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Garlasco, il giallo delle impronte sul pc e il "suggerimento" del pm a Sempio
Ieri 12-06-25, 07:45
Quel brogliaccio delle intercettazioni di Andrea Sempio, disseminato da «incomprensibile» o «conversazione poco udibile». Dove mancano perfino i riferimenti dell'indagato a quello che è il cuore dell'inchiesta: il Dna sulle unghie di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco. Quel profilo genetico era rimasto ignoto fino al dicembre 2016, quando la difesa dell'unico condannato, Alberto Stasi, era riuscita a collegare Ignoto 1 al codice genetico di Sempio, forzando così l'apertura di un'inchiesta trattata come atto dovuto e chiusa in tempi rapidi dall'allora procuratore Mario Venditti, oggi indagato a Brescia per alcune opacità nella gestione dei fondi della Procura di Pavia. Il 10 febbraio 2017 Sempio, dopo l'interrogatorio, parla in auto con il padre. È il giorno del famoso «ne abbiamo cannata una», quando l'indagato commenta il fatto che sullo scontrino, che Sempio aveva fornito come alibi 14 mesi dopo il delitto, padre e figlio si erano contraddetti. Poi il genitore domanda ad Andrea se i pm avessero chiesto conto anche del Dna. Sempio risponde che gli è stato detto che si tratta di una questione tecnica. A quel punto il brogliaccio con le trascrizioni riporta la dicitura: «A tratti conversazione a bassa voce». Il Tempo, invece, ha ascoltato forte e chiaro ed è in grado di rivelarvi la conversazione inerente quel Dna che, per la nuova Procura diretta da Fabio Napoleone, piazza Sempio sulla scena del crimine, insieme all'impronta 33 sul muro della cantina e ad altri indizi che compongono il castello accusatorio contro l'indagato. «Avete parlato anche del Dna?», domanda Giuseppe. «No», risponde il figlio, «hanno detto che quella era una roba tecnica, però si vedeva che mi han fatto proprio domande inerenti a quello sul...Mi ha chiesto», sottolinea Sempio riferendosi al magistrato, «che cosa facevo a casa dei Poggi, ho detto che giocavamo nelle sale su e giù. E loro continuavano: "perché giocavate sia giù che su? Non potevate giocare solo su o giù? E io...che cazzo m'han detto...perché?». Sempio fornisce subito a papà Giuseppe la spiegazione: «Perché c'è quello che voleva sapere se c'erano dei giochi che dovevamo per forza usare sul pc e se il pc allora lo usavamo...». Un'insistenza che traviserebbe una convinzione precostituita degli inquirenti su come il Dna di Sempio si fosse depositato sulle unghie di Chiara. Forse maturata dopo la testimonianza del genetista Francesco De Stefano, che ascoltato da Venditti il 27 gennaio aveva «ampliato» la sua testimonianza al processo Stasi del 2014, quando sostenne che quel Dna fosse da contatto diretto, probabilmente con l'aggressore. A Venditti prospettò invece l'ipotesi che fosse da contatto mediato con un oggetto. E Sempio usava il computer di Chiara.
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