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Operazione verità: anche i giudici stanno con Trump
Oggi 29-06-25, 12:56
A vita. Su proposta del Commander in Chief. Certo con il sigillo del Senato. A maggioranza semplice. Ecco come sono scelti i 677 giudici, sparsi nei 94 distretti federali dei cinquanta Stati americani. Benvenuti nella realtà della separazione dei poteri del sistema statunitense. Oltre narrazione e fiction. L'ha ricordato l'altro giorno Pam Bondi, il ministro della giustizia americano che qui si chiama US Attorney General, come da noi si direbbe Procuratore Generale o pubblica accusa: «Delle quaranta ingiunzioni nazionali o universali contro i provvedimenti del presidente Trump, 35 sono state emesse tutte da giudici degli stessi cinque distretti». Eccoli: giudici federali di California, Maryland, Massachussetts, Washington e District of Columbia, Washington D.C. per intendersi, nominati da Obama e Biden. Si scoperchia così il vaso di pandora della separazione dei poteri nel sistema di common law americano, secondo lo stare decisis. A chiarirlo, la Corte Suprema rivendicando a sé la prerogativa della "no lie zone". Nessuna menzogna su quanto deciso. Perché l'altro giorno non è vero che si è abolito lo ius soli negli Stati Uniti ma si è regolato l'abuso dell'estensione a tutto il territorio federale delle decisioni di un singolo giudice, nominato dalla politica, limitandolo al caso specifico. Come deve essere. E non solo per il caso dello ius soli ma per tutte le controversie. Punto e a capo. Sul merito del provvedimento d'urgenza preso da Trump all'inizio del mandato, poi, che ha escluso l'applicazione dello ius soli agli irregolari che fanno nascere i figli negli States (e solo a loro) se ne riparlerà ad ottobre. Per ora, il punto di diritto è stato regolato e non può lasciare spazio ad altre interpretazioni. O menzogne. Il giudice decide il caso singolo. E via così. Prosegue l'operazione verità del tycoon. Su questo, come sull'altro capitolo, quello dell'invasione di Los Angeles con le proteste contro ICE, la polizia federale addetta al controllo degli immigrati irregolari, o di LAX, l'aeroporto internazionale di LA, blindato dai controlli. «Città tranquillissima e abbiamo impiegato meno di un'ora ad arrivare in albergo dall'uscita dall'aereo» cioè niente, conferma Marcello Marchese, sommelier e broker assicurativo milanese. In barba alle immagini sui social che mostrano attacchi e violenze, sempre le stesse, come se la città degli angeli fosse messa a ferro e fuoco. Persevera dunque sulla sua strada il Donald nazionale, dopo aver incassato il successo internazionale in Medio Oriente. Forte anche, venerdì scorso, della chiusura record della borsa di Wall Street. Fatti non parole. Come invece quelle dei democratici. Che per fare opposizione non potranno usare ormai neanche più le sentenze dei giudici che hanno nominato.
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