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Bye bye gufi. Altro che apocalisse dazi: l'export italiano negli Usa vola
Oggi 16-11-25, 15:28
Da settimane negli Stati Unitisi assiste a una scena che dovrebbe essere evidente anche ai più ostinati: l'amministrazione Trump non è un gruppo di invasati ideologici. È una squadra politica che, quando capisce che una misura economica produce effetti distorti, corregge la rotta. È ciò che è appena successo con i dazi su vari beni alimentari d'importazione: Washington ha allentato il meccanismo, tagliando o azzerando le tariffe su prodotti che l'America semplicemente non riesce a produrre in quantità sufficiente. Una scelta di puro pragmatismo, non di resa. In Italia, però, per mesi è andata in scena un'altra narrazione: quella del disastro annunciato, della tempesta perfetta pronta ad abbattersi sulle nostre imprese, dell'export italiano spacciato ancora prima che i dati fossero disponibili. E qui l'elenco dei “catastrofisti” è lungo. Elly Schlein ha parlato di «rischio devastante per il lavoro e per le nostre esportazioni», accusando il governo di «subalternità» e sostenendo che i dazi USA avrebbero «messo in ginocchio interi comparti produttivi». Giuseppe Conte, nel suo ormai consueto tono messianico, ha scritto che «nel duello sui dazi l'Italia è una delle sconfitte», evocando uno scenario da "Caporetto commerciale". Paolo Gentiloni, da Bruxelles, ha indicato Italia e Germania come «i Paesi più esposti», alimentando l'idea che il nostro sistema produttivo sarebbe stato travolto. Maurizio Landini ha parlato di «fallimento della globalizzazione» e di «pericolo serio per migliaia di posti di lavoro». Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli sono arrivati perfino a proporre il boicottaggio dei prodotti americani, descrivendo i dazi come «una minaccia pesantissima per l'economia italiana». Mario Monti ha ammonito che «il protezionismo Usa rischia di provocare una recessione in Europa», mentre diversi editorialisti di area progressista hanno evocato crolli dell'export e "buchi" da decine di miliardi. Una campagna di allarmismo sistematico: l'Italia sarebbe stata la vittima principale dell'offensiva di Washington. Poi, però, sono arrivati i numeri veri. E i numeri, si sa, parlano chiaro, così da rendere semplicemente patetico (e anche un po' miserabile) quel coro estivo di catastrofisti da bar sport. A settembre 2025 l'export italiano cresce del 10,5% su base annua. Il mercato extra-UE — quello che secondo molti sarebbe stato il più colpito dalla "furia protezionista" — registra un aumento di quasi l'11%. E soprattutto: le esportazioni verso gli Stati Uniti volano con un clamoroso +35% rispetto all'anno precedente. Non una contrazione, non una frenata, non una sofferenza settoriale: un boom. Il quadro è chiaro. Altro che apocalisse, altro che industria italiana in fuga o filiere spezzate. Il nostro export non solo tiene, ma cresce, e proprio sul mercato americano mostra la dinamica più brillante. Mentre tanti commentatori evocavano lo spettro della rovina, le imprese italiane hanno continuato a fare ciò che sanno fare: competere, vendere, espandersi. Siccome però qui non siamo degli invasati con le fette di salame sugli occhi, vogliamo anche ricordare i dati di agosto 2025, che hanno visto un calo delle esportazioni italiane verso gli USA, effetto evidente del momento di incertezza. Ma ciò che più conta è ragionare in materia economica tendendo i piedi per terra e la testa sgombra da condizionamenti politici: se un prodotto italiano (quindi di fascia medio-alta) viene venduto nel mercato più ricco del mondo è perché quei consumatori lo vogliono. Quindi, aggiustata la vicenda dazi con incrementi gestibili dalla filiera, ecco che le merci tornano a muoversi secondo le leggi di domanda e offerta. La vera debolezza quindi non è mai stata nelle decisioni della Casa Bianca — che, piaccia o no, ha mostrato pragmatismo nella gestione dei dazi — ma nella tentazione italiana di trasformare ogni scelta internazionale in un motivo per gridare all'emergenza. È una malattia antica della nostra politica: il “lupo al lupo” come strumento di polemica interna. I profeti di sventura vadano a studiare con un pizzico di umiltà, rossi di vergogna.
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