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“Monti e lo spread? I conti dell'Italia li avevo messi a posto io. Bene Meloni sul bilancio”
Oggi 03-09-25, 09:57
Il Tempo contatta Giulio Tremonti, attualmente presidente della Commissione Esteri della Camera, già quattro volte ministro, alla luce dei riconosciuti progressi italiani nella tenuta dei conti pubblici. Christine Lagarde ha affermato che stiamo compiendo sforzi molto seri sul tema. E presumibilmente si uscirà dalla procedura di infrazione sul deficit nel 2026. Cosa ci indica questa constatazione? «Si tratta di una notizia assolutamente positiva, che rende merito al governo italiano e alla sua azione». Se parliamo di conti pubblici non possiamo che virare sul tema del debito, negli anni zavorra e clava politica... «Guardi, la storia dei debiti pubblici è normalmente una storia di "longue duree". L'uscita dalla linea di lunga durata si manifesta solo in dipendenza di fattori straordinari, come guerre, crisi, colpi di Stato politici». E qual è il tracciato seguito dal debito pubblico italiano? «Quattro fasi. La prima è quella del dopoguerra: debito non rilevante. Poi negli anni '60 inizia il ciclo della spesa fatta a debito, per due ragioni: costruire il welfare state, dalla sanità alla scuola, e per gestire il grande movimento migratorio interno, da Sud a Nord. Terza fase, quando la democrazia del deficit degenera in un deficit di democrazia: più si spende, più voti si prendono. Peggio si spende, più preferenze si prendono». Arrivano i '90... «Entriamo in una fase di riduzione progressiva, dovuta a tutti i successivi governi, da Amato e Ciampi in poi». Anche con i governi Berlusconi? «Sì, anche con i governi Berlusconi, dal 1994 in poi. Il debito tendeva al 100% e lo spread era ai minimi. Poi è venuta la grande crisi. E qui raggiungiamo il punto dolente, perché quel governo poi cadde proprio con il grimaldello del debito. Noi, appena entrati in carica, variamo un decreto legge che anticipa tre finanziarie, per stabilizzare l'economia. E la stabilità è durata per tre lunghi anni, mentre altrove la crisi si aggravava». Poi si giunge al 2011. «31 maggio di quell'anno, Considerazioni finali del Governatore della Banca d'Italia Draghi, cito testualmente: "In Italia il disavanzo pubblico, prossimo al 4% del Pil, è inferiore a quello medio dell'area euro...appropriati sono l'obiettivo di pareggio di bilancio per il 2014...grazie a una prudente gestione della spesa durante la crisi. Lo sforzo che ci è richiesto è minore che in altri Paesi avanzati". 14 luglio, Corriere della Sera, Mario Monti: "la manovra del ministro dell'Economia e Finanze Giulio Tremonti è considerata necessaria per rassicurare l'Unione europea e i mercati". 21 luglio, l'Europa approva il bilancio italiano e da Francoforte si titola: "Merkel: la manovra italiana va ben"!». E poi cos'è successo? «Sarkozy e la Merkel a Deauville dicono che gli Stati possono fallire, il riferimento era alla Grecia. La crisi greca fu particolare: debito per Giochi Olimpici, auto di lusso e piscine. Lussi privati e bilanci pubblici truccati. A fronte di questo, con Juncker, abbiamo proposto di costituire un fondo salva Stati. L'idea era di usarlo per salvare gli Stati. In Europa ci chiesero di usarlo per salvare anche le banche e non solo gli Stati. L'Italia acconsentiva, ma sul presupposto di un calcolo fatto non in base al PIL statale, ma del rischio privato. Le banche francesi e tedesche erano a rischio per più di 200 miliardi, quelle italiane per poco più di 20. Questo criterio avrebbe evidenziato la vera origine del rischio Grecia. La settimana dopo arrivò la troika in Grecia e guarda caso partirono di colpo gli spread contro l'Italia, perché sarebbe stata evidente la vera origine della crisi». Perché se tra maggio e luglio eravamo messi bene a ottobre arrivammo con l'incubo di non pagare gli stipendi pubblici? «Perché fu un'operazione politica, con la non neutrale regia del Quirinale di allora. La prova? Di solito prima si acquistano grandi meriti per la Patria e poi si diventa Senatore a vita. In quei giorni, per effetto di una curiosa sequenza i termini furono invertiti». Si riferisce a Mario Monti. Sul Corriere della Sera ha rivendicato i sacrifici del suo governo. Come si leggono, se a metà 2011 i nostri fondamentali erano buoni? La cura da cavallo non fece bene al nostro Pil... «In effetti...con l'Imu ha abbattuto i valori immobiliari. Con l'intervento sulle pensioni ha eliminato la vera riforma che era in atto e prevedeva l'agganciamento automatico alla speranza di vita. Ci fu una serie catastrofica di errori. Faccio notare che a novembre lo spread era a 500, vi restò ancora l'anno dopo la caduta del governo Berlusconi...nonostante il salvataggio! Il salvataggio, si fa per dire, fu con il "whatever it takes" che trasformato da Pronto soccorso in lunga degenza ha generato l'inerzia sulle azioni di bilancio, altrimenti necessarie. Oggi l'Italia le ha sviluppate con il governo Meloni, non pare così altrove».
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