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Il patriarca di Gerusalemme Pizzaballa: "La maggioranza della popolazione è stanca di questa guerra"
Ieri 19-09-25, 19:23
“Israele oggi si percepisce come unica vittima, e questo impedisce di avere una visione lucida e libera del futuro. Gli israeliani vogliono la fine della guerra perché ci sono troppi morti, perché c'è grande stanchezza. Ma questo non significa che ci sia un desiderio di soluzione del conflitto”. Lo ha detto il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, ospite al Festival di Open, in corso a Parma, rispondendo alle domande dell'editore del giornale, Enrico Mentana, e del direttore Franco Bechis. “Desiderio di fine della guerra c'è, ma pace ancora lontana” Un'analisi lucida, e per molti versi ineccepibile, quella del patriarca di Gerusalemme, nella lista dei “papabili” - almeno secondo le indiscrezioni giornalistiche - prima dell'elezione di Papa Leone XIV. “Il desiderio della fine della guerra c'è. - ha sottolineato il porporato - Credo che oggi la maggioranza della popolazione sia stanca di questa guerra, ma questo non significa che chi vuole la fine della guerra voglia la pace dei palestinesi e la fine del conflitto”. Il riferimento è alla fine del conflitto israele-palestinese e alla prospettiva di pace, che sembra ancora molto lontana: “Anche se finisse oggi, non sarebbe comunque la fine. Le conseguenze le pagheremo ancora per moltissimo tempo: ferite, sfiducia, rancore e odio resteranno a lungo”. Le origini del conflitto e la radicalizzazione Circa l'attuale situazione in Medio Oriente, Pizzaballa sostiene che le origini del conflitto non siano riconducibili al 7 ottobre del 2023, quando i miliziani di Hamas attaccarono il territorio di Israele, uccidendo almeno 1194 persone fra civili israeliani e militari, e prendendo in ostaggio 250 persone. “ll 7 ottobre è frutto di anni di polarizzazioni cresciute nel tempo. - ha dichiarato il patriarca di Gerusalemme - L'assassinio di Yitzhak Rabin nel 1995 era già segno di un pensiero radicalizzato che poi si è sviluppato, fino a entrare nelle istituzioni. Dall'altra parte è avvenuto lo stesso. L'incapacità di costruire fiducia e di sviluppare un linguaggio inclusivo ci ha portato al disastro di oggi”. “Tel Aviv è in una bolla” Il porporato è molto critico su Israele, descrivendo una società divisa tra due poli: da un lato Tel Aviv e dall'altro il resto del Paese. “A Tel Aviv c'è una coscienza diffusa di quanto sta avvenendo, soprattutto tra il ceto medio e il mondo high tech. - ha puntualizzato - Ma Tel Aviv è una bolla, il resto del Paese vive un'altra realtà. Israele si percepisce come una vittima”. Rispondendo a una domanda sull'eventualità che i palestinesi diventino i “nomadi del Medio Oriente", Pizzaballa ha risposto che “lo sogno già”. Gli aiuti umanitari Un altro tema importante di cui si è dibattuto durante l'incontro riguarda gli aiuti umanitari e la carestia di cibo. Proprio oggi l'Unicef ha denunciato il furto di un grosso carico di viveri a Gaza City da parte di un gruppo di individui, non meglio identificati. “Senza proteine, frutta e vitamine, la malnutrizione diventa un problema gravissimo”, ha sottolineato il porporato. Infine, il patriarca di Gerusalemme ha tracciato le linee guida per una soluzione di pace: “La coscienza dei popoli, dei movimenti, dell'opinione pubblica è viva. È da lì che dobbiamo ricominciare: ricostruire un tessuto nel territorio, creare alleanze dentro la società civile che tengano viva l'umanità”.
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