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Almasri: ancora polemica sull'arresto del generale. Piantedosi: "Si scusi chi disse volevamo impunità"
Oggi 06-11-25, 20:39
Non accenna a spegnersi la polemica politica sul caso Almasri dopo l'arresto del generale in Libia, accusato di "torture e trattamenti crudeli e umilianti" su almeno dieci detenuti dell'istituto di correzione e riabilitazione di Tripoli, e "omicidio" di una delle vittime, morta in seguito alle torture subite. Nel giorno in cui il premier libico, Abdelhamid Dbeibah, ha salutato la misura come "la concretizzazione della capacità della magistratura e della Procura generale di applicare la legge senza eccezioni o selettività", in Italia l'opposizione torna all'attacco del governo per come è stata gestita l'intera vicenda. Nel mirino del centrosinistra c'è la posizione che l'esecutivo ha fatto filtrare ieri, ovvero che era a conoscenza dell'esistenza di un mandato di cattura già dal 20 gennaio e che proprio questo dato ha costituito una delle ragioni per le quali il governo ha giustificato alla Cpi la mancata consegna di Almasri e la sua immediata espulsione verso la Libia. A replicare alla minoranza è però il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi che, intervistato dal Foglio, afferma che "dovrebbe chiedere scusa al governo chi, per malafede o più probabilmente per scarsa conoscenza dei fatti e degli atti, aveva sostenuto che avevamo rimpatriato un soggetto pericoloso per assicurargli impunità. Se avessero letto con attenzione tutti gli atti finiti dinanzi alla competente giunta parlamentare avrebbero rilevato che fra gli elementi che furono valutati al momento del rimpatrio ci fu anche una richiesta di estradizione di Almasri da parte dell'autorità giudiziaria libica, per processarlo per gli stessi reati". La spiegazione tuttavia non soddisfa affatto il presidente del M5s, Giuseppe Conte. "Non mi può convincere, il governo ha rabberciato un'ulteriore giustificazione. Siamo alla quinta, sesta, settima versione - attacca l'ex premier -. È una cosa sconcertante, smentita dai dati perché il Tribunale dei ministri nella documentazione che ha mandato ha chiarito che non c'era nessuna richiesta propriamente di estradizione. Non c'era neppure una condanna in Libia, quindi non ci poteva essere una richiesta di estradizione". Per Conte, inoltre, quella messa in atto non è stata una procedura di estradizione poiché Almasri "è stato condotto" in Libia "con tutti gli onori, rimpatriato su un volo di Stato con la nostra bandiera e rimesso in libertà all'aeroporto di Tripoli, non consegnato alle autorità" locali. Insomma, è la conclusione del leader del Movimento, "ancora una volta il governo umilia l'Italia. Siamo stati schiaffeggiati anche da un paese che è soggetto a una guerra civile, dove le autorità si fanno la guerra con le milizie, ma almeno quando si tratta di un caso così clamoroso hanno dimostrato di avere la schiena più dritta del nostro governo e di Giorgia Meloni". Sulla stessa linea la segretaria dem Elly Schlein che dopo l'arresto in Libia di Almasri parla di "figura imbarazzante per il nostro paese, perché evidentemente per la procura libica il diritto internazionale non vale solo fino a un certo punto, come per questo governo, per parola di Tajani. Meloni dall'inizio non ha mai voluto rispondere sui motivi di una scelta che ha visto riportare a casa con un volo di Stato un torturatore libico. Una figura veramente vergognosa per cui noi continueremo a chiedere conto a questo governo". E a non voler mollare la presa c'è anche Avs. "Ma davvero Palazzo Chigi e la maggioranza di destra pensano di cavarsela dal pasticiaccio brutto di Almasri con una sgangherata nota anonima? Noi insisteremo, stiano tranquilli, perché il Parlamento e l'opinione pubblica del nostro Paese non possono essere presi così in giro", afferma Nicola Fratoianni anticipando che "continueremo a chiedere la verità".
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