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La relatrice Onu se la prende con Valditara e lancia il decalogo della «Resistenza»
Oggi 14-12-25, 09:16
Francesca Albanese non finisce di sorprenderci. Dopo l'intervento del ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara, che ha avviato un'ispezione in alcune scuole toscane che hanno ospitato la relatrice, che nel corso dei suoi interventi davanti agli avrebbe rilasciato dichiarazioni gravi, decide di alzare i toni. «Cosa penso dell'ultima zaffata persecutoria nei miei confronti da parte del governo italiano? Nulla. Nulla che non pensassi già, ecco. Weaponization (uso come arma ndr) of incompetence. Massima solidarietà agli studenti, restate liberi e amorevoli, e ai loro insegnanti. È la scuola la vera vittima», ha scritto in risposta al Ministro. Ma non basta. Il 26 marzo 2025 la relatrice speciale delle Nazioni Unite per il territorio palestinese occupato, Francesca Albanese, ha incontrato più di 3.000 studenti in tutta Italia, come si legge su sito di «Docenti per Gaza» ed è lì che è stato generato il suo vademecum. Le dieci parole chiave della special rapporteur? La prima: «Colonialismo». Poi «antisemitismo»: «Il termine viene strumentalizzato nel dibattito contemporaneo: chi critica le politiche dello Stato di Israele nei confronti della Palestina viene spesso accusato di antisemitismo in modo ingiusto». Ha però omesso di spiegare che è proprio dietro chi si presenta come antisionista che si cela il vero odio verso gli ebrei. La terza: «Palestina». A seguire: «Occupazione militare, Diritto internazionale», «Apartheid», «Autodeterminazione». Fermiamoci un attimo sul punto otto: «Resistenza». Leggiamo che «la resistenza palestinese è una risposta militare e alla negazione dei diritti fondamentali. Il diritto internazionale riconosce il diritto dei popoli occupati alla resistenza, ma impone limiti chiari, come il divieto di colpire civili. La narrativa dominante criminalizza ogni forma legittima di resistenza palestinese, mentre legittima la violenza sistematica dell'occupazione israeliana». Anche qui, forse per colpa di qualche vuoto mnemonico, non nomina Hamas, che non è minimamente sinonimo di resistenza, bensì un'organizzazione terroristica. E proprio quell'organizzazione ha colpito oltre 1200 israeliani. Erano civili. Al punto nove abbiamo la «Tensione tra diritto e politica». E la chiusura del decalogo è affidata al termine per eccellenza: «Genocidio». Perché chiunque non si pieghi alla sopracitata narrazione decisa dall'alto, è accusato di essere un complice della oramai nota (a non identificata) entità sionista: «Tra Palestina e Israele non è una guerra, è una forma di scontro coloniale: non ci sono due eserciti, non ci sono due stati». No, c'è una democrazia da un lato e dei tagliagola dall'altro.
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