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Cop30: sfida per il clima a Belem, Tajani in Brasile
Ieri 06-11-25, 17:37
Un luogo simbolico per una ricorrenza simbolica: la Cop30 a Belem, in Brasile, 'porta d'accesso' per l'Amazzonia, dieci anni dopo l'adozione degli Accordi di Parigi e a vent'anni dall'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto. Oggi e domani si riuniranno qui leader e capi di Stato - per l'Italia ci sara' il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani - prima dei negoziati formali dal 10 al 21 novembre. Ed e' qui che obiettivi ambiziosi e impegni concreti si scontreranno, con un contesto geopolitico ed equilibri mondiali che pesano e rischiano di azzoppare la speranza di contrastare efficacemente la minaccia reale del cambiamento climatico. A presiedere l'appuntamento sara' il padrone di casa, Luiz Inacio Lula da Silva, tra la riunione plenaria e le sessioni tematiche. L'appello lanciato dal presidente brasiliano a pochi giorni dall'avvio del summit e' di dare risultati concreti dopo anni di discussioni e poche decisioni attuate. "Vogliamo vedere se e' possibile avviare una nuova fase di attuazione per la Cop, perche' il punto e' questo: basta chiacchiere, ora dobbiamo attuare cio' di cui abbiamo gia' discusso", ha affermato, sottolineando che ci sono "gia' state diverse Cop, molte decisioni sono state prese, molte decisioni non sono state attuate". "Non vogliamo che continui a essere una fiera di prodotti ideologici e climatici, vogliamo che sia molto seria e che siano messe in pratica le cose che decidiamo di fare". Tanti i temi sul tavolo sul quale i protagonisti si daranno battaglia, in una lotta incrociata tra i Paesi piu' inquinatori e le nazioni piu' vulnerabili e colpite dal riscaldamento globale, frustrate dalla scarsa assistenza finanziaria. Proprio il tema del sostegno economico e' uno dei punti principali all'ordine del giorno, memori anche della precedente edizione che si e' conclusa con l'impegno dei Paesi sviluppati a fornire 300 miliardi di dollari all'anno in finanziamenti per il clima - contro gli oltre 1.000 che avevano chiesto i Paesi in via di sviluppo - e la promessa di contribuire a raccogliere 1,3 trilioni di dollari all'anno entro il 2035 da fonti pubbliche e private. Su questo punto e' attesa alla Cop30 la richiesta di maggiori dettagli, con i PvS che puntano il dito anche sulla carenza di finanziamenti per aiutare gli Stati vulnerabili a proteggere le proprie popolazioni dagli impatti climatici, in primis dall'innalzamento del livello del mare. Sempre in primo piano anche il nodo delle emissioni, con l'Onu che in questi giorni e' tornata a lanciare l'allarme, avvertendo che il riscaldamento globale continua ad aumentare, dopo aver raggiunto un nuovo record nel 2024, e il mondo e' destinato a superare la soglia critica di +1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali nel giro di pochi anni. In base all'Accordo di Parigi, i Paesi firmatari sono tenuti a presentare ogni cinque anni obiettivi piu' ambiziosi dei precedenti per la riduzione delle emissioni di gas serra ma la scadenza di febbraio per presentare gli impegni nazionali (NDC - Contributo Determinato a Livello Nazionale) e' stata mancata dalla maggior parte delle nazioni. Finora solo in 69 su 194 hanno colmato la lacuna e il panorama e' abbastanza deludente. Intanto l'Unione europea - rappresentata in Brasile dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dal presidente del Consiglio Ue, Antonio Costa, si presenta a Belem con una proposta gia' firmata. Dopo lunghi negoziati, gli Stati membri hanno infatti approvato la proposta della Commissione che fissa per il 2040 un obiettivo di riduzione delle emissioni di Co2 del 90% rispetto ai livelli del 1990. All'interno della proposta approvata dalle capitali in vista della Conferenza sul clima, sono state inserite diverse flessibilita' per venire incontro a diversi Stati membri - tra cui un gruppo di dieci Paesi, guidati dall'Italia - che avevano espresso perplessita' sul testo inizialmente posto sul tavolo. Tra queste la possibilita' di utilizzare crediti di carbonio internazionali di alta qualita' per contribuire "in modo adeguato" al raggiungimento dell'obiettivo 2040, fino al 5% delle emissioni nette dell'Ue del 1990 - rispetto al 3% della proposta inizialmente avanzata dalla Commissione. La possibilita' di utilizzare i crediti partira' inoltre dal 2036, come nel testo iniziale, ma e' stato introdotto un periodo pilota tra il 2031 e il 2035. Tra gli altri principali Paesi inquinatori, l'India non ha ancora presentato i suoi impegni, mentre la Cina ha offerto un obiettivo al di sotto delle aspettative. Il gigante asiatico offre un'immagine fortemente contraddittoria: da una parte e' il maggiore 'imputato' nell'emissione di gas serra globali (oltre il 30%, dati 2024), ma dall'altra e' anche il piu' grande produttore globale di tecnologie pulite, installando piu' fonti di energia rinnovabile e immettendo sulle sue strade piu' veicoli elettrici di qualsiasi altro Paese (suo il 70% della produzione globale). A settembre, Pechino si e' impegnata a una riduzione del 7-10% entro il 2035, ma secondo gli esperti deve puntare a un taglio di circa il 30% rispetto ai livelli del 2023. Tra i nuovi obiettivi per le energie rinnovabili c'e' l'aumento della capacita' di energia solare ed eolica di sei volte rispetto ai livelli del 2020, portandola a 3.600 gigawatt in dieci anni, e l'aumento della quota di combustibili non fossili nel suo consumo energetico totale a oltre il 30%. Si tratta, secondo diversi analisti, di impegni realizzabili e poco ambiziosi stando ai dati attuali. La speranza e' che la Cina prometta poco ma superi i risultati, come ha fatto con alcuni obiettivi precedenti. Discorso a parte per gli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump resta convinto che il cambiamento climatico sia "la piu' grande truffa mai perpetrata al mondo" e uno dei suoi primi atti da presidente e' stato il ritiro degli Usa dall'Accordo di Parigi. Non stupisce che a Belem la Casa Bianca non inviera' alcun alto funzionario americano. Alla Cop30 e' atteso il lancio di un innovativo e fortemente ambizioso fondo globale per preservare le foreste tropicali. Il Tropical Forests Forever Facility (Tfff) punta a raccogliere fino a 25 miliardi di dollari dai Paesi sponsor e altri 100 miliardi di dollari dal settore privato. Il Brasile, promotore dell'iniziativa, ha gia' stanziato un miliardo di dollari.
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