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“Mitomane, non accetta il contraddittorio”. Giubilei demolisce Albanese dopo la fuga in tv
Oggi 07-10-25, 13:06
È bastata la citazione di Liliana Segre per far perdere la calma a Francesca Albanese, relatrice speciale dell'Onu per i Territori Palestinesi. Nel talk “In Onda”, su La7, il giornalista Francesco Giubilei aveva appena evocato le parole della senatrice sopravvissuta ad Auschwitz quando Albanese, visibilmente infastidita, ha abbandonato lo studio tra lo stupore dei presenti. Un gesto che ha immediatamente acceso la polemica. “Ho semplicemente citato la senatrice Segre – ha raccontato Giubilei a ‘Radio Cusano Campus' nel corso del programma ‘Battitori Liberi'– e lei si è alzata ed è andata via. È la terza volta che la incontro e ogni volta evita il confronto. Questa volta non ha nemmeno aspettato che finissi la frase”. Secondo il giornalista, l'atteggiamento della relatrice Onu dimostra “una difficoltà ad accettare il contraddittorio, specie quando davanti si trova qualcuno che non la pensa come lei”. La scena, trasmessa in diretta, è diventata in poche ore virale sui social. In studio conducevano Luca Telese e Marianna Aprile. Mentre Giubilei parlava di genocidio e ricordava come Segre avesse espresso posizioni diverse da chi usa quel termine per definire la guerra di Israele a Gaza, Albanese ha interrotto: “Io devo andare”. Poi ha lasciato lo studio tra un mormorio generale. Telese ha provato ha stemperare gli animi: “Era prefissato che se ne andasse alle 21”. Per Giubilei, comunque, non si è trattato di una semplice uscita anticipata. “È doppiamente grave se lo fai mentre si cita una donna di 95 anni, sopravvissuta ad Auschwitz, che ha sempre parlato di pace e riconciliazione. È mitomania pensare di poter dare lezioni su cos'è il genocidio a Liliana Segre”, ha commentato. Il caso è rapidamente finito anche nel dibattito politico. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha parlato di “gesto inaccettabile”, sottolineando come “Liliana Segre rappresenti una memoria sacra per l'Italia e per l'Europa. Non si può liquidare con leggerezza la sua voce”. La risposta della relatrice Onu non si è fatta attendere. In un'intervista a “Fanpage”, Albanese ha ribadito di avere “grande rispetto per la senatrice Segre e per la sua esperienza umana”, ma ha aggiunto che “il suo dolore non la rende lucida nel valutare cosa stia accadendo a Gaza”. Una frase che ha riacceso le polemiche. Per molti osservatori, è un modo di ridimensionare il pensiero di una testimone della Shoah, trattandolo come se fosse emotivo e non razionale. Albanese ha poi precisato che il suo allontanamento dallo studio era dovuto a un impegno successivo, ma ha anche spiegato di non essere disposta a partecipare a dibattiti “con persone che non conoscono a fondo il diritto internazionale o la situazione a Gaza”. Al di là dello scontro personale, l'episodio rivela una frattura più profonda: quella tra il linguaggio della memoria e quello della diplomazia internazionale. Da un lato c'è la figura di Segre, simbolo morale e civile del Novecento, che invita alla prudenza nell'uso del termine “genocidio” per non svuotarlo del suo significato storico. Dall'altro, la relatrice Onu che sostiene di avere “l'obbligo di denunciare” ciò che definisce “un genocidio in corso a Gaza”, citando rapporti e testimonianze raccolte dalle Nazioni Unite. Solo pochi giorni prima, Albanese era stata accolta a Fabriano per la cittadinanza onoraria, durante la quale aveva detto: “Non possiamo più guardare altrove mentre un genocidio viene commesso, anche con la nostra complicità economica o politica”. Le sue parole, già allora, avevano diviso l'opinione pubblica: c'è chi la considera una voce coraggiosa contro l'indifferenza occidentale e chi l'accusa di posizioni sbilanciate e di scarsa imparzialità. Quello tra Giubilei e Albanese non è solo uno scontro televisivo, ma lo specchio di un'Italia sempre più spaccata. Da una parte, chi invoca il rispetto per la memoria e per figure come Segre, ritenendo inaccettabile qualsiasi giudizio che relativizzi la sua parola. Dall'altra, chi rivendica il diritto di discutere, anche duramente, temi complessi come quello del conflitto israelo-palestinese, senza tabù né santuari intoccabili. Come spesso accade, la verità non si trova nei toni esasperati né nelle uscite plateali. Ma resta il fatto che in un talk show televisivo, nel 2025, basta ancora nominare Liliana Segre perché il clima si infiammi. E forse, nel fragore del dibattito, ci si dimentica che la parola più preziosa che la senatrice ha sempre difeso è una soltanto: dialogo.
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