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Conte finisce all'angolo, M5S alla resa dei conti
Oggi 21-10-25, 10:26
Il veleno è nella coda, una locuzione che fotografa la strettoia finale che Giuseppe Conte deve superare. Il primo round ieri sera con l'assemblea congiunta di deputati e senatori del Movimento 5 stelle (rigorosamente online), nuovamente impegnata in una tesa discussione interna in seguito ai risultati elettorali deludenti delle sue liste nelle recenti elezioni regionali. In pratica i flop incassati nelle Marche, in Calabria (per di più con Pasquale Tridico candidato) e in Toscana, con i pentastellati inchiodati poco sopra il 4%. Oggi invece l'estremo tentativo di rilancio: alle 17,30 in piazza Santi Apostoli per difendere la libertà di stampa, dopo l'attentato subito da Sigfrido Ranucci. Con gli amici di sempre: Marco Travaglio, Andrea Scanzi, e Rula Jebreal. Una manifestazione che ha un sottotitolo diretto al Nazareno: «Questo è un tema nostro». D'altra parte è un momento delicato in casa Cinque Stelle, dopo le dimissioni da vicepresidente del Movimento di Chiara Appendino. «Siamo diventati troppo attenti agli equilibri interni, troppo preoccupati degli accordi di palazzo, troppo distanti dalle persone e dai nostri principi», l'implacabile j accuse della ex sindaca di Torino. Che si è attirata una sequela di reazioni veementi. Prima le interviste dei big (Ma come si permette l'Appendino?), poi un calendario a tambur battente. Ieri la riunione di deputati e senatori, da giovedì a domenica prossimi, la votazione on line degli iscritti per la rielezione dell'ex presidente del Consiglio, con la clausola salva vita, decadrà tutto il gruppo dirigente. Una mannaia benefica perché avrà l'effetto di spengere la luce mediatica sulle dimissioni della deputata piemontese. Così riemerge il vizio storico degli ex grillini, da sempre particolarmente allergici ai distinguo interni, "non disturbare il manovratore". Soprattutto ora, in vista della partita della "vita", quella che si disputerà in Campania con Roberto Fico. L'ex presidente della Camera, incoraggiato dallo stesso Conte, ha dovuto pagare un prezzo altissimo: accogliere in coalizione Vincenzo De Luca, un tempo nemico numero uno dei pentastellati, accettare la sua lista "A testa alta", e nel caso riconoscergli un paio di assessorati pesanti. Per via di Campo Marzio però "Parigi val bene una messa": la vittoria di Roberto Fico averebbe l'onta delle batoste ricevute nelle altre Regioni, e metterebbe definitivamente a tacere l'insubordinazione dell'ex prima cittadina di Torino. L'avvocato ha bisogno di tempo per rifiatare e tornare ad immergersi nell'altra battaglia campale che lo aspetta. Quella ai gazebo con Elly Schlein, le primarie del 2026 che metteranno in palio la leadership del campo largo. Il traguardo che il leader del M5S ha da una vita e che gli consentirebbe finalmente di sognare il ritorno a Palazzo Chigi. Anche l'ex ministro Danilo Toninelli nel frattempo lascia andare l'immaginazione: «Io vorrei che Conte restituisse il simbolo a Grillo e facesse il suo cavolo di partito».
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