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Malattia di Huntington, la presidente di Lihr D'Alessio: "Rendiamo visibile una forma di disabilità meno riconoscibile"
Oggi 26-11-25, 10:13
"Attraverso un parallelismo tra malattia di Huntington e malattia di Alzheimer, due malattie neurodegenerative, entrambe a oggi senza una cura vogliamo quest'anno sottolineare la necessità di rendere più visibili anche quelle forme di disabilità meno riconoscibili all'osservazione esterna, quelle che colpiscono la mente, sia sul piano cognitivo (comprensione, memoria) che sul piano comportamentale (sintomi psichiatrici). Non si parla mai abbastanza di salute mentale. A mio avviso, c'è ancora molto da fare per inculcare nelle persone e nel sistema l'idea che anche le persone la cui mente non funziona più bene sono disabili, perché perdono progressivamente l'abilità di comprendere, ricordare, fare più cose contemporaneamente, controllare i propri impulsi, riconoscere le emozioni degli altri. Dall'altro lato, intendiamo fare chiarezza sulle prospettive terapeutiche offerte dalla ricerca clinica, perché per entrambe queste malattie sono circolate notizie, a volte confondenti per i pazienti, su farmaci approvati o non approvati dalle Autorità Regolatorie e sul razionale delle scelte che ne sono alla base". Così Barbara D'Alessio, presidente LIRH Lega italiana ricerca Huntington, presenta il convegno annuale LIRH che si terrà sabato 29 Novembre, alle ore 09.00, presso il Centro Congressi Roma Eventi di Piazza della Pilotta. Le testimonianze di Patrizia, Sofia e Andrea apriranno i lavori: perché è così importante dare voce alle persone che vivono la malattia di Huntington in prima persona? "Perché sono le uniche che possono far capire davvero quale dramma si nasconde dietro condizioni così complesse, che stravolgono completamente la vita e ne cambiano per sempre il corso, sia che le si affronti da persona affetta, sia che le si affronti da caregiver. Una madre che tra soli sei mesi non ricorderà più chi sei (es. Alzheimer) o un padre che è stato anaffettivo o aggressivo per tutta la tua infanzia (es. Huntington), producono dei ‘guasti' permanenti, che solo chi ha vissuto sulla sua pelle può raccontare". Per chi non conosce l'Huntington, come descriverebbe in modo chiaro e semplice la natura di questa malattia e l'impatto che ha sulla vita quotidiana delle famiglie? "Ereditaria. Prevedibile, ma non prevenibile. Mente e Corpo. Nascosta. Rara. Sono a mio avviso i concetti chiave per definirla. Si tratta di una malattia con la cui predisposizione genetica si nasce, ma che non si manifesta fin dalla nascita. I sintomi compaiono a un certo punto, di solito in età adulta, quando si è nel pieno della vita. Le manifestazioni possono essere fisiche (difficoltà a coordinare i movimenti, movimenti involontari, rigidità) o mentali (modifica della personalità). O entrambe. Spesso quelle mentali precedono quelle fisiche.L'aspetto peculiare della malattia di Huntington è che è tecnicamente prevedibile attraverso un test genetico, ma tempo e modalità di esordio non sono prevenibili, né prevedibili. Se si è ereditata la mutazione genetica, un giorno (impossibile prevedere quando) ci ammaleremo. Come la mamma (o il papà), come lo zio, il cugino, la nonna, il fratello etc. L'impatto è duplice: da un lato, si vive per anni con una spada di Damocle in testa (mi ammalerò anche io? quando?). Dall'altro lato, nella stessa famiglia ci saranno a un certo punto persone chiaramente malate i cui caregiver si cominciano ad ammalare pure loro". Nel pomeriggio si parlerà delle nuove terapie sperimentali oggi in sviluppo: quali sono le prospettive più significative che la comunità dei pazienti deve conoscere? "Ci sono prospettive molto incoraggianti, sia sulla conoscenza della biologia della malattia che delle possibili future cure. L'inizio di quest'anno è stato segnato da importanti scoperte scientifiche che hanno individuato nell'Huntington il migliore esempio di “patologia dinamica”, con cambiamenti nel cervello che iniziano alla nascita e potrebbero essere modificati con terapie mirate molto presto nella vita". Alla vigilia della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 3 dicembre, quali aspetti del convegno ritiene possano contribuire concretamente a rendere più visibile e compresa la realtà delle persone che convivono con l'Huntington? "Credo che la presenza di persone giovani, sia tra le testimonianze che tra i partecipanti, esprima un messaggio molto forte in termini di ‘lotta agli stereotipi' sulla disabilità, la cui prospettiva è stata già in ribaltata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006 e dalla legge n.18 del 2009 con cui l'Italia l'ha ratificata. E' quindi giusto ricordare e ribadire che la disabilità non solo può riguardare diversi aspetti (fisico e mentale) ma anche diverse fasce di età, inclusa quella “intermedia”, che non è rappresentata né dai bambini né dagli anziani, ma da giovani adulti, che tendono a essere oggetto di minore interesse e attenzione perché, nell'immaginario collettivo, non sono considerati ‘fragili'".
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