanremo. Pippo, con cortesia inflessibile, rifiutò: «Non posso, sarebbe come tradire il mio sarto napoletano che mi veste da quarant'anni». Un gesto che dice tutto della sua rettitudine. La stessa condotta di vita che lo accompagnò persino nel periodo più buio, quando fu trascinato davanti alla magistratura di Mani Pulite con l'accusa assurda di concussione, poiché il suo ruolo in Rai veniva equiparato a quello di un pubblico ufficiale. Passò giorni interi nello studio milanese dei suoi avvocati, siciliani come lui, Francesco Paola e Delfino Siracusano, affiancati da un giovanissimo Fabio Lattanzi, mentre centinaia di fan lo attendevano sotto lo studio di piazza Cinque Giornate. Durante le lunghe ore di interrogatorio domenicale - con il Palazzo di Giustizia assediato dai giornalisti - fu lo stesso procuratore capo Saverio Borrelli a far arrivare, a metà pomeriggio, un vassoio di pastarelle. Momenti complessi, che Baudo affrontò con la dignità del galantuomo andando a ringraziare il capo del pool per quel gesto cortese. Anni dopo, quando incrociò Elisabetta Gregoraci che registrava uno spot - la giovane stava vivendo una piccola bufera giudiziaria - Pippo, con la dolcezza di chi aveva già vissuto il travaglio, le mise una mano sulla spalla e disse: «Lo so, è dura, ma passa. Come dice il mio avvocato: non è una tragedia, è una commedia». Bastò quella battuta per restituire il sorriso alla showgirl. Il Pippo nazionale aveva sempre una parola di incoraggiamento per tutti, e fiuto quasi infallibile per i talenti, in 60 anni di televisione ha scoperto molti artisti, una sua frase famosa era: «l'ho inventato io». Oggi, Al Bano, Lorella Cuccarini, Laura Pausini, Anna Falchi e tanti altri nomi dello spettacolo lo ricordano con gratitudine e riconoscenza. E a noi non resta che dirgli Grazie Pippo!
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