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"Mio figlio legato e picchiato'' ma la guardia civil la racconta diversa sulla morte del napoletano DJ Godzi
Ieri 22-07-25, 19:49
Continuano a emergere dettagli e contraddizioni sulla tragica morte del DJ napoletano Michele Noschese, noto come “Godzi”, avvenuta il 19 luglio a Ibiza in seguito a un intervento della Guardia Civil nella sua abitazione a Roca Llisa, complesso residenziale nella zona di Santa Eulalia. Secondo la versione ufficiale fornita dalla Guardia Civil, Noschese si trovava “in stato di alterazione dovuto a sostanze stupefacenti” e sarebbe stato “in preda ad allucinazioni”. Gli agenti sostengono che il DJ avrebbe minacciato un vicino anziano con un coltello, rendendo necessario il loro intervento. Durante il tentativo di contenerlo, Noschese avrebbe avuto convulsioni e, nonostante i tentativi di rianimazione, sarebbe deceduto. Una versione che però la famiglia contesta apertamente. Giuseppe Noschese, padre del DJ e medico in pensione, non nasconde i suoi dubbi. “Conoscendo mio figlio, questa ricostruzione mi sembra fantasiosa. Michele non aveva precedenti, era laureato in Economia, aveva fatto sport per tutta la vita, era una persona di successo, forse questo era il problema”. Il padre smentisce anche l'aggressione al vicino: “Avevano ottimi rapporti. Quando sono arrivato mi ha abbracciato in lacrime. Mi ha detto che gli mancherà Michele. E non ha sporto denuncia, come avrebbe fatto chiunque fosse stato minacciato con un'arma”. Secondo quanto riferito alla famiglia, la polizia avrebbe fatto uscire tutti gli altri presenti nella casa, rimanendo da sola con il DJ. “Ci è stato detto che è stato legato mani e piedi. Sembrerebbe sia stato malmenato in maniera particolarmente energica”, afferma il padre. “Noi non siamo alla ricerca di colpevoli, ma di giustizia. Vogliamo sapere cosa è successo veramente in quei minuti”. L'autopsia è stata eseguita ieri, ma i risultati non sono ancora disponibili. La famiglia, assistita dall'avvocato Paola Filippelli, ha nominato un proprio consulente e sta valutando la possibilità di chiedere ulteriori accertamenti. Nel frattempo, rimane forte la richiesta di trasparenza su quanto accaduto. “Non chiedo vendetta”, conclude Giuseppe Noschese. “Chiedo solo giustizia per la memoria di mio figlio”.
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Il Tempo
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