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Alemanno scrive a Nordio: "Condizioni insostenibili", le proposte contro il sovraffollamento
Ieri 02-05-25, 19:10
"Le persone detenute sono un pezzo della società e sono un pezzo vulnerabile della stessa, come tante volte ci ha ricordato il compianto Papa Francesco. Compiere un atto di riconoscimento delle condizioni insostenibili in cui vivono queste persone non vuol dire cedere a una tentazione permissiva contraria al principio della certezza della pena. Significa solo compiere una necessaria conciliazione tra questo principio e quello della finalità rieducativa della pena previsto dall'art. 27 della nostra Costituzione". Lo scrive l'ex sindaco di Roma ed ex ministro Gianni Alemanno, in una lettera al ministro della Giustizia Carlo Nordio con l'obiettivo di "sensibilizzare le istituzioni e l'opinione pubblica sull'attuale situazione carceraria". A firmare, insieme al leader del movimento 'Indipendenza!' che sta scontando un residuo per la condanna di traffico di influenze illecite, è Fabio Falbo, "scrivano del braccio G8, laureato in carcere in Giurisprudenza", così come lui stesso si firma. La situazione delle carceri in Italia, secondo Alemanno e Falbo, "appare insostenibile e contraria ai dettati costituzionali. E quindi non potevamo non rivolgerci a lei che ricopre l'alto incarico di ministro della Giustizia", scrivono nella missiva. I due definiscono l'attuale situazione nel carcere romano di Rebibbia, "emergenziale, e come tale comporta il ricorso a parametri valutativi eccezionali e a interventi immediati, che superano per ampiezza e urgenza il programma di costruzione di nuovi carceri, di moduli prefabbricati e di riutilizzo di edifici demaniali abbandonati, messo in campo dal suo ministero", si legge. Alemanno e Falbo puntano il dito sulla "mancanza di un'adeguata assistenza sanitaria" che "diventa particolarmente grave per due diverse questioni": il poco personale e l'impossibilità, nella struttura carceraria, di arrivare a piena guarigione di alcune patologie che fuori sarebbero trattate in maniera diversa e più performante. Sono inoltre tanti, troppi, gli anziani "qui a Rebibbia", diversi "ultraottantenni, anche non recidivi, che continuano a vedersi rigettare le loro richieste di accedere" a una misura alternativa, "e quindi devono languire – si spera non morire –, in questa situazione, spesso di sofferenza addizionale, considerato che questi 'nonnetti' sono allocati anche in celle con altre 5 persone detenute", scrivono i firmatari. "Per quanto concerne l'affettività negata, dobbiamo denunciare la drastica riduzione dei colloqui telefonici e il mancato rispetto della recentissima sentenza n. 10/2024 della Corte Costituzionale, visto che ancora oggi nessuna persona detenuta a Rebibbia o in diverse altre strutture ha avuto accesso a spazi riservati all'affettività – aggiungono –. È urgente che il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ripristini un numero adeguato di colloqui telefonici e dia impulso, anche in via sperimentale, alla creazione di spazi dedicati all'affettività nei diversi istituti penitenziari". Alemanno e Falbo, inoltre, denunciano l'abuso "della carcerazione preventiva: basta citare il dato delle 1.180 domande di risarcimento per ingiusta detenzione per un totale di quasi 27,4 milioni di euro pagati dallo Stato italiano. Questo abuso non chiama in causa le responsabilità del suo Dicastero, ma come lei ben sa contribuisce in modo rilevante ad aggravare il sovraffollamento delle carceri – aggiungono –. Nel contempo questo sovraffollamento spesso è la motivazione che induce molti magistrati a scarcerare persone in attesa di giudizio nonostante il rischio di reiterazione del reato, creando grave allarme sociale". "Quando si parla di intervenire contro il sovraffollamento delle carceri si pensa subito a provvedimenti emergenziali come l'indulto e l'amnistia, che sono ovviamente la via più semplice e immediata per ridurre in modo significativo la popolazione carceraria, ma anche provvedimenti meno drastici, come quelli descritti sopra, potrebbero dare" un forte contributo "in questo senso, riducendo il carico di lavoro e quindi i ritardi e i dinieghi spesso incomprensibili della magistratura di Sorveglianza", concludono.
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