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Caso Almasri, il punto di Ainis: Meloni "ha agito da leader politico"
Oggi 06-08-25, 07:25
«Il presidente del Consiglio, dal punto di vista politico, non può che non difendere i suoi ministri. Ha fatto la scelta giusta. Altrimenti dovrebbe chiedere loro di dimettersi. Altro piano è quello giuridico, dove toccherà ai magistrati decidere». A dirlo il costituzionalista Michele Ainis. Come si concluderà, dunque, questa vicenda? «È stato alzato un polverone per nulla. L'autorizzazione a procedere sarà data dal Parlamento. E tutti sanno che a Montecitorio e Palazzo Madama la maggioranza è di centrodestra» Gli esponenti del governo, a suo parere, hanno commesso errori? «Non avendo letto le carte sull'inchiesta non posso dire chi ha ragione. Se vuole, però, avere l'opinione di uno che legge i giornali, mi è sembrato che ci sia stato un trionfo dell'ipocrisia. Se c'era una ragione di Stato per liberare il generale libico, bisognava dirlo. Nessuno si sarebbe strappato le vesti. Nella storia recente d'Italia, ci sono stati diversi casi come quello di cui si discute adesso». Scoppia, intanto, l'ennesima polemica tra l'Associazione Nazionale Magistrati e l'esecutivo... «La verità è che i rapporti non sono mai stati pacifici. Il potere politico, in Italia, è antagonista a quello giudiziario. A quest'ultimo, d'altronde, spetta controllare la legalità degli atti. Grande simpatia, quindi, non c'è mai stata, a prescindere se c'è o non c'è Meloni a Piazza Colonna». Dove è finito il recente invito di Mattarella a superare le divergenze? «Molte volte il Presidente della Repubblica si trova nelle parti della suocera che dà consigli e nessuno le dà retta. Un aspetto allarmante di tutta questa vicenda è il disconoscimento dell'autorità della Corte Penale Internazionale». Quanto è grave tale atteggiamento? «Se spicca un ordine d'arresto contro il premier israeliano e nessuno lo rispetta, dovremmo porci degli interrogativi. Anzi, vengono imposte delle sanzioni per chi lo ha emesso, gli viene bloccato lo stipendio e gli viene addirittura vietato l'ingresso negli Stati Uniti. Il caso Almasri non è altro che l'ennesima certificazione della crisi del più importante tribunale mondiale». Ritornando alla vicenda specifica, il ministro Nordio, replicando a Parodi, si chiede come mai fosse a conoscenza di “notizie riservate”? «Da quanto ho letto, Parodi non ha fatto il cognome del capo di gabinetto di Nordio. Forse la sua era un'allusione, ma non mi risulta che abbia citato per nome e cognome la dottoressa finita nella bufera. In questo clima di elettricità diffusa, anche le mezze parole vengono enfatizzate, diventando un macigno». Il Guardasigilli, dopo l'approvazione della separazione delle carriere in Senato, si era mostrato ben disposto a un nuovo confronto con la magistratura. Perché si è arrivato ancora allo scontro? La riforma può essere rivista? «Parliamo di una riforma costituzionale, in cui il Parlamento ha approvato il testo deliberato dal Cdm. Non è stata corretta nemmeno una virgola. Ritengo, dunque, molto improbabile, che dopo la prima lettura del testo, si possa tornare di nuovo al punto di partenza. Non parliamo del gioco dell'oca».
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