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Fidanzatini di Policoro, gli esperti riaccendono i dubbi: “Non fu un incidente, ma un'aggressione”
Oggi 21-11-25, 14:30
Una madre che continua a chiedere giustizia, una verità smentita da chi l'ha scritta e i mille dubbi sulla morte di una giovane coppia. Il programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, ha approfondito il caso dei fidanzatini di Policoro, i due giovani trovati morti in un appartamento in Basilicata il 23 marzo 1988. Luca Orioli, 23 anni, giaceva riverso sul pavimento, mentre la fidanzata Marirosa Andreotta, 21 anni, era senza vita nella vasca da bagno: dopo varie inchieste, sono ufficialmente deceduti a causa di un'intossicazione per inalazione di monossido di carbonio. Una morte accidentale, dunque, un incidente domestico. Una tesi che non ha mai convinto le famiglie delle due giovani vittime, in particolar modo i familiari di Luca Orioli, che ancora oggi chiedono nuovi approfondimenti affinché ogni dubbio venga fugato e la verità vera — non una verità parziale — possa emergere. Mamma Olimpia, in particolare, dopo aver recuperato una serie di lettere che si scambiavano i due fidanzatini, ha chiesto la riapertura del caso, che non ha mai avuto alcun processo verso imputati specifici e quindi nessun condannato. La signora Olimpia, tramite i suoi legali, ha presentato un esposto alla Procura Generale di Potenza, già trasmesso alla Procura di Matera, chiedendo che si faccia luce sul comportamento dei magistrati, soprattutto in seguito alle dichiarazioni rilasciate al Corriere del Mezzogiorno da Luigi De Magistris, ex magistrato che indagò a lungo sul caso, da lui ritenuto un duplice omicidio, con “una condotta dei magistrati che avrebbero ostacolato l'accertamento della verità sin dalle prime fasi dell'inchiesta”. Dunque, la famiglia ha ripreso la sua lotta per ottenere giustizia, mai convinta della tesi dell'incidente domestico secondo cui Luca e Marirosa sarebbero morti per folgorazione o a causa di un'intossicazione da monossido di carbonio. La suggestione è che possa esserci stata un'attività degli investigatori poco pulita, tra falsi e imperizia, che potrebbe celare anche un vero e proprio depistaggio, mosso da ufficiali delle forze dell'ordine. Ecco perché la famiglia chiede che si valuti se, nella condotta di alcuni magistrati che si sono succeduti nella direzione delle indagini, vi siano elementi rilevanti dal punto di vista disciplinare e penale. “De Magistris non fa supposizioni o ipotesi – ha sottolineato l'avvocato Antonio Fiumefreddo, legale della famiglia Orioli – perché lui ha svolto delle indagini su Policoro, nell'ambito di un'inchiesta più ampia, che gli costò il trasferimento e poi l'abbandono dell'ordine giudiziario. Lui parla di un'aggressione subita, di omicidio, c'è anche un alto ufficiale indagato. Poi ci sono delle perizie, nelle due riaperture delle indagini che ci sono state, che parlano della morte dei ragazzi come conseguenza di un'aggressione violenta, soffocamento e annegamento nell'acqua della vasca da bagno. Oggi la medicina legale, rispetto a qualche anno fa, ha fatto passi da gigante. Si può stabilire com'è morto un faraone duemila anni fa, quindi è possibile farlo anche per i due ragazzi morti nel 1988. Ma anche con gli strumenti dell'epoca è stato stabilito che i segni erano compatibili con un'aggressione. Il depistaggio o gli errori furono commessi sin dall'inizio. Quando furono trovati i due corpi nudi nel bagno, subito si parlò di elettrocuzione causata da un caldobagno, che invece funzionava perfettamente; poi si diede la colpa a una folgorazione per una presa elettrica. Quel perito fu processato per falso in perizia, un reato poi prescritto. Ci chiediamo: perché l'ingegnere accertò e dichiarò il falso? Chi glielo chiese? Allora si arrivò alla tesi del monossido di carbonio, attraverso una consulenza del PM, contestatissima, che lo stesso perito tredici anni dopo smentì del tutto, poiché disse che quella quantità di monossido era frutto del processo di putrefazione e non poteva uccidere una persona. Il vero errore è che non fu fatta l'autopsia, perché il medico legale si fidò di ciò che disse il vicepretore e non esaminò neanche esternamente i due cadaveri. Anche vicepretore e medico legale furono imputati di falso, ma sopraggiunse una sentenza di non luogo a procedere. Questa è una storia di cose che non sono state fatte”. Sulla nuova riapertura del caso chiesta dalla famiglia, l'avvocato Fiumefreddo ha spiegato che “la lettera è un inedito, non è stata mai acquisita dai magistrati che hanno indagato nel tempo. I ragazzi si scambiavano delle lettere e si scambiarono anche il diario. La signora Olimpia ha conservato la lettera, come le altre, e adesso chiediamo che venga esaminata”. “Io stessa presentai una richiesta di riapertura alla Procura di Matera per conto della signora Olimpia – ha aggiunto Anna Maria Leone, avvocato e criminologa – perché il medico legale aveva dichiarato il contrario di quanto aveva scritto nella perizia. Siamo di fronte a un cold case, un caso non risolto: non sappiamo ancora la causa della loro morte ed ogni ipotesi è stata confutata. Ad oggi abbiamo delle evidenze chiare che dicono tutt'altro: i ragazzi hanno subito un'aggressione. Lei aveva una ferita sulla nuca, che continuava a sanguinare, e delle lesioni sotto-oculari. Lui, un testicolo tumefatto e segni di trascinamento, mentre i suoi vestiti erano bagnati e in un'altra stanza della casa. Mi chiedo come mai si batta solo una parte per la verità, e non entrambe le famiglie. La sorella di Marirosa mi ha detto che per loro la verità è stata cristallizzata nell'ultima indagine medico-legale: senza ombra di dubbio, morti per monossido”. “Dal punto di vista psicologico – ha commentato Simona Ruffini, psicologa e criminologa – pensano di aver trovato una verità, quindi hanno deciso di fermarsi. Invece, la lettera è un elemento importante: bisognerebbe fare una perizia grafologica per capire il momento in cui l'ha scritta e lo stato dell'arte della relazione tra i due ragazzi. Per riaprire un cold case si parte dagli atti e dalla scena del crimine nei primi momenti, che sono indicativi di una strana concatenazione di eventi che hanno inquinato le indagini”.
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