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Mons. Braschi: in Biblioteca Ambrosiana l'antico fa capire l'oggi
Oggi 11-11-25, 15:31
Milano, 10 nov. (askanews) - "La Biblioteca Ambrosiana venne fondata nel 1609: era un periodo, anche quello, molto turbolento per l'Europa e Federico Borromeo volle un luogo che fin dall'inizio fosse capace di custodire e far conoscere le culture. Quindi non soltanto la cultura italiana, non soltanto la cultura ecclesiastica e volle fin dall'inizio anche un particolare interesse per le culture orientali e per le culture di tutta l'Europa. Da questo punto di vista noi possiamo dire che continuiamo la tradizione di Federico Borromeo perché lui stesso chiedeva che anche nei periodi più turbolenti i dottori mantenessero rapporti con gli studiosi di tutta Europa. Questo perché Federico Borromeo era convinto che i legami personali e culturali fossero capaci di offrire un punto di ripartenza anche nei momenti in cui fossero poi terminate le ostilità. E questo è il motivo per cui noi oggi ci proponiamo ancora come un luogo deputato a far conoscere ma anche come un luogo di dialogo". A parlarci è monsignor Francesco Braschi, viceprefetto della Biblioteca Ambrosiana e il riferimento è chiaramente al momento che stiamo vivendo, che vede una guerra nel cuore dell'Europa e un continente tornato alle logiche chiuse dei due blocchi. Secondo Braschi Federico Borromeo, cugino di San Carlo e anche lui arcivescovo di Milano, voleva che nella sua città il clero e la popolazione tutta fossero aperti alla conoscenza delle diverse culture, e che chi non poteva viaggiare, potesse conoscerle almeno attraverso i libri. Recentemente un convegno alla Biblioteca si è occupato anche dello studio della Slavistica e delle diverse lingue nazionali slave dopo la dissoluzione del mondo dell'ex patto di Varsavia. Un confronto con studiosi che venivano da tutti i paesi slavi dove chiaramente, pur nella diversità, si è potuto guardare insieme una situazione complessa. Nel segno di una tradizionale vocazione della Biblioteca Ambrosiana a mantenere contatti accademici con tutti i soggetti presenti nel nostro continente. "Da parte nostra l'attenzione è a continuare a mantenere quei rapporti che possano un domani essere rifondativi di organizzazioni, di possibilità, di scambio di conoscenze, di progetti culturali che possano favorire e consolidare la convivenza e la pace", dice. Tra i nuovi accademici, impossibile non notare la presenza di una accademica milanese, Giulia Lami, che insegna storia dell'Europa orientale all'Università degli Studi di Milano ed è considerata una valente studiosa in questo campo. "La professoressa Lami - sottolinea - già tante volte ha collaborato con noi. Ha presentato presso di noi, con un grande successo di pubblico, tanto la sua "Storia dell'Ucraina in cento date" quanto il primo volume della sua Storia dell'Europa orientale. Abbiamo voluto cooptarla nella classe di slavistica della nostra Accademia proprio perché in questo momento avere una presenza che ci aiuta ad approfondire le radici storiche, il significato storico anche dell'Europa orientale, ci sembrava assolutamente necessario. E oltre a questo, diciamo, c'è anche un'amicizia personale che da anni mi ha permesso di apprezzare le doti umane e le doti didattiche della professoressa Lami". Tra i tanti volumi capolavoro, un Evangeliario anticoslavo che don Braschi ci ha mostrato nel corso di questa intervista e che era tra i tesori che Federico Borromeo mostrò l'8 dicembre del 1609 quando aprì la Biblioteca. Come mai è così importante? "Questo Evangeliario del XVI secolo che possediamo, manoscritto, proveniente come norma calligrafica da una zona che può essere considerata tra Kiev e Mosca, è testimonianza di attenzione anche per il mondo dell'Europa orientale, per il mondo slavo. Ed è un manufatto particolarmente importante per la sua qualità (ha una copertura in argento dorato con delle pietre preziose, particolarmente significativa come esemplare artistico), ma soprattutto per noi è uno dei testi che sottolineano l'importanza del collegamento con la tradizione del cristianesimo orientale, del cristianesimo ortodosso. Il cristianesimo ortodosso è molto vario, noi abbiamo testimonianze che variano dalle chiese siriache e copte alla chiesa bizantino greca, alle chiese bizantino slave. Questo aspetto per noi è fondamentale perché abbiamo parlato finora dell'aspetto culturale, per così dire, laico, ma c'è anche un aspetto di ricerca delle radici e dell'unità delle varie chiese cristiane che pure da noi in Ambrosiana è sempre stato tenuto nella massima considerazione". Intervista di Cristina Giuliano Montaggio di Linda Verzani Immagini askanews
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