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Ha bruciato per anni i segreti di Palazzo Chigi. Ora è malato di leucemia
Ieri 06-08-25, 08:57
Per anni ha incenerito documenti sensibili, faldoni coperti dal segreto d'ufficio. Ma anche ingerito fibre di amianto, solventi e vernici tossiche. Ha respirato lo «Stato». Il suo incarico era molto «speciale». Prelevare il materiale secretato per poi incenerirlo in un laboratorio, un tunnel scavato nel tufo, in una località segreta della Capitale, dove si lavorava senza finestre, con maschere non idonee. Un impianto da romanzo di Le Carré se non fosse tutto vero. Si bruciavano i fascicoli, e, lentamente, la salute. È una storia piena di omissis, a partire dal nome del dipendente, un uomo di 61 anni, separato, padre di una figlia di 23, malato di leucemia. Il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza che costituisce un precedente viste le controparti: la Presidenza del Consiglio e il ministero dell'Economia, condannati (per ora) a risarcire 3.000 euro di spese legali. Ma è solo l'inizio di un nuovo iter legale che giunge al termine di una battaglia durata oltre 10 anni, volta al riconoscimento pieno dello status di «vittima del dovere». La stessa qualifica delle vittime del terrorismo. La condizione di chi ha lavorato per anni nel sottosuolo della Capitale, immerso in un'aria carica di segreti e particolato. Il dispositivo della VII Sezione del Consiglio di Stato deve attenersi al segreto d'ufficio. La topografia del tunnel, ad esempio. Ma qualcosa trapela: si trattava di un'ex cisterna settecentesca, trasformata in laboratorio di falegnameria e poi in forno crematorio per memorie istituzionali. Senza ventilazione, senza aspiratori, con i filtri spesso fuori uso. Una tomba burocratica, dove i dossier, contenuti in buste di plastica, venivano inceneriti. Il lavoratore, assunto nel 1992 come falegname, fu poi destinato all'impianto di smaltimento dei materiali sensibili. Un ruolo di assoluta fiducia, assolto 20 anni in silenzio. Nel 2012 arriva però la diagnosi: leucemia cronica a cellule capellute. Malattia rara, associata all'esposizione a sostanze tossiche e cancerogene. L'avvocatura di Stato lo ha negato, forte di pareri medici, e nella convinzione che il Tar del Lazio Anni L'età del lavoratore che ha una figlia di 23 anni chiudesse la questione. E in effetti lo fece. Ma gli avvocati Ezio Bonanni e Pietro Gambino non si sono arresi. Bonanni, presidente dell'Osservatorio nazionale amianto, spiega: «Si bruciava materiale riservato in ambienti insalubri. Ma quello che più di tutto ci preme affermare è il diritto alla tutela della salute per tutti i lavoratori, anche per i dipendenti di Palazzo Chigi». E sotto l'egida del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza. Non un'officina. Non un magazzino. Un impianto gestito direttamente dallo Stato. Il Consiglio di Stato ha smontato la versione della Presidenza del Consiglio. Ha parlato di «gravi carenze istruttorie» e di «inadeguata valutazione scientifica dell'esposizione». Ha riconosciuto che le condizioni ambientali erano incompatibili con la salute. Ha aperto uno squarcio in una zona grigia. Oggi non si incenerisce più nulla in quel modo. I dossier vengono digitalizzati, archiviati, cancellati con tecniche «pulite». La vera incognita ora è il prossimo passo: quanto varrà la salute di un uomo? Quanto costerà alla Repubblica aver incenerito i suoi faldoni? Non è dato sapere. Ma almeno la verità ora è venuta fuori dal tunnel.
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