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Azione apre a Bettini sulla Giustizia: “Votiamo questa riforma. Non pensiamo a Meloni, tanto il governo resta”
Oggi 03-11-25, 10:17
Il referendum confermativo sulla separazione delle carriere tra magistrati giudicante e requirenti si avvicina. Si voterà fra marzo e aprile e la campagna referendaria inizia a entrare nel vivo. Il dibattito si muove su un crinale sottile: tra chi teme che la riforma possa alterare gli equilibri costituzionali e chi la considera un passo necessario per restituire fiducia al cittadino nella giustizia. Quella che per il governo è «una riforma di civiltà», per una parte delle opposizioni è invece una «riforma truffa» e un tentativo di ridisegnare i rapporti di forza tra politica e magistratura. Una parte delle opposizioni perché in realtà anche nella minoranza ci sono posizioni diverse. Osvaldo Napoli, membro della segreteria nazionale di Azione, chiede un approccio più razionale: «Votare 'No' al referendum pensando di mettere in difficoltà Meloni è un calcolo miope», afferma. «La separazione delle carriere non è la rivoluzione che la destra vuole far credere: serve solo a fare chiarezza sui ruoli. I veri nodi della giustizia restano altri, come la lunghezza dei processi che ci ha portato più volte sotto procedura d'infrazione europea». Per Napoli, dunque, il voto non può essere usato come un'arma tattica contro il governo: «Sacrificare sull'altare della convenienza politica le ragioni del garantismo – dice – va oltre l'errore politico». Sulla stessa linea Daniela Ruffino, deputata di Azione, che invita Goffredo Bettini e i garantisti del Partito Democratico a non cadere nella trappola del voto contro: «Il referendum non è un'ordalia né Meloni ha interesse a trasformarlo in questo senso», spiega. «Una vittoria o una sconfitta non produrrebbero vincitori reali. Sarebbe una sconfitta per tutti, senza neanche un vincitore». Per Ruffino, dunque, si può votare 'Sì' «senza farsi condizionare dal posizionamento del governo» e concentrarsi poi in Parlamento sui veri problemi del sistema giudiziario, «che la riforma non risolve». Sul fronte opposto, Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, definisce il referendum «non un voto contro Meloni, ma contro una riforma truffa e ingannatrice». Secondo il leader ecologista, la separazione delle carriere «non affronta i mali cronici del sistema giudiziario, lentezza dei processi, carenza di organici, sovraffollamento carcerario, ma serve solo a indebolire e controllare la magistratura». Una posizione netta, che si affianca a quella di molti magistrati e costituzionalisti critici sul rischio di una «deriva punitiva» nei confronti delle toghe. A difendere la riforma con convinzione è invece Elisabetta Casellati, ministra per le Riforme istituzionali e la Semplificazione normativa, che la definisce «una grande riforma». «Il cittadino potrà contare su un giudice terzo – spiega –. Oggi abbiamo una distonia: il pubblico ministero da una parte e la difesa dall'altra, ma su piani diversi. La Costituzione, già all'articolo 111, parla di giusto processo: per garantirlo bisogna distinguere le funzioni dell'accusa e del giudice, attribuendole a organi separati». Casellati sottolinea anche il valore simbolico del cambiamento: «Oggi magistrato e pm condividono carriere, valutazioni, spesso lo stesso percorso al Csm. È una commistione che non va bene: gli italiani devono avere la certezza di un giudice arbitro, che non giochi la stessa partita di chi deve giudicare». A stemperare i toni interviene il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Fabio Pinelli, che invita a «un confronto tecnico, evitando delegittimazioni reciproche tra politica e toghe». Secondo Pinelli, il referendum deve essere «un momento di dialogo», ricordando che «in tutte le democrazie è fisiologico un confronto tra potere politico e potere giudiziario, ma ciascuno deve rispettare le prerogative costituzionali dell'altro». Nel centrodestra, Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, ribadisce che «il referendum non è pro o contro Meloni». «È una riforma di civiltà – afferma – che non limita l'autonomia della magistratura, ma rafforza la chiarezza tra accusa e giudice». E aggiunge: «Fare di questa consultazione una battaglia epocale è un errore: è un passaggio importante, ma circoscritto, e comunque rispetteremo la sovranità popolare».
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