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Nel libro-verità su Gaza Francesca Albanese confessa: "A Reggio Emilia ho sbagliato a rimproverare il sindaco"
Oggi 10-11-25, 09:50
La Verità secondo Francesca Albanese, relatrice speciale Onu sui diritti dei palestinesi, è racchiusa in un libro: "Inside". Dove, ovviamente, la racconta dal suo punto di vista. Gaza, la Flotilla, le sanzioni (con accuse pesantissime) comminate da americani e israeliani che non le perdonano i rapporti pubblicati per le Nazioni unite su quanto va accadendo in Palestina. "Sono la prima funzionaria nella storia dell'Onu ad aver subito un simile trattamento, che condivido con Putin, Khamenei e Maduro. E che mi viene riservato perché ho collaborato con la Corte penale internazionale", spiega. "La verità è che ho denunciato le violazioni dei diritti umani compiute da Israele", afferma in un'intervista al Corriere della Sera. Quei rapporti sulle carceri, sui bambini, sul "genocidio" e soprattutto ("le parole che mi hanno creato più problemi") sui soldi che ci girano intorno: c'è di tutto tra quelle pagine. E a scorrerle bene Albanese ammette pure qualche errore. L'insofferenza verso la senatrice di origini ebraiche Liliana Segre, eppoi le parole al sindaco di Reggio Emilia. "Non lo rifarei, sicuramente. Quando ho rivisto quel mio commento, me lo son detta: no, non è proprio da me", confessa. Un mese fa al sindaco Marco Massari che le consegnava il Primo Tricolore (massima onorificenza cittadina) sottolineando che per il processo di pace serviva pure liberare gli ostaggi israeliani in mano ad Hamas, Francesca Albanese aveva chiosato: "Non giudico il sindaco e lo perdono. Ma non dica più una cosa così”. A valanga arrivarono gli applausi pro-Pal e, allo stesso tempo, lo sdegno del Partito democratico e del mondo politico. Ora pare abbia cambiato idea. Meglio tardi che mai! Nei suoi rapporti, la parola "genocidio" torna 233 volte. Mentre Hamas è definita terrorista solo 16 volte. E quasi sempre fra virgolette. "Parlare di Hamas avrebbe alterato la condotta delle operazioni militari di Israele? Non c'è dubbio che ci sia stato un attacco terroristico violento, da condannare. Però Israele cosa fa da 60 anni, nel territorio palestinese occupato?", insiste Albanese, che poi si lamenta perché la sua vita "è stravolta". "La pressione è molto forte", sottolinea. "Nel 2024, sono cominciate le minacce di morte, lettere in cui dicevano "sappiamo dove vivi", minacce di stupro verso mia figlia: 'Le faremo quel che han fatto alle donne israeliane'. Lì, è partita l'esigenza d'avere protezione dove vivo, in Tunisia". Ora le hanno congelato i beni. "Negli Usa ho chiuso il conto corrente, ma nell'appartamento dov'è nata mia figlia, né io né mio marito possiamo tornarci, nonostante lui lavori per la Banca Mondiale che ha sede a Washington: c'è anche una persecuzione, affinché sia licenziato. E pene pecuniarie fino a un miliardo, e l'arresto fino a vent'anni, per chiunque mi aiuti. Non posso fare pagamenti, nè riceverne. In nessun angolo del mondo". "Non importa che non mi sopportino per il colore dei capelli o per i miei occhiali. Ma la person assassination non può sovrastare i miei contenuti", afferma Albanese, criticata anche per non essere iimparziale: il marito ha fatto il consigliere dell'Autorità palestinese. Lei la gira così: "No, lui ha lavorato sei mesi per l'Onu in Palestina. L'Onu fa questo: se va in Congo, aiuta le autorità congolesi. Qual è il problema? Io stessa ho lavorato a stretto contatto con l'Anp". L'Anp è l'Autorità nazionale palestinese, quella di batte per la creazione di uno Stato indipendente. Che il libro serva a spianarle la strada in politica? Albanese taglia corto: "Se avessi voluto accettare una candidatura, l'avrei già fatto anni fa: non è stato mica un solo partito a chiedermelo".
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