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C'è un'Italia che attacca - Da Ferrero a Mediaset i gruppi che fanno shopping all'estero
Oggi 12-07-25, 07:10
In gergo calcistico sarebbe l'addio al catenaccio, alla difesa a oltranza per evitare di prendere gol. L'Italia di oggi è un Paese all'attacco. Lontano anni luce da quando gruppi stranieri entravano senza barriere nel nostro mercato per portarsi a casa i migliori gioielli, in genere a prezzi da liquidazione, con l'avallo di una politica miope e che, in nome della globalizzazione chiudeva gli occhi e si girava dall'altra parte. Era «il mercato bellezza». Ogni riferimento ai governi di sinistra è assolutamente certo e identificabile. Oggi spira un'aria nuova. Non è cambiato tanto, ma la stabilità politica invocata per decenni dalla classe imprenditoriale italiana è finalmente con Meloni, Tajani e Salvini una realtà. E le aziende tricolore si muovono più sicure nel mondo. Gli esempi sono nella cronaca economica di questi giorni. Da Ferrero che sta lanciando un'offerta miliardaria (in dollari) per comprare uno dei cibi più iconici del mondo statunitense: i cereali della Kellogg's, a Unicredit, capitanata dall'ad Andrea Orcel che ha sfidato la grande Germania (oggi un po' meno grande) entrando in una delle principali banche tedesche, la Commerzbank, fino a Pier Silvio Berlusconi, presidente di Mediaset, pronto a salire nel capitale della televisione germanica Prosiebensat nella quale è già presente con una quota societaria importante. Sono pezzi all'apparenza isolati ma a ben vedere legati da un sottile filo rosso. E cioè quello di un'Italia che da principale rappresentante dei Pigs (acronimo di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, feccia in parole povere) ha cambiato le carte in tavola, ha acquisito rispetto internazionale e dà alle aziende quella tranquillità in casa che consente loro di affrontare sfide ardue anche se non senza ostacoli. Già, a parte lo shopping negli Usa della società che produce Nutella, filato liscio con l'ok degli azionisti statunitensi all'offerta di 23 dollari per azione e successivo delisting dalla Borsa, più dura è la campagna italiana della banca di piazza Gae Aulenti e della società televisiva dei Berlusconi. Per la prima, infatti, dopo un iniziale benvenuto all'ingresso nell'azionariato il governo di Berlino si è messo di traverso. E in barba all'Unione bancaria, ai dettami di Bruxelles per creare campioni transfrontalieri, l'esecutivo tedesco ha chiesto ufficialmente a Unicredit di uscire dalla banca: «Faccia un passo indietro» ha tuonato ministro delle Finanze, Lars Kingbeil. La risposta di Unicredit: spallucce e pronti a salire ancora. Stesse barricate anche per Mediaset. Dopo aver lanciato un'offerta di acquisto per arrivare dal 29,9% attuale al 100% del capitale del polo televisivo tedesco è spuntata la contro Opa del gruppo ceco Ppf che punta ad arrivare al 29% del broadcaster di cui è il secondo azionista con il 15%. Battaglia dura insomma ma morale alto. Conclusione: quando si muovono gli italiani ora c'è la corsa ad ostacolarli. In qualunque modo. Vuol dire che forse dopo anni di delusioni e insulti, gli italiani iniziano a essere temuti.
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