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Da Milano a Bari fino a Pesaro: Schlein costretta a sostenere i big travolti dagli scandali
Ieri 24-07-25, 07:36
Ciò che condanno negli altri, giustifico in me stesso. La massima che sta, de facto, identificando il Partito Democratico targato Elly Schlein agli occhi della pubblica opinione non sarebbe dovuta essere questa. Basta fare un breve salto temporale, per ricordare come la donna dai tre passaporti abbia basato molto (se non tutto) sulla centralità della questione morale nella sua campagna elettorale per le primarie per la segreteria del partito. Dopo aver sconfitto Stefano Bonaccini, il 12 marzo 2023, alla prima occasione ha mostrato baldanzosa la sua bussola. La nuova tessera 2024 avrebbe avuto come immagine proprio il volto di Enrico Berlinguer. Per il nativo di Sassari la sinistra doveva essere lontana da certi giochi di palazzo e da ambigui rapporti con poteri economici ed industriali. Nella più famosa intervista sul tema, quella rilasciata ad Eugenio Scalfari il 28 luglio del 1981, Berlinguer mise, nero su bianco la sua (ingombrante) eredità politica. «I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. Sono macchine di potere che si muovono soltanto quando è in gioco il potere». Accuse dirette alla Dc, ma anche al Psi di Bettino Craxi. E il Pci? «Il Partito comunista italiano non li ha seguiti in questa degenerazione». Chissà che direbbe Berlinguer della PDopoli che sta travolgendo il partito guidato da Elly Schlein. Milano, Torino, Prato, Bari e, dulcis in fundo, Pesaro. Nel capoluogo lombardo vi sono state le dimissioni dell'ex assessore alla rigenerazione urbana, Giancarlo Tancredi e un avviso di garanzia che pesa come un macigno, quella al sindaco Giuseppe Sala (che però è rimasto attaccato alla cadrega). A Torino il caso Rear, la coop operante nel settore della vigilanza, sicurezza e multiservizi, ha portato in dote otto avvisi di garanzia, tra i quali quello più significativo al Re Mida piemontese della sinistra italiana, il deputato del Pd, Mario Laus. Senza dimenticare le dimissioni del sindaco pratese, Ilaria Bugetti, tutt'ora indagata per corruzione. Senza dimenticare Bari: la scorsa settimana il procuratore aggiunto della Dda Francesco Giannella ha detto che il capoluogo pugliese «è addormentato, assuefatto ai clan» e che «serve attenzione ai voti comprati». Parole forti, sulle quali però il centrosinistra (che governa la città) ha fatto spallucce. Infine, l'inchiesta che sta travolgendo Matteo Ricci è quindi solo l'ultima di una lunga sequenza. Per Affidopoli sono stati sin qui emessi 24 avvisi di garanzia: oltre all'esponente dem, sono coinvolti anche l'ex capo di gabinetto del Comune di Pesaro, Franco Arceci, e l'ex direttore della Fondazione Pescheria. Compaiono poi nomi dell'imprenditoria non solo pesarese, dirigenti, collaboratori e funzionari pubblici. Secondo la tesi accusatoria vi sarebbe stato in sostanza un sistema che legava l'amministrazione pesarese ad alcune associazioni, tra cui Opera Maestra e Stella Polare, le quali avrebbero ottenuto affidi diretti, dunque senza bandi di gara, per interventi divario tipo (dal murales perla Segre al casco per Valentino Rossi fino a feste o altri eventi) per oltre 500mila euro. I Cinque Stelle hanno chiesto esplicitamente"chiarimenti" a Ricci. Il campo largo, che, dopo mesi di tentennamenti, pareva essere decollato, rischia di sfracellarsi al suolo rapidamente. Non va infatti dimenticato come, dopo la seconda lettura del Parlamento, la riforma della giustizia voluta dal centrodestra sarà certamente tema di un referendum. Per il quale i grillini vogliono essere identificati come i paladini del rigore morale. Nelle segrete stanze capitoline, Giuseppe Conte si trova di fronte ad un enorme dilemma: proseguire con l'alleanza col Pd, rinnegare i valori fondanti del Movimento, ma avere qualche (seppur modesta) chances di vittoria o abbandonare le velleità di tornare a Palazzo Chigi e presentarsi alle prossime tornate (locali e politiche) elettorali da soli? La risposta sancirà, verosimilmente, il futuro della segreteria di Elly Schlein. La donna che voleva emulare Enrico Berlinguer e si è trovata a dover gestire PDopoli.
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