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La rivoluzione silenziosa di Papa Leone. Ora comincia davvero l'era Prevost
Oggi 25-08-25, 11:45
Affabile, sorridente, poliglotta, riflessivo, ma in linea con il suo diretto predecessore. Così molte testate giornalistiche continuano a descrivere Leone XIV, 267° successore di Pietro dall'8 maggio scorso. Viene pervicacemente sottolineato un aspetto: fino ad oggi non ha fatto nulla che possa andare in controtendenza con Bergoglio, quindi c'è assoluta continuità. Nulla di più sbagliato. È vero, sì, Leone ha un carattere più mite ed introverso rispetto alla personalità strabordante di Francesco, ma i suoi silenzi, testimoniati da numerosi porporati e capi dicastero ricevuti in udienza in questi primi cento giorni, la dicono lunga. Prevost ascolta tutti, sia i bergogliani di strettissima osservanza che al cospetto del nuovo sovrano cercano di salvare la propria posizione, sia coloro che sono stati epurati nel precedente pontificato e che sperano oggi di poter tornare a contare qualcosa. Per tutti, però, Leone è imperscrutabile e imprevedibile. Per dirla con un eminentissimo della vecchia guardia che nei giorni scorsi ha incontrato il pontefice: «Con questo Papa va rievocato quanto disse Churchill rispetto alla Russia di Stalin: è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro un enigma». In realtà il Pontefice, dopo aver ricevuto in questi primi mesi tutti i vertici della Chiesa, ha le idee ben chiare, anzi chiarissime, su coloro di cui potersi fidare e chi, con gentilezza, accompagnare alla porta. Il primo in ordine d'importanza che non vedrà confermato il suo mandato è Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. Il presule romano naturalizzato felsineo ha commesso vari errori negli ultimi tempi, alcuni dei quali risultati oltremodo pruriginosi al Papa. Se il lungo colloquio con Francesco Merlo alla festa de La Repubblica, in cui il porporato si era lasciato andare a stravaganti risatine e ad un maldestro «Francesco manca molto a tutti noi», era stato derubricato da Leone a semplice compianto per la morte di Bergoglio, non sono affatto piaciuti al pontefice altri episodi più recenti che hanno visto protagonista il cardinale di Bologna. Quella lettura interminabile dei nomi di bambini uccisi a Gaza, per esempio, è andata di traverso al Papa che sta cercando in tutti i modi di arrivare alla Pace in Medio Oriente, anche mettendo a disposizione il territorio vaticano. «La politica estera della Santa Sede la dirige Leone e secondariamente Parolin, non c'è più spazio per delegati esterni alla Segreteria» sussurra a Il Tempo un altissimo prelato molto vicino al pontefice statunitense. È ormai chiaro a tutti, quindi, che Leone XIV attenderà la naturale scadenza del mandato di Zuppi, prevista per maggio 2027, per sostituirlo al vertice della Conferenza episcopale italiana. C'è poi una questione tutta interna alle Sacre Mura, quella relativa alla folta comunità francescana proliferata e moltiplicatasi sotto il regno di Bergoglio. Leone, secondo Papa, dopo secoli, appartenente ad un ordine monastico, ha in mente di rivoluzionare lo schema imposto dal suo diretto predecessore che aveva portato in Vaticano schiere di gesuiti e francescani, a cominciare dall'Arciprete della Basilica di San Pietro, quel Mauro Gambetti chiamato a Roma direttamente da Assisi e passato velocissimamente dal saio alla porpora a soli 53 anni. Già ampiamente criticato per la gestione dimessa della più importante chiesa della cattolicità, il francescano Gambetti è stato subito attenzionato dal nuovo pontefice fin dalle prime cerimonie tenute in San Pietro. Una certa liberalità nel vestire (ha accolto il Papa in clergyman quando tutti gli altri porporati vestono diligentemente la sottana scarlatta al cospetto del nuovo pontefice) ma soprattutto nell'agire al di fuori del Vaticano hanno fatto sì che Leone XIV ponesse sull'Arciprete il suo imperscrutabile sguardo. Pare addirittura che il Papa abbia piena cognizione delle reali motivazioni che hanno causato un ricovero d'urgenza del porporato presso il Policlinico Gemelli lo scorso giugno. Maldicenze? Forse. È però certo che Leone, dopo aver ridimensionato padre Enzo Fortunato, epigono di Gambetti da lui portato in Vaticano e al quale il Papa ha tolto la presidenza del Pontificio Comitato per la Giornata Mondiale dei Bambini – organismo appositamente creato da Bergoglio e ora incardinato nel dicastero per i Laici – voglia andare avanti dando più spazio ai suoi fedelissimi confratelli agostiniani e sostituire in tempi rapidi anche lo stesso Arciprete, magari mandandolo a dirigere qualche diocesi italiana. Da Assisi, dove si attende con grande entusiasmo la canonizzazione di Carlo Acutis il 7 settembre, arriva però un avvertimento: «Qui Gambetti non lo rivogliamo». Deciderà, come sempre, il Sommo Pontefice.
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