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Garlasco, sulla scena del crimine spunta un Dna femminile: nel "cassetto" dal 2007
Oggi 23-08-25, 07:46
Omicidio in concorso con altre persone. Sebbene il capo d'accusa della Procura di Pavia contro Andrea Sempio sia il pomo della discordia per quella schiera di anti Stasi che tenta in tutti i modi di osteggiare la nuova inchiesta sul delitto di Garlasco, portando avanti la falsa narrazione che nella villetta di via Pascoli non ci siano tracce di altre persone, a rafforzare la presenza di più complici sulla scena del delitto non ci sono soltanto i nuovi accertamenti, parte dei quali condotti al momento nel massimo riserbo, ma anche una serie di elementi sotterrati nelle decine di migliaia di pagine della vecchia inchiesta. E da quegli atti ora spunta un Dna femminile, che non appartiene a Chiara Poggi ma che è rimasto impresso sui punti nevralgici della scena del delitto di quel 13 agosto 2007. Il materiale genetico di una donna è stato repertato nei primissimi sopralluoghi del Ris di Parma, all'epoca comandato dal generale Luciano Garofano - oggi consulente di Sempio - sul pomello della porta a soffietto della cantina, dove il corpo di Chiara è stato gettato esanime dopo la mattanza, sulla leva del miscelatore del rubinetto del lavabo del bagno, dove l'assassino Alberto Stasi si sarebbe ripulito del sangue, come sostiene la sentenza di condanna, e sulla maniglia interna del portone d'ingresso, poco sotto l'impronta 10 lasciata da uno degli aggressori in fuga dalla scena del crimine. Quel Dna femminile raccolto dagli investigatori non appartiene a Chiara, come dimostra la classificazione contenuta a pagina 145 della relazione biodattilo, redatta nel 2007 dal Ris di Parma, nella quale indica con la dicitura «vittima» i profili corrispondenti al codice genetico di Chiara. Nella griglia, gli unici profili X non riconducibili alla giovane uccisa sono appunto il reperto «maniglia porta a soffietto» catalogato con il numero 57, il 59 «leva miscelatore bagno» e quello sulla «maniglia porta di ingresso», repertato come traccia 60. Il profilo femminile è stato amplificato per l'identificazione della sequenza genetica, ma l'esito della caratterizzazione è risultato negativo. Insomma, la caratterizzazione del Dna aveva portato a risultati non utili, probabilmente con un numero di marcatori inferiori agli standard minimi per l'attribuzione. Eppure, sebbene il codice genetico fosse insufficiente a individuare una compatibilità, avrebbe potuto essere comparato per esclusione con i tamponi salivari prelevati all'epoca a tutte le persone di sesso femminile che avevano frequentato casa Poggi nei giorni precedenti al delitto. Soprattutto alla luce del fatto che quel materiale biologico era stato trovato nei punti chiave della scena del crimine e che, maggiormente sulla porta a soffietto della cantina, si concentrarono gli sforzi investigativi del Ris, visto che Stasi aveva dichiarato a verbale che, quando trovò il corpo, quella porta era chiusa e dovette aprirla. Non a caso l'intera porta fu smontata e portata nei laboratori di Parma, dove gli esami esclusero l'esistenza di impronte o Dna del fidanzato, ma accertarono la presenza sulla superficie di una impronta digitale di Marco Poggi, due digitali e una palmare non attribuite e sulla maniglia un Dna femminile rimasto al momento ignoto. Allo stesso modo nessun approfondimento per esclusione ha interessato il rubinetto del lavabo del bagno, quel lavandino fatto a pezzi per cercare senza successo perfino il sangue nel sifone e dimostrare che le tracce di due anulari di Stasi sul dispenser fossero l'ultimo atto dell'assassino che si lava del sangue prima di allontanarsi richiudendo dietro di sé il portone della villetta. Nemmeno su quella porta d'ingresso ci sono tracce di Stasi, ma il Dna femminile sulla maniglia interna non è stato approfondito.
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