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Gli audio “rubati” a Raoul Bova e la nostra fobia del pettegolezzo
Oggi 28-07-25, 09:34
Questa non ci voleva. Con tutti gli attori disponibili in circolazione proprio il Bova/ Don Massimo scelto come sostituto del leggendario Terence Hill/ Don Matteo doveva finire nelle sgrinfie affilate di un capannello di spioni professionisti? E gettato senza alcuna pietà in pasto al pubblico ludibrio con la conseguenza di trasformarsi improvvisamente nell'immaginario collettivo da illustre attore, forse non indimenticabile per l'espressività interpretativa ma con quell'indiscussa e rassicurante aria da bravo ragazzo della porta accanto, a viscido traditore adescatore di giovani donne su modello Epstein. Come potrà essere credibile come sacerdote dopo averlo sentito sussurrare subdolo «sarò al Principe di Savoia, aperitivo? Dopo cena?», e più audace «anche dopo cena se vuoi. Il posto più sicuro può essere in camera, ti imbarazza?». Puntuale ogni estate una scia di «scandali estivi» segna la cronaca. Il caso delle chat che ha coinvolto Bova ha infatti già portato all'iscrizione di un indagato nell'inchiesta per tentata estorsione ai danni dell'attore. Si tratterebbe di un pr milanese amico della modella e influencer Martina Ceretti, a cui l'attore avrebbe inviato alcuni messaggi audio che sono arrivati poi a una terza persona e che, secondo le ipotesi, avrebbe poi contattato l'attore lasciando intendere una richiesta. Il pettegolezzo diventa dunque un ansiolitico, utile per scoprire che «gli altri» non sono così felici come volevano far credere e grazie all'indiscrezione svelata far calare invidia sociale e curiosità sotto una comoda copertina di cinica soddisfazione. Si deve ai veneti l'etimologia del termine «pettegolezzo» che viene da «peto». Infatti c'è una certa analogia fra l'accumulo di aria nello stomaco che viene espulsa e l'emissione irrefrenabile di chiacchiere malevole e indiscrete. Però il pettegolezzo, pur assecondando ventralmente una pressione interiore e ricalcando le medesime dinamiche di dissimulazione e imbarazzo, rispetto al semplice peto assume un'insospettabile utilità nelle dinamiche di gruppo e nella complessità delle dinamiche sociali. Se fino a qualche tempo fa il voyerismo e conseguente chiacchiericcio era godibile soltanto grazie ai giornali, tutt'al più a un passaparola che però poteva anche essere frutto di leggende metropolitane, in quest'epoca surreale e straordinaria gli spioni hanno a disposizione mezzi e strumenti smisurati. Oltre a ciò una volta c'era una divisione netta e semplice, spioni e spiati. Gli spiati erano personaggi pubblici che stavano ben attenti, e comunque la vita degli spioni non era semplice fra interminabili appostamenti per catturare la principessa Diana sullo Yacht di Dodi o sua cognata Fergie che si faceva succhiare il pollice. Ora invece tutti spiano tutti, e tutti sono spiati, anche quelli che non sono affatto personaggi pubblici ma che sanno che lo potrebbero diventare. C'è l'«hacker» digitale, che nonostante la denominazione minacciosamente straniera potrebbe essere il figlio silenzioso e introverso dei nostri vicini di casa, le mogli spiano i mariti e i mariti le mogli, i genitori i figli e i figli i genitori, i magistrati i politici e i politici altri politici, i datori di lavoro monitorano anche da remoto i dipendenti e i dipendenti si spiano fra loro in una lavatrice con centrifuga ingovernabile di «osservati» e «osservatori» che alla fine lascia tutti sgualciti e strapazzati. C'è poi chi dello spiare sistematico ha deciso di farne mestiere. Gli spioni mercenari non si fanno scrupoli e utilizzano tutti gli strumenti a disposizione per soddisfare il loro pubblico, sciorinano non più video e foto sottratti ma inequivocabili conversazioni telefoniche, messaggi e screenshot, e non sono neppure usciti di casa per ottenerli. Perché c'è sempre qualcun altro, come nel caso Bova/Ceretti/Corona/Monzino che ha spiato, che ha origliato, che ha visto o saputo, magari che ha addirittura architettato tutta la vicenda in vista della partecipazione della Ceretti «dal sorriso meraviglioso e gli occhi spaccanti» come riferisce il Bova, al programma icona culturale dell'estate Temptation Island. I mercenari, si sa, hanno una missione importante: raccontare la «verità» al loro pubblico che aspetta smanioso di sapere tutto e prima di tutti. Gli altri, i «tutti», sognano invece la fama e la popolarità, qualsiasi sia il prezzo, il Bova è nudo, come il re, e gli autori di Don Matteo nei guai: tutti polpette di un tritacarne ormai in moto perpetuo. La «Ceretti occhi spaccanti», tentatrice con copione o senza, intanto ammonisce indignata: «Mi avete descritto come la ragazza che non sono, è molto facile giudicare dalla copertina». Sì, diventerà famosa.
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