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Il dubbio: le riforme non gradite ai magistrati finiscono alla Consulta
Oggi 05-10-25, 16:01
Il prossimo 8 ottobre la Corte Costituzionale dovrà decidere sulla nuova legge che riguarda il «traffico di influenze illecite», come modificata dalla Riforma Nordio. Quest'ultima riforma ha sollevato dubbi sulla sua legittimità, soprattutto perché la Procura di Roma pensa che essa possa essere in contrasto con la Costituzione italiana e con la Convenzione di Strasburgo contro la corruzione. La nuova legge ha infatti modificato la definizione e i limiti del reato di traffico di influenze illecite, e - secondo qualche giurista - questo potrebbe aver ridotto la protezione penale rispetto a quella prevista negli impegni presi dall'Italia a livello europeo e internazionale. Il punto centrale della questione è dunque capire se la nuova legge rispetti, o meno, le regole internazionali e la Costituzione, che obbligano l'Italia a mantenere gli impegni presi con altri Stati e con le organizzazioni europee einternazionali. Per capire se questo sia vero occorre leggere almeno 4 sentenze della Corte (n.183/1973, n. 170/1984, n.73/2001 e n.236/2011): da queste ultime risulta però il contrario, perché quella Corte ha sempre sostenuto che gli accordi internazionali possono limitare la libertà del nostro Parlamento, ma solo se gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali che contengono quegli impegni siano chiari, precisi e compatibili con i principi fondamentali della Costituzione. Nelle questioni penali, la stessa Corte ha più volte chiarito che le convenzioni e i trattati internazionali non hanno valore diretto in Italia, a meno che non siano molto stringenti, oppure siano state completamente trasformate nelle leggi applicative approvate dal Parlamento. La Corte ha anche ricordato che, in materia penale, lo Stato italiano ha comunque un margine di libertà nell'applicare gli accordi internazionali, purché non vengano aggirati gli obiettivi principali di tutela previsti dalle convenzioni che li contengono. È necessario allora ricordare che l'articolo 12 della Convenzione di Strasburgo prevede che ogni Stato debba creare una legge che punisca il traffico di influenze illecite, ma lasciando ampia libertà su come farlo e su quali sanzioni applicare. La Convenzione non obbliga, quindi, a definire in modo preciso e dettagliato il reato, ma chiede solo di raggiungere il risultato di combattere i comportamenti che appaiano in stridente contrasto con gli obblighi assunti al momento della sua sottoscrizione. La Riforma Nordio, nella parte in cui ha riformulato il reato di traffico di influenze, non si pone dunque in contrasto con i vincoli costituzionali e internazionali, ma si inserisce piuttosto nel solco di una tradizione dottrinale e giurisprudenziale. Resta però un dubbio nella testa di chi scrive: perché i magistrati giudicanti accolgono con tanta frequenza le domande di rimessione alla Corte costituzionale delle riforme non gradite ai magistrati inquirenti? Non sarà il caso di porre fine a questo andazzo, finalmente attuando la tanto vituperata separazione delle carriere fra chi sostiene l'accusa e chi deve giudicarne la fondatezza?
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