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Maxi-blitz a Palermo, centinaia di arresti. Così si riorganizzavano i boss
11-02-2025, 09:50
Colpo alla mafia siciliana che ha provato a riorganizzarsi dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro. Una maxi-operazione antimafia è scattata questa mattina a Palermo dove sono stati eseguiti oltre 180 provvedimenti restrittivi. L'obiettivo è quello di "disarticolare i mandamenti mafiosi della città di Palermo e provincia, in particolare quelli di 'Porta Nuova', 'Pagliarelli', 'Tommaso Natale - San Lorenzo', 'Santa Maria del Gesù' e 'Bagheria'", si legge in una nota. Tra gli arrestati, in molti portati alla caserma Carini di Palermo, ci sono anche boss e fedelissimi di Cosa nostra scarcerati qualche tempo fa, perché hanno finito di scontare la loro pena: erano tornati in città per riprendere in mano le redini e occuparsi ancora di estorsioni, traffico di droga. Davanti alla caserma tanti familiari degli indagati. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni, consumate o tentate, aggravate dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale, reati in materia di armi, contro il patrimonio, la persona, esercizio abusivo del gioco d'azzardo, e altro. I particolari dell'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa prevista per le ore 10 presso il Comando Provinciale di Palermo alla presenza del Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e del Procuratore Capo della Repubblica di Palermo. Operazione in cui confluiscono gli esiti di cinque indagini. In una di queste gli investigatori dei carabinieri del comando provinciale hanno scoperto il nuovo sistema con il quale i boss si riunivano per riorganizzare la nuova commissione provinciale, azzerata già una volta con gli arresti di dicembre 2018. I capimafia in carcere e quelli ancora liberi utilizzavano telefonini di ultima generazione con particolari software criptati per i summit fra mandamenti. Applicazioni di comunicazione con sistemi di crittografia avanzatissimi e difficilmente intercettabili. «L'ormai noto sistema dei criptofonini ha reso possibile il dialogo, costante e riservato, non solo con i trafficanti di droga, a beneficio degli affari, ma anche tra i vari mandamenti, a beneficio, stavolta, della stessa essenza organizzativa dell'associazione», è il monito dei pm nel fermo che ha portato in carcere 180 persone per mafia. Basti pensare che grazie all'uso dei telefonini criptati un boss dalla sua cella in carcere decise, organizzò e guidò una spedizione punitiva contro un avversario colpevole di uno sgarro. Si tratta del capomafia del mandamento di Porta Nuova Calogero Lo Presti che dal carcere scelse persino gli uomini che dovevano dare una lezione a Giuseppe Santoro. E per rivendicare il suo ruolo di capo anche da dietro le sbarre volle assistere al pestaggio in videoconferenza. Il tutto mentre era in carcere. Per i magistrati palermitani è l'ennesima dimostrazione di quanto gli istituti di pena in questo momento non garantiscano l'isolamento dei detenuti con l'esterno.
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