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La riforma della professione forense. Un testo atteso che modernizza l'Avvocatura e ne riconosce la centralità nella società
Oggi 06-10-25, 16:03
Il 4 settembre scorso, il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del Ministro della giustizia Carlo Nordio, il disegno di legge-delega di riforma della professione forense. Il testo è frutto del lavoro di condivisione tra Consiglio nazionale forense ed esecutivo ed introduce diverse novità: dall'accesso alla professione, ai compensi; dall'esercizio collettivo dell'attività professionale, alla disciplina delle incompatibilità; dalla disciplina del segreto professionale fino alla c.d. monocommittenza. La riforma riafferma anzitutto il ruolo fondamentale dell'avvocato per il rispetto dei principi dello stato di diritto e la corretta amministrazione della giustizia. È ribadito il carattere personale dell'incarico, ma è riconosciuta la centralità dello svolgimento collettivo della professione, sotto forma di associazione o società professionale. Allo scopo, i futuri decreti attuativi dovranno, in primo luogo, individuare gli elementi negoziali essenziali da includere nel contratto associativo. Inoltre, si stabilisce che, nelle società tra avvocati, i titolari di una partecipazione sociale corrispondente almeno a due terzi del capitale sociale, dei diritti di voto, e del diritto di partecipazione agli utili, devono essere avvocati iscritti all'albo o comunque professionisti iscritti in altri albi professionali. Al contempo, i soci non professionisti sono ammessi soltanto per fornire prestazioni tecniche o per finalità di investimento atteso che, in ogni caso, la maggioranza dei membri dell'organo di gestione deve essere composta da soci avvocati. In questo contesto, appare certamente opportuno sottolineare che, a seguito della riforma, i soci avvocati dovranno, non solo, detenere i due terzi del capitale sociale ma anche del diritto di partecipazione agli utili. Particolarmente innovativa, anche in quanto connessa all'ascesa delle grandi realtà legali multidisciplinari, è la prevista regolamentazione dell'attività professionale in regime di c.d. monocommittenza. Al riguardo, i decreti legislativi dovranno contenere una “disciplina organica”, che assicuri l'autonomia e l'indipendenza intellettuale e di giudizio del singolo professionista, evitando surrettizie forme di subordinazione. Sotto altro profilo, viene meno l'attuale regime di incompatibilità tra la professione di avvocato e le funzioni di amministratore unico, consigliere delegato, presidente o liquidatore degli organi di amministrazione di società di capitali, enti e consorzi, pubblici e privati. Si tratta di un mutamento radicale che riconosce la dinamicità della professione legale, sempre più business oriented introducendo modifiche sostanziali e non di mera forma, che si premurano di regolare un settore ancora in grande espansione e fermento. In questo contesto, l'apporto del professionista del futuro al mercato potrà essere sempre maggiore, con un coinvolgimento diretto nelle dinamiche gestorie delle imprese. La legge delega rafforza, poi, il carattere riservato alla professione forense, rinviando ad una previsione ad hoc per l'individuazione delle ipotesi in cui “specifici atti aventi rilevanza giuridica per l'ordinamento” debbano essere considerati nulli o annullabili ove compiuti senza assistenza legale. La riforma dovrà, infine, intervenire in materia di segreto professionale, rafforzandone l'operatività allo scopo di garantirne l'inviolabilità e l'indisponibilità nonché in tema di equo compenso, nel solco di quanto già fatto con la legge n. 49 del 2023. Non resta che attendere l'avvio dell'esame parlamentare, in esito al quale, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, il governo dovrà adottare uno o più decreti legislativi. Quello che si prefigura è un deciso ammodernamento della professione, nel solco delle sue più nobili tradizioni ma in linea con le mutate esigenze del mercato e della società. avv. Francesco Paolo Bello- Managing Partner di Deloitte Legal.
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